Fuori e dentro la Quadriennale, durante la pandemia. Colloquio con Umberto Croppi
La XVII Quadriennale d’Arte di Roma ha aperto il 30 ottobre, con pochi giorni di ingresso in presenza prima delle nuove chiusure previste dall’ultimo Dpcm. Il presidente Umberto Croppi ci racconta il difficile lavoro svolto durante il lockdown e la soddisfazione per questa importante apertura. Ora il viaggio continua, anche se in remoto fino al 3 dicembre
Di Venere e di Marte non si sposa, non si parte e non si dà principio all’arte… eppure contro ogni scaramanzia la Quadriennale di Roma ha aperto in un venerdì di piena pandemia. Tra giochi di frizione, freno e acceleratore degni del traffico della Capitale, Umberto Croppi, il presidente della XVII Quadriennale di Roma, non ha mai avuto dubbi sull’urgenza di mantenere fede a questo appuntamento con l’arte e la sua storia. Così ha scelto di andare avanti nei lavori di preparazione e di aprire in presenza il 30 ottobre, in strettissima zona Cesarini. Nel frattempo, in ottemperanza al Dpcm del 3 novembre 2020, le visite in presenza sono sospese fino al 3 dicembre. In questo periodo la Quadriennale è “aperta” virtualmente, attraverso il sito e i canali social. Il progetto, insomma, va avanti.
«Mi sono assunto personalmente la responsabilità di andare avanti. Abbiamo rischiato. E questa volontà è stata premiata», spiega il direttore Croppi. «Innanzitutto possiamo dire che nei giorni dell’inaugurazione la Quadriennale di Roma è risultata essere forse l’unica manifestazione d’arte contemporanea di carattere internazionale attiva non solo in Italia, ma al mondo».
La sfida per portare avanti questo importante progetto ha visto momenti di difficoltà durante i mesi di chiusura. Com’è stato preparare la Quadriennale in piena pandemia?
Quando ci sono state le prime avvisaglie di possibili limitazioni e il conseguente lockdown con la sospensione di tutte le attività, ci siamo trovati davanti ad una situazione inattesa con il problema del reperimento delle risorse. Stavamo trattando con sponsor e partner, ma al di là di un finanziamento di base ricevuto dal Mibact, eravamo ancora a metà del budget. Il rischio che il lockdown potesse far saltare le intenzioni degli sponsor era forte. Era molto facile che l’evento intero saltasse. Effettivamente poi oltre ad avere le conferme di sponsor quali Eni e Intesa San Paolo, abbiamo incontrato tutta una serie di altri partner tra cui mi piace ricordare il catalogo editato dall’Enciclopedia Italiana Treccani, e il Ministero degli Affari Esteri che ha lavorato con noi per la realizzazione di strumenti multimediali che a oggi si stanno rivelando indispensabili.
Nonostante le difficoltà l’impianto della mostra guidato dalla curatela di Sarah Cosulich è stato mantenuto e non ci sono state variazione nella rosa degli artisti selezionati con oltre un anno di anticipo…
Siamo riusciti a portare avanti un allestimento piuttosto impegnativo, con un impianto espositivo che rimanda a mostre importanti d’altri tempi. I quattromila metri quadri del Palazzo delle Esposizioni sono stati disegnati in maniera da dare a ogni artista, coppia o collettivo, un ambiente in cui far emergere la propria personalità. Tutto questo siamo riusciti a farlo in una situazione molto difficile, perché gli uffici di Villa Carpegna, in cui è ospitata la Quadriennale di Roma, non garantivano le condizioni per poter lavorare in presenza. Quando si tratta di creare eventi di questa portata i curatori abitualmente lavorano in gruppo per mesi. Abbiamo dovuto fare a meno di tutto questo e buona parte del lavoro è stata svolta da remoto. L’impegno e la qualità professionale sia del nostro staff che dei collaboratori esterni ha dato dei risultati eccezionali.
Ovviamente un momento storico come quello che abbiamo appena vissuto non può lasciare tutto esattamente com’era stato pensato. Una cosa è cambiata: il titolo della mostra. Perché?
Quando la mostra è stata concepita abbiamo immaginato di chiamarla semplicemente La Quadriennale. Poi, in pieno lockdown è venuta l’idea di intitolarla Fuori. È stata una suggestione dettata dalla voglia di uscire dalla situazione in cui ci trovavamo costretti a vivere e a lavorare. Fuori è un concetto che si presta ad essere declinato in modi diversi: fuori dall’inerzia, dagli schemi, dalla conservazione. Così lo abbiamo adottato. Successivamente, ma questo è il segno che il messaggio ha funzionato, su questo termine sono state fatte molte congetture e anche qualche polemica in qualche caso forzata. Ma va bene così. Era nelle nostre aspettative: non è passato sotto silenzio.
Ora la mostra Fuori è “chiusa dentro” il Palazzo delle Esposizioni. Era anche questo un momento previsto, così come erano state previste delle modalità di fruizione della Quadriennale a livello internazionale, attraverso il remoto?
Il nostro timing prevedeva che a pochi giorni dall’apertura della mostra si cominciassero a mettere online alcuni contenuti frutto di un progetto condiviso con il Ministero degli Esteri. Una parte di questo progetto riguarda le visite virtuali alla mostra, un’altra parte è affidata a Luca Scarlini, raffinato intellettuale e performer, a cui abbiamo affidato il compito di approfondire la storia della Quadriennale, trovando negli archivi aspetti interessanti da valorizzare e raccontare. L’archivio della Quadriennale è uno dei più importanti archivi di arte contemporanea del mondo. Novant’anni di storia hanno consentito di accumulare una quantità di materiale composto da documenti, filmati, libri, cataloghi che costituiscono un patrimonio veramente importante. Luca Scarlini avrebbe dovuto essere fisicamente presente in mostra per raccontare questa storia nel modo performativo che lo distingue. Quando abbiamo capito che questo non sarebbe stato possibile, abbiamo deciso di utilizzare queste sue narrazioni per la diffusione online. Quindi nei prossimi giorni, probabilmente a partire dal 13 novembre, cominceranno ad essere disponibili questi materiali.
Nella Quadriennale 2020, a differenza di alcune edizioni passate dove sono stati presentati centinaia di artisti, ha scelto di esporre 43 nomi di cui a conti fatti risultano 19 donne, 17 uomini e 7 tra coppie e collettivi. Come mai?
Nella scelta degli artisti non è stato seguito un manuale che prevedesse quote rosa, o numeri legati a rappresentanze geografiche o generazionali. È stato seguito invece un percorso filologico deciso dai curatori che sono andati a cercare profili e personalità che corrispondessero a questo racconto. Le donne sono risultate essere la maggioranza, ma senza che questo fosse il risultato di una scelta di proporzioni. La scelta fatta dai curatori riguardo alle generazioni si è basata su una divisione in tre gruppi: un primo piccolo gruppo di testimonial importanti, come ad esempio il poliedrico Sylvano Bussotti, a cui è stata dedicata un’intera sala anche con alcuni suoi lavori inediti. Un secondo gruppo formato da artisti che hanno lasciato un segno nella storia dell’arte italiana degli ultimi decenni, ma che sono stati considerati poco dalla critica e in alcuni casi risultano più conosciuti all’estero che in Italia, tra questi ad esempio Giuseppe Chiari, esponente fiorentino della poesia visiva. Questi due gruppi di pionieri indicano il percorso ed entrano in dialogo con il terzo gruppo: quello dei giovani e giovanissimi che costituiscono il vero nucleo della mostra e la cui presenza corrisponde alla mission e alla visione affidata alla Quadriennale ossia indagare sulle tendenze dell’arte contemporanea.
Oltre ad uscire dal museo attraverso il mondo digitale, la XVII Quadriennale d’Arte di Roma ha creato un sorprendente legame con il vicino immobile della Banca d’Italia in via Milano. Qui, in seguito a recenti lavori di restauro, sono state rinvenute diverse decorazioni a tempera di Balla. Che tipo di rapporto c’è tra i due edifici e tra questi due mondi?
Si è capito che si trattava di un posto di cui c’era una conoscenza letteraria ma non si sapeva ancora bene dove si trovasse. Era la Sala da ballo di Balla: il Bal Tic Tac. Abbiamo ottenuto dalla Banca d’Italia, di permettere ai visitatori della Quadriennale di visitare in anteprima assoluta le stanze del Bal Tic Tac restaurate. Artisti del livello di Balla, che sicuramente hanno lasciato un segno importante nella storia dell’arte italiana del Novecento, concepivano l’impegno artistico come un aspetto esistenziale in cui il divertimento era una componente importante. Ora la promozione dell’arte, sia essa classica o meno, cerca di rinnovarsi attraverso il divertimento. Questo sta avvenendo ad esempio alla Galleria degli Uffizi di Firenze che ha scelto di aprire un profilo Tiktok.
Effettivamente artisti come Balla, o come il movimento dei futuristi, dimostrano che non c’è nulla di nuovo nel concepire il momento artistico in modo divertente. I fumetti giustamente introdotti nelle sale degli Uffizi fanno parte della storia dell’arte. I futuristi, ma anche i poeti visivi fiorentini che citavo prima, hanno utilizzato moltissimo quello che i situazionisti chiamavano Détournement, cioè l’espressione attraverso il collage e l’uso d’immagini, in maniera ancora più forte della pop art stessa. Sono forme d’interazione di cui l’arte ha bisogno. Anche in questa Quadriennale troviamo opere con un carattere fortemente spettacolare in grado di trasmettere allegria come i grandi fiori di Petrit Halilaj e Alvaro Urbano posti su una delle due scale, o il Fragolone di Valerio Nicolai al cui interno siede Capitan Fragolone. Queste convivono con opere che hanno carattere più riflessivo e contenuti drammatici o di denuncia. Questi aspetti possono coesistere all’interno delle espressioni artistiche, così come convivono all’interno di ognuno di noi.
Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.