Da Dostoevskij ad Assange, l’arte di Jorit come strumento di pace

Nell’occhio di Dostoevskij del murale di Jorit a Napoli, i nomi in cirillico di Donetsk e Lugansk, la bandiera del Donbass e un bambino con una lacrima

Da Dostoevskij ad Assange, l’arte di Jorit come strumento di pace

I soggetti dei murales dello street artist, vere e proprie icone, così come le parole che li accompagnano sui social, pongono temi, riflessioni, dubbi, rivendicazioni su questioni di interesse pubblico. Anche la guerra. Un’arte che cerca un confronto, al di là di semplificazioni e divisioni

Il 5 aprile a Napoli è stato inaugurato un murales con il volto di Dostoevskij. La notizia della realizzazione di quest’opera, per mano del famoso street artist Jorit, sul muro dell’istituto tecnico Augusto Righi nel quartiere Fuorigrotta, è arrivata fino a Mosca. In un momento in cui l’arte e la cultura russa rischiano boicottaggio e censura, l’opera ha suscitato gli apprezzamenti persino di Putin che commentandola ha espresso la speranza che «attraverso una cultura che ci accomuna la verità si farà strada».

Cultura strumento di pace

Il murales è stato realizzato in seguito alla sospensione, poi ritirata, del corso monografico di Paolo Nori sullo scrittore russo, all’Università Bicocca di Milano. La mossa dell’Università milanese aveva giustamente sollevato diverse polemiche: la cultura è uno strumento di crescita, di comprensione dell’altro e di sé stessi, di pace. «In questi giorni bisognerebbe parlare di più di Dostoevskij» aveva subito comunicato in una diretta Instagram il professore. In risposta a questa censura non si è fatto attendere il pennello di Jorit che nel 2019 a Mosca aveva partecipato al festival di arte urbana Urban Morphogenesis, ritraendo il volto di Jurij Gagarin.

 

Il messaggio di Jorit è chiaro: in Italia l’arte, la cultura, la scienza, sono riconosciuti come strumenti di pace e uno scrittore non può essere censurato. Negli Stati Uniti la reazione è stata diversa e la censura subita da Jurij Gagarin è passata sotto silenzio, riportando il ricordo di una Guerra Fredda combattuta anche tra laboratori di astrofisica, e che purtroppo, evidentemente non è ancora disinnescata.

All’inaugurazione del murales il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha sottolineato come anche in questa guerra l’Occidente non abbia «le carte in regola per dare lezione a nessuno» visto che la logica della guerra preventiva già adottata da Bush nel 2013 per invadere l’Iraq sappiamo bene che non porta alla pace. «La voce che arriva da Napoli questa mattina, ha detto agli studenti, è una richiesta di sospensione della guerra immediata e di apertura di una trattativa seria a livello di Nazioni Unite».

 

 

Tutt’ egual song’ ‘e criature

Lo sguardo nei ritratti di Jorit ha sempre un valore importante. Se si guarda con attenzione, anche da terra è possibile notare nell’occhio di Dostoevskij la bandiera del Donbass. Dirà Jorit in un’intervista per Piazza Pulita:

«L’idea è quella di raccontare com’è iniziata questa guerra. Nei territori del Donetsk e Lugansk, a prevalenza russi, in Donbass è stato fatto nel 2014 un referendum che ha visto l’80% della popolazione votare per l’indipendenza dall’Ucraina. Queste repubbliche oggi sono riconosciute solo dalla Russia».

I loro nomi in cirillico accompagnano la bandiera del Donbass nello sguardo di Dostoevskij. Sfumato sui colori del rosso e del blu appare un secondo sguardo: quello di un bambino con una lacrima. Un chiaro riferimento all’uguaglianza tra tutti i bambini siano russi o ucraini, palestinesi o della periferia di Napoli. «Tutt’ egual song’ ‘e criature» (i bambini sono tutti uguali) ripete frequentemente l’artista, sottolineando l’importanza di permettere a tutti le stesse condizioni di partenza.

 

 

Right between the eyes

Pochi giorni prima era stato realizzato, sempre ad opera di Jorit, un murale per la pace a Salerno, sul muro del liceo Sabatini Menna in via Pietro da Acerno. L’opera ritrae un dettaglio di volto anonimo, un occhio in lacrime con il segno delle strisce tribali di Jorit. Sotto l’occhio troviamo la scritta WAR a cui manca la A centrale, mentre sopra troviamo la scritta PEACE anche questa senza A. La lettera è portata da una colomba che togliendola alla parola WAR si sta muovendo verso la parola PEACE ed è colta proprio davanti all’occhio.

Sia questo lavoro che il ritratto di Dostoevskij, fanno parte del progetto “Right between the eyes” portato avanti dalla Fondazione Jorit. Il progetto, finanziato dalla Regione Campania, consiste in una serie di corsi portati da esperti di street art negli istituti della regione. Sono coinvolte 17 scuole tra istituti e licei.

 

 

Tra gli obiettivi di questo lavoro emerge quello di avvicinare gli studenti alla forma artistica del murales, fornendo informazioni storiche e teoriche e offrendo loro la possibilità di incontrare street artists internazionali. Racconta Jorit a riguardo:

«Ho frequentato, a Quarto, la scuola elementare Giovanni Falcone e lì c’era un bellissimo murale di Felice Pignataro, un grandissimo artista campano che ha realizzato tante opere in giro. Guardando quel murale ho iniziato a dipingere anche io. Mi piace l’idea che i giovani, ispirandosi ad opere che vengono fatte oggi possano iniziare a porsi delle domande, a interessarsi all’arte».

Si tratta quindi di sperimentare forme alternative del “fare scuola” permettendo agli studenti di diventare parte attiva di nuovi percorsi espressivi, lasciando un segno visibile sul territorio che possa essere esempio concreto del segno che ogni vita può lasciare.

Human tribe

Su tutti i volti ritratti da Jorit ritroviamo delle cicatrici rosse, segni distintivi che visivamente richiamano l’estetica di alcune popolazioni native americane. In realtà lo spunto è stato preso dai rituali di scarnificazione praticati da tribù della Tanzania e del Kenya dove l’artista è stato ripetutamente a partire dal 2005 e che effettivamente hanno segnato la sua espressione artistica.

 

L’attivista israeliana Ahed Tamini ritratta da Jorit a Betlemme. A seguito della realizzazione di questo murale Jorit è stato arrestato con l’accusa di terrorismo (Foto: Wikimedia Commons)

 

Mentre in Africa i rituali di scarnificazione sono usati per connotare l’appartenenza a una determinata tribù o l’ingresso nell’età adulta, nell’arte di Jorit questi tratti rossi segnano l’appartenenza alla più ampia tribù umana. Li ritroviamo quindi su volti noti come quello di Che Guevara dipinto nella periferia est di Napoli o quello di Salvador Allende dipinto insieme a Momo Gonzales per il progetto Rione dei Sogni. Ma anche su volti legati a storie più territoriali come il San Gennaro operaio dipinto a Forcella che riporta il volto di un amico dell’artista.

Si tratta principalmente di uomini e donne che hanno lottato per la giustizia, per la verità e l’uguaglianza.

Tra i nomi di chi ha fatto la storia come quello di Marthin Luther King o Nelson Mandela, appare anche Luana D’Orazio l’operaia 22enne morta sul lavoro a Prato, a simboleggiare come l’appartenenza alla stessa Human Tribe non sia appannaggio solo di chi raggiunge fama, ma anche di semplici operai, uomini e donne che nel quotidiano lavorano nell’ombra mantenendosi onesti.

Da Julian Assange a Ilaria Cucchi: la verità fa paura al potere

Impensabile chiudere un articolo sulla street art di Jorit e il suo impatto sociale senza citare in questi giorni il ritratto di Julian Assange. Per il giornalista australiano fondatore di Wikileaks Jorit ha creato quattro ritratti ed è andato ad attaccarli a New York in altrettanti luoghi simbolo della città: Queens al Museum-Queens, Time Square a Manhattan, la Scalinata di Joker nel Bronx e sul Brooklyn Brige. Nel post che accompagna il video dell’attacchinaggio sottolinea come la storia di Assange mostri quanto la verità sia rivoluzionaria e il potere abbia il terrore che venga raccontata.

 

 

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La ricerca della verità è un tema importante che torna più volte nel lavoro di Jorit. La ritroviamo sicuramente nel ritratto fatto alla combattiva Ilaria Cucchi, inaugurato a Napoli a nove anni esatti dall’uccisione del fratello Stefano, o in quello di Valerio Verbano ucciso a Roma dai fascisti nel 1980.

Indubbiamente è anche la motivazione che lo ha spinto a dipingere la bandiera del Donbass nello sguardo del grande scrittore russo.

Su quest’opera Jorit ha scritto: «Questa guerra non è iniziata con l’operazione militare russa ma 8 anni fa e già aveva causato 14.000 morti. I bambini del Donbass non hanno la stessa dignità? I morti della Strage di Odessa bruciati vivi, non sono essere umani anche loro? A me sembra che si voglia puntare tutto sull’emotività, annebbiare la ragione, dimenticare come è scoppiata questa guerra, semplificare tutto in buoni e cattivi. Ma io non ci sto, non posso smettere di ragionare e farmi delle domande, penso che se si ignorano le cause di una guerra non si potrà nemmeno capire come arrivare alla pace».

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Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

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