Christo si è fermato a Soho
È morto ieri nella sua casa di New York l’artista Christo. Un nome, che insieme a quello della alla moglie Jeanne-Claude, ha cambiato la storia dell’arte, rendendo il paesaggio parte integrante di opere spettacolari. Ma resta il dubbio sull’impatto ambientale del suo lavoro
Dopo aver girato per tutto il mondo Christo Yavachev si è spento ieri nella sua casa di New York nel quartiere SoHo dove viveva da oltre 10 anni. Un viaggio iniziato nel 1935 nella città bulgara di Gabrovo. Cresciuto con i fratelli in campagna, dove si trasferì ancora bambino allo scoppio della seconda guerra mondiale, Christo ha avuto la possibilità di formare il suo sguardo sulle grandi dimensioni, i paesaggi ampi e gli orizzonti lontani. In un villaggio dove accadeva ben poco il passaggio del treno segnava lo scorrere del tempo e la presenza di un mondo ancora difficile da raggiungere.
Il primo treno
Fu questo un dei suoi primi set per una istallazione di land-art. L’opera era rivolta ai passeggeri del treno, che sfrecciando lungo la campagna avrebbero potuto osservare un paesaggio bucolico e ordinato dove tutti gli attrezzi da lavoro erano nascosti dietro dei teloni. La realizzazione non fu facile e per riuscirci Christo, che non aveva ancora incontrato la sua anima gemella, chiese l’aiuto degli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Sofia. In questa prima istallazione possiamo trovare i tratti essenziali del suo lavoro futuro: l’importanza di un pubblico che non fosse formato dai classici fruitori delle gallerie d’arte, il paesaggio e gli ampi spazi usati come tavolozza, l’indispensabile collaborazione con interi team di artigiani e studenti, il difficile confronto con le istituzioni e gli abitanti dei luoghi in cui interveniva con le sue creazioni, la grande quantità di materiale (purtroppo frequentemente non biodegradabile) utilizzato negli impacchettamenti delle opere e… un treno che lo portasse ovunque.
L’anima gemella
Jeanne-Claude Denat de Guillebon fu a tutti gli effetti, la sua anima gemella. Gemella innanzitutto anagraficamente: nati entrambi il 13 giugno del 1935, ma gemella anche in quanto capace di una sintonia speciale con l’artista. Lui la mente creativa, lei la mente strategica. Lui ideava, lei trovava il modo per realizzare. Si conobbero nel 1958 a Parigi, dove la giovane Jeanne-Claude chiese a Christo un ritratto per la madre. L’artista bulgaro era approdato nella capitale francese dopo essere fuggito dalla Cortina di Ferro nascosto in un camion e viveva realizzando ritratti su commissione. Jean-Claude, nata a Casablanca apparteneva all’alta borghesia e frequentava salotti culturali ricchi di intellettuali e artisti. Fu un incontro passionale che portò al capovolgimento delle loro vite. Jeanne-Claude, scoprirà poco dopo la luna di miele con il marito Philippe, di essere incinta del figlio di Christo.
Una storia sopra le righe, un’unione indispensabile alla realizzazione dei grandi progetti di land art della coppia di artisti, una sinergia tale che li portò a firmare i loro lavori con i loro due nomi affiancati senza cognome.
Una parte di Christo possiamo dire che fosse già morta nel 2009 con la scomparsa di Jeanne-Claude. Da allora l’artista decise di non progettare più nulla e si limitò a portare a termine i lavori già decisi e pensati insieme, rispettando la promessa reciproca che si erano fatti.
Quella passerella sul Lago d’Iseo
Un Christo che cammina sull’acqua. È così che lo ricordiamo in Italia dove nel giugno del 2016 portò a termine un’opera concepita anni prima quando Jeanne-Claude era ancora viva. Quattro chilometri e mezzo di passerella sul Lago di Iseo che collegavano il piccolo comune di Sulzano sulla terraferma all’isola Monte Isola. Un percorso galleggiante realizzato con 220.000 cubi di polietilene ad alta densità e ricoperto da 100.000 metri quadrati di tessuto giallo su cui camminare. Un evento che creò chilometri di code per provare il brivido di avventurarsi sulle acque del lago. Circa 100.000 visitatori al giorno e una indispensabile chiusura notturna per evitare il sovraffollamento.
Impatto a molti zeri
Le cifre di Christo sono sempre state alte, come i tempi che dall’idea portavano alla realizzazione. L’opera “The Gates” fu progettata nel 1979 e realizzata nel 2005: 7500 archi di metallo ricoperti di stoffa giallo zafferano furono disposti lungo Central Park. Una spesa di oltre 21 milioni di dollari, 26 anni per mettere da parte questa cifra, ottenere i permessi e coordinare i lavori, e 15 giorni di vita di un lunghissimo serpente giallo che ondeggiava nel vento del parco di New York. Mastodontiche installazioni pubbliche che coinvolsero sempre luoghi di interesse storico e naturalistico.
Monumenti di arte contemporanea come il Reichstag di Berlino, progettato dall’architetto di Hitler Albert Speer, che richiese 24 anni di trattative burocratiche per finire impacchettato con chilometri di stoffe argentate, opere storiche come le Mura Romane di via Veneto a Roma, anch’esse impacchettate. Ma anche scenari naturali come le splendide isole della baia davanti a Miami circondate da polipropilene fucsia con l’installazione Surronded Islands o la famosissima Running Fence con i suoi 40 km e 200mila metri quadrati di stoffa che tagliano in due valli, fiumi e boschi come una pennellata arancione nel paesaggio a nord di San Francisco. Tutte opere di notevole impatto nella storia dell’arte. Istallazioni di grande risonanza e ancora impatto mediatico.
Guarda il video sull’installazione al Palazzo del Reichstag su Tate
Resta aperta una domanda riguardo a un’altra forma di impatto: quello ambientale. Davvero per sottolineare la spettacolarità di un paesaggio naturale abbiamo bisogno di tutta questa plastica?
Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.