Bigger than us, per la dignità di ogni essere vivente
Nel docufilm presentato al Festival di Cannes nel 2021 sette giovani attivisti raccontano le loro battaglie per un mondo migliore. Sarà finalmente nei cinema italiani dal 22 al 26 aprile, in occasione della Giornata Mondiale della Terra
Dal 1970, il 22 aprile di ogni anno si festeggia l’Earth Day, la Giornata della Terra: un giorno per celebrare il nostro Pianeta e promuoverne la salvaguardia. A scuotere la coscienza e gettare una luce in più su ingiustizie sociali, crimini ambientali, sopraffazioni e discriminazioni arriva quest’anno Bigger Than Us – Un mondo insieme, docufilm presentato in selezione ufficiale al Festival di Cannes nel 2021 e candidato ai César l’anno dopo come miglior documentario. Diretto da Flore Vasseur, giornalista e regista che nel 2017 ha dedicato a Edward Snowden un documentario (Meeting Snowden), il lungometraggio, prodotto tra gli altri dall’attrice Marion Cotillard in prima linea da anni al fianco di Greenpeace, ha trovato distribuzione italiana grazie alla I Wonder Pictures, in 5 giorni di proiezioni, dal 22 al 26 aprile.
Bigger Than Us – Un mondo insieme è un lavoro che vale non solo i soldi del biglietto ma anche – e soprattutto – i 95 minuti trascorsi in sala: ha, infatti, il grande merito di offrire un approccio fresco e appassionato a fatti più o meno noti in giro per il mondo.
Dalla mancata scolarizzazione infantile nei campi profughi siriani in Libano allo stupro istituzionalizzato di minorenni in Malawi, dal fracking che avvelena il Colorado all’ecatombe di migranti nel Mediterraneo, dal degrado delle favelas brasiliane alle coltivazioni intensive e i pesticidi che distruggono l’Uganda.
Giovani senza ideologia politica, ma impegnati “dal basso”
Flore Vasseur affida il racconto a Melati Wijsen, attivista indonesiano/olandese di 18 anni che nel 2013, a 12 anni, ha fondato Bye Bye Plastic Bags, movimento che è riuscito a far vietare nell’isola di Bali l’uso di sacchetti di plastica, cannucce e polistirolo a partire dal 2019. È lei a girare da est a ovest per raccogliere la testimonianza delle altre e degli altri attivisti, tutti sotto i 25 anni, uniti dalla volontà di cambiare il mondo. Popolo di una nuova generazione che non si riconosce in un’ideologia politica, come i propri nonni, ma che trova in un’ideale di giustizia sociale e ambientale la ragione delle proprie battaglie, nei social un mezzo e non un fine, nella lingua inglese uno strumento per comunicare, mantenendosi saldamente ancorata alle specificità del proprio territorio e delle proprie tradizioni, in nome di quella responsabilità sociale che unica può riuscire a tenere in equilibrio i processi di globalizzazione e i processi di localizzazione. Secondo Marion Cotillard
«La nuova generazione sta scegliendo la vita e la dignità. E ci stanno mostrando la strada. Questo è il motivo per cui ho deciso di produrre questo film e aiutare Flore a fare luce su Melati e su tutti questi giovani attivisti che vogliono fare la differenza».
In Libano, tra rifugiati e arte visiva
In Libano, dove una persona su quattro è un rifugiato, di cui il 54% sono bambini (fonte UNHCR), Melati incontra Mohamad al Jounde, diciottenne all’epoca delle riprese, fuggito dalla Siria insieme alla sua famiglia. Nel 2014, quando aveva solo 12 anni, ha costruito una scuola in un campo profughi nella valle della Beqāʿ. Mohamad aiuta i bambini e le bambine, molti dei quali hanno affrontato violenza e sfruttamento e continuano a lottare per ricevere cure mediche o istruzione adeguate, incoraggiandole a esprimersi e a elaborare il loro trauma attraverso l’arte visiva. Mohamad è il vincitore dell’International Children’s Peace Prize 2017.
Memory, una storia di sorellanza in Malawi
In Malawi, dove il 42% delle ragazze si sposa prima dei 18 anni (fonte Unicef), Melati incontra Memory Banda, di 22 anni (oggi 24), che combatte la tradizione dello stupro istituzionalizzato di adolescenti in campi di iniziazione appositamente dedicati. La prassi nei villaggi dello stato africano era di far sposare con uomini molto più grandi le bambine di 11-12 anni rimaste incinta. Memory è riuscita a bloccare la pratica a livello nazionale e a ottenere che la Costituzione del Malawi fosse modificata per aumentare la maggiore età dai 15 ai 18 anni, in modo da proteggere le ragazze dai matrimoni forzati. Ora si dedica all’emancipazione delle ragazze, assicurando loro diritti e facendole rimanere a scuola.
«Quello che racconta è un’enorme storia di sorellanza. E una verità: non agirai mai da solo. È una lotta delle donne, aiutate da altre donne, che ad un certo punto convincono gli uomini che le cose devono cambiare. “Parlo con 10 ragazze e su queste 10 ragazze, 8 parleranno con altre 10 ragazze…”, ed è una specie di catena di trasformazione che passa attraverso una persona alla volta», ha spiegato Flore Vasseur.
In Colorado, un adolescente contro il fracking
In Colorado, negli Usa, Melati incontra Xiutezcatl Martinez, di 19 anni (oggi 21), che sin da bambino si batte per la salvaguardia dell’ambiente. Ha portato in tribunale lo Stato del Colorado e poi gli Stati Uniti per la mancata protezione delle generazioni future e ha fatto mettere al bando l’uso di pesticidi nei parchi giochi. Ha ottenuto una moratoria conto il fracking, la tecnica della fratturazione idraulica, ideata per estrarre il gas intrappolato nelle rocce di scisto. Oggi, usa la sua musica per cantare la giustizia ambientale e per difendere la sua eredità: la saggezza dei popoli indigeni.
Salvando migranti in Grecia
In Grecia, Melati incontra Mary Finn, 22 anni (oggi 24) che da quando ha 18 anni partecipa a operazioni di salvataggio dal mare dei migranti al largo della costa della Grecia, della Turchia e della Libia, o per accoglierli nei campi in Grecia. Mary accompagna la giovane attivista a Moria, il campo profughi di Lesbo devastato nel 2020 da un incendio che negli anni è arrivato ad assiepare fino a 20mila persone, contro le 3mila per il quale era previsto. Ora i migranti vengono ammassati a pochi chilometri da Mitilene. Impossibile – per noi come per Melati – trattenere la commozione di fronte alla montagna di giubbotti di salvataggio, molti dei quali non galleggianti, perché imbottiti di materiale per imballaggio che in un istante, impregnandosi d’acqua, si appesantisce, lasciando affogare chi lo indossa):
un’immagine irricevibile del fallimento del cosiddetto mondo civilizzato di fronte a un’emergenza umanitaria che non è in grado di affrontare.
Brasile, giornalismo dalle e per le favelas
In Brasile, Melati incontra Rene Silva, 25 anni (oggi 27), che a soli 11 anni ha dato vita a Voz Das Comunidades, un giornale per condividere informazioni e storie sulla sua favela, a Rio de Janeiro, scritte da e per la comunità: oggi, grazi e a un team di 16 giornalisti, racconta la storia della loro vita quotidiana fatta di povertà, droga, disuguaglianza, razzismo ma anche di resistenza.
Permacultura nella Perla d’Africa
In Uganda, Melati incontra Winnie Tushabe, 25 anni (oggi 27). Nella Perla d’Africa i cambiamenti climatici hanno pesantemente condizionato l’agricoltura, con forte perdita dei raccolti, che resta la fonte primaria di sussistenza e di reddito per la maggioranza della popolazione. Inoltre, il suolo è gravemente danneggiato dai pesticidi. Secondo la FAO, l’84% del suolo in Africa è distrutto o danneggiato dai pesticidi. Winnie ha lanciato Yice, un’iniziativa per insegnare le basi della permacultura (creato da Bill Mollison e da David Holmgren a metà degli anni ’70, il temine indica un sistema integrato ed evolutivo di specie vegetali ed animali perenne o auto-perpetuante, ed utile all’uomo) in modo da poter sopravvivere in terre distrutte dai pesticidi. La sicurezza alimentare e lo sviluppo del baratto e del piccolo commercio consentono loro di garantire l’accesso dei propri figli alla scuola.
Winnie si occupa di quasi 900 famiglie e ha creato più di 50 posti di lavoro per giovani e donne, certa che «le contadine salveranno l’Africa».
Giacarta sommersa da un mare di plastica
Per finire, Melati torna a casa, in Indonesia, dove ha vinto la sua battaglia contro la plastica ma dove esiste la discarica più grande dell’Asia, 80 ettari in cui vivono più di 3000 famiglie, che si guadagnano da vivere vendendo metalli, elettronica e materie plastiche che raccolgono: Bantar Gebang divenuta tristemente nota dalle nostre parti dopo che Leonardo Di Caprio ne ha postato una foto scattata da Adam Dean nel gennaio 2019.
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Metropoli da 10 milioni di persone, Giacarta, a pochi chilometri a nord, rischia di scomparire: si trova già per il 40% sotto il livello del mare, affonda a una media di circa 7,5 centimetri all’anno. Per questo, la capitale sarà spostata in una nuova città che sorgerà nella provincia del Kalimantan orientale, nella parte indonesiana del Borneo. Giacarta affonda a causa dell’innalzamento del mare e si fa in modo di aumentare l’inquinamento nel Kalimantan orientale e di contribuire alla distruzione delle foreste pluviali del Borneo, fra le più antiche del mondo, che ospitano oranghi, orsi malesi e scimmie.
Insomma la plastica, deve constatare Melati, non era che una goccia nell’oceano di un Pianeta alla deriva.
Eppure, la giovane donna, già inserita dal Time nell’elenco annuale degli adolescenti più influenti del mondo insieme a CNN Heroes Young Wonders, non si scoraggia: sta lanciando Youthopia, un nuovo progetto per responsabilizzare i giovani attraverso l’istruzione e fornire loro gli strumenti necessari per cambiare un mondo che è più grande di noi, ma ci riguarda tutte e tutti. Un mondo nuovo che rispetti la dignità di ogni essere vivente tutti i giorni e non solo in occasione dell’Earth Day.
Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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