Anselm Kiefer ci svela che gli angeli caduti siamo noi
Serpenti e carciofi, materia e guerra, boschi di spose e città fantasma, immersioni radioattive nella Storia. L’esposizione dell’artista tedesco è un percorso immersivo nell’inquietudine dell’arte, attraverso i temi a lui cari. A Palazzo Strozzi fino al 21 luglio 2024
«Tutti coloro che cadono hanno le ali» avverte Anselm Kiefer, tra i più autorevoli e osannati artisti contemporanei, a cui Palazzo Strozzi dedica la mostra Angeli caduti, un percorso attraverso temi a lui cari come la memoria, il mito, la storia, la letteratura e la filosofia, a cura di Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi. Fino al 21 luglio, l’edificio fiorentino ospita 25 opere – storiche e di recente produzione – tra cui un lavoro immersivo composto da 60 tele di dimensioni diverse. Concepita dal maestro tedesco in diretto dialogo con gli spazi dello splendido palazzo rinascimentale, l’esposizione permette di esplorare la sua variegata pratica, che si dipana tra pittura, scultura, installazione e fotografia, e materiali diversi.
«Credo che in ogni materiale che utilizzo, come la sabbia, la paglia, il piombo, credo che in ogni oggetto, persino nella pietra, ci sia consapevolezza, c’è lo spirito che l’artista fa uscire», ha spiegato
Guarda il video di Angeli caduti di Anselm Kiefer
Metafisica degli angeli caduti
Il viaggio ha inizio nello scenografico cortile rinascimentale: circondato da colonne, snodo nel quale convergono ingressi e scale, accoglie Engelssturz (Caduta dell’angelo), un’imponenente opera site-specific di oltre 7 metri che non mancherà di affascinare anche chi potrà vederla senza dover vedere il resto della mostra: a ispirare Kiefer San Michele Arcangelo, di Luca Giordano, tela eseguita tra il 1692 e il 1702 e conservata oggi nel Museo di Cadice, il cui soggetto è basato sull’Apocalisse: il bellissimo San Michele, ad ali spiegate e con la spada fiammeggiante, schiaccia Lucifero e gli altri angeli sconfitti, dai volti distorti, urlanti e disperati. «Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli», si legge nel versetto biblico (12: 7-9). In Kiefer, l’arcangelo si staglia sul fondo dorato, che come nei dipinti del Trecento sta a simboleggiare il mondo metafisico, mentre gli angeli caduti sono precipitati nella parte inferiore, dove assumono tridimensionalità.
Serpenti, materia e guerra: nel regno di Lucifero
Nel piano nobile, accoglie i visitatori Luzifer (Lucifero), altro monumentale dipinto in un cui un’ala di aereo in piombo sporge da una massa di materia: Lucifero precipita e con lui gli angeli ribelli, raffigurati da tuniche vuote. Difficile non pensare alla guerra, argomento su cui Kiefer più volte è tornato nella sua pratica artistica, e non far correre la mente a Icaro, il giovinetto che come i titani sfida i limiti imposti e come i titani prima di lui è destinato a fallire. Si prosegue con la sala dedicata a Eliogabolo e al romanzo che Antonin Artaud ha dedicato all’imperatore Marco Aurelio Antonino (Eliogabolo o l’anarchico incoronato) e si incontrano così due dei simboli più ricorrenti nelle opere dell’artista tedesco; il serpente, allegoria di rigenerazione, grazie alla caratteristica dell’animale di mutare la pelle, che allude alla figura dell’artista e alla sua capacità di rinnovarsi, e il girasole, a testimoniare tra l’altro il suo omaggio a Van Gogh.
«Innanzitutto, il girasole è collegato alle stelle, perché muove la testa verso il sole. E di notte è chiuso. Nel momento in cui esplodono sono gialli e fantastici: è già il punto in cui inizia il declino. Quindi i girasoli sono un simbolo della nostra condition d’etre», ha detto lo stesso Kiefer.
Luoghi solitari e città fantasma
Dopo i tre grandi dipinti realizzati per Palazzo Strozzi e dedicati alla filosofia presocratica (La scuola di Atene, Vor Sokrates e Ave Maria) e le tre teche dedicate alla letteratura (En Sof, Das Balder-Lied e Danae), si passa a una stanza sempre consacrata al rapporto tra l’artista e alcune opere letterarie. La vetrina Locus solos (Il luogo solitario) è ispirata all’omonimo testo del 1914, caposaldo della cultura surrealista, in cui l’autore francese Raymond Roussel descrive opere e congegni irrealizzabili, destinati a rimanere solo immaginati, nel locus dell’impossibile.
Il dipinto Cynara fa riferimento alla mitologia e alla ninfa trasformata da Zeus in un carciofo; A phantom city, phaked of philim pholk (Una città fantasma, falsata dalla folla dei film) e archaic zelotypia and the odium teleologicum (zelotipia arcaica e lo odium teleologicum) sono collegati al romanzo di James Joyce Finnegans Wake e cercano di catturarne l’essenza attraverso l’espressione visiva. E se i riferimenti ai campi di sterminio siano solo negli occhi di chi guarda, non è dato da sapere; certo è che i muri di mattoni e gli spazi senza uscita, e senza speranza, paiono rimandare alla Ronda dei carcerati di Van Gogh prima e a La zona di interesse poi.
La distruzione è un mezzo per fare arte
Non lascia indifferenti Verstrahlte Bilder (Dipinti irradiati, 1983-2023), installazione immersiva in cui 60 dipinti riempiono completamente le pareti e il soffitto di una delle più grandi sale di Palazzo Strozzi, creata appositamente per la mostra e dotata di grandi specchi al centro.
Il visitatore può così immergersi nell’arte stratificata e totalizzante di Kiefer e nei suoi cosiddetti “dipinti irradiati”, scarificati e scoloriti da radiazioni. Olio su tela, gommalacca e tessuto sono solo alcuni dei materiali utilizzati per creare un’esplorazione inquietante sui temi della distruzione e del decadimento.
Secondo l’artista, «La distruzione è un mezzo per fare arte. Io metto i miei dipinti all’aperto, li metto in una vasca di elettrolisi. La scorsa settimana ho esposto una serie di dipinti che per anni sono stati sottoposti a una sorta di “radiazione nucleare” all’interno di container. Ora soffrono di malattie da radiazione e sono diventati temporaneamente meravigliosi».
Anselm nel bosco delle spose
Usciti più o meno indenni dall’immersione radioattiva, si arriva ad alcune delle sculture Die Frauen Der Antike (Le donne dell’antichità) che tanta importanza hanno nell’imperdibile documentario che Wim Wenders ha dedicato al suo connazionale. Anselm, in sala con Lucky Red dopo essere passato al Festival di Cannes nel 2023, si apre in un bosco tra le sue spose in abiti bianchi di resina e gesso dalle teste-sculture di metallo, libri di piombo o semplici rami che sussurrano, tra le musiche di Leonard Küßner, e si insinuano simili a respiri, tra le voci dei modelli che hanno ispirato l’artista, come il poeta Paul Celan o il suo maestro Joseph Beuys. A Firenze sono esposte Daphne, la ninfa insidiata da Apollo e da lui trasformata per vendetta in cervo, Nemesis, la dea del castigo, e Ave Maria turris eburnea (Ave Maria, torre d’avorio), dove la testa è costituita da una pila di torri in bilico che ripropongono, in miniatura, quelle note come Sette Palazzi Celesti sposte al Pirelli HangarBicocca di Milano.
Sulle rive della Storia
Una pausa sulle rive del Reno, simbolo della Germania romantica e wagneriana, accanto al quale Kiefer ha passato la sua infanzia (due le xilografie a esso dedicate, Der Rhein e In Del unbekannten Maler) e nel giardino dei filosofi (attraverso l’opera Hortus Philosphorum), dove un girasole cresce dall’ombelico dell’artista, disteso nella posizione dello shavasana yoga, suggerendo la natura ciclica della vita e il percorso iniziatico necessario a comprendere che si è parte di un processo di trasformazione.
Si arriva infine nell’ottava e ultima sala, dove si è sovrastati da 4 stampe fotografiche montate su piombo.
Si tratta delle foto Besetzungen (Occupazioni) scattate nel 1969, quando era ancora studente dell’Accademia di Belle Arti, a Paestum, Sète e Montpellier, località occupate dall’esercito tedesco durante la Seconda Guerra Mondiale: un giovane Kiefer indossa la divisa da ufficiale della Werhmacht appartenuta a suo padre e replica il saluto del Sieg Heil, col braccio alzato, sebbene in maniera meno marziale rispetto all’originale; un gesto che – come da suggestione di chi era con me – ricorda piuttosto l’ala plumbea di Lucifero, a inizio percorso. Per capire meglio la serie Heroische Sinnbilder qui esposta, è di nuovo prezioso il documentario di Wenders, in cui l’artista, intervistato negli anni Settanta, alla domanda se fosse o meno un nazista, si chiede provocatoriamente cosa sarebbe stato negli anni Trenta, quando ancora non era nato e quando tutti in Germania avevano democraticamente portato Adolf Hitler al comando del Paese.
Sarà subito sera
A chiudere, i celebri versi del 1930 di Salvatore Quasimodo, tracciati da Kiefer stesso su una parete della sala: «Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera»
«Mi ricordavo vagamente di quel verso, “Ed è subito sera”, ed è quello che penso anche io: sarà subito sera», si sente dire nell’intervista rilasciata al curatore del Palazzo.
A noi, uscendo e camminando per le eleganti vie della sempre splendida Firenze, sono altri i versi che hanno preso ad accompagnarci, in un facile quanto suggestivo rimando al più celebre dei film di Wenders, Il cielo sopra Berlino, che tanto deve alle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke.
«Ma chi, se gridassi, mi udrebbe delle schiere
degli Angeli? e se anche un Angelo a un tratto
mi stringesse al suo cuore: la sua essenza più forte
mi farebbe morire. Perché il bello non è
che il tremendo al suo inizio, noi lo possiamo reggere ancora,
lo ammiriamo anche tanto, perch’esso, calmo, sdegna
distruggerci. Degli Angeli ciascuno è tremendo».
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Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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