La street poetry di Er Pinto, messaggi (e valori) dai muri di Roma
Storie di territori, o riflessioni più o meno intime sul presente, i versi del poeta Er Pinto sui muri spesso si accompagnano a opere pittoriche che ne potenziano il messaggio. Come nel nuovo murale dedicato a una società sportiva popolare nell’VIII municipio di Roma. Un viaggio alla scoperta della street poetry della capitale
A via Alessandro Severo, nel quadrante meridionale della Capitale, tra viale Marconi e la Cristoforo Colombo, è apparso un nuovo lavoro murale. L’opera si trova sul muro della Polisportiva G. Castello da cui è stata commissionata ed è stata realizzata dal collettivo Point Eyes formato dallo street poet Er Pinto e dallo street artist Yest. L’idea dell’opera è nata da un incontro tra Er Pinto e Simone Morlupo, il direttore della polisportiva, ed è patrocinata dall’VIII Municipio. Abbiamo incontrato Er Pinto che ci ha raccontato la storia della realizzazione di questo lavoro e il messaggio che vuole veicolare.
«La storia della polisportiva G. Castello mi ha subito affascinato perché è uno dei pochi campi autogestiti che nasce da un’occupazione storica negli Anni Sessanta e che porta avanti da oltre cinquant’anni un importantissimo lavoro di inclusione sociale legato allo sport. Con il murales abbiamo voluto sottolineare questa caratteristica e ricordare i valori che il campo può insegnare».
La polisportiva G.Castello
L’Atletica G. Castello nasce nel dicembre del 1967 per ricordare Giovanni Castello, un giovane quattrocentista morto nell’inverno di quell’anno. La volontà che sottende a questa nascita è quella di dar vita a una società sportiva popolare in grado di contribuire alla crescita sociale e culturale dei giovani del territorio educandoli attraverso lo sport ai valori della partecipazione, dell’inclusione e dell’autogestione.
Nascono presto le prime iniziative sportive di carattere sociale quali il Trofeo G. Castello di corsa campestre nel circuito esterno allo Stadio delle Terme, con la finale del 1969 nel carcere minorile di Casal del Marmo, le leve di atletica alle Terme, la corsa campestre della Coppa delle Circoscrizioni e il Trofeo G. Castello di atletica leggera allo Stadio delle Terme, dove al posto delle medaglie le premiazioni sono libri.
La polisportiva assume un ruolo trainante per la nascita di centri sportivi popolari sul territorio della Capitale e diventa un punto di riferimento per migliaia di giovani.
Parallelamente all’impegno per uno sport popolare accessibile a tutti vengono occupati gli impianti sportivi simbolo della capitale quali lo Stadio Olimpico, lo Stadio dei Marmi, le Piscine del Foro Italico e il Palazzo H degli uffici del CONI, insieme ai campi sportivi delle periferie. Un impegno per la democrazia nello sport che dal locale spinge lo sguardo e la consapevolezza verso l’internazionale manifestando per isolare attraverso lo sport i paesi retti da governi razzisti e/o fascisti quali il Sud Africa, l’Argentina, Cile…
Il murale
«Simone Morlupo ci ha chiesto di fare un lavoro sul muro di cinta del campo per dare un messaggio che rispecchiasse i loro valori» ci ha raccontato Er Pinto. «Insieme a Yest, con cui collaboro nel progetto Point Eyes per la parte illustrata, abbiamo deciso di disegnare dei bambini che esultano dopo aver segnato, nel momento più bello dello sport, quando si sente la fratellanza e la gioia di aver raggiunto un obiettivo insieme».
Il disegno è diviso in tre parti, una centrale con due bambini che ne sollevano un terzo che ha appena segnato, e altri due ai lati, un maschio e una femmina per sottolineare una volontà inclusiva anche di genere nel calcio. Tra i bambini è facile riconoscere tratti etnici diversi e lo stesso sorriso, un messaggio chiaro di inclusione che mostra come la gioia di raggiungere un obiettivo comune sia la stessa indipendentemente dalle storie che ogni bambino porta con sé. Il lavoro pittorico dello street artist Yest è accompagnato da una breve poesia in rima baciata di Er Pinto. Il messaggio recita «Quel che il campo mi ha insegnato vale più di chi ha segnato, di ogni coppa o campionato e di ogni risultato».
«Mi ha fatto molto piacere realizzare questo lavoro, ha raccontato Er Pinto, perché avendo giocato a pallone so cosa significa il calcio giovanile, quanto ti insegni, soprattutto a livello sociale. Non si tratta solo di gioco, ma di stare insieme condividendo fatiche e gioie, incoraggiandosi, esultando insieme. Gli allenamenti e le partite sono esperienze che legano tantissimo dal punto di vista umano, alcune amicizie nate sul campo me le porto da una vita!»
Cos’è la street poetry
Er Pinto ha fatto parte del collettivo dei Poeti der Trullo dal 2010 al 2016 scrivendo inizialmente sul web sulle prime pagine social dedicate alla condivisione di testi poetici in romanesco.
«Avevamo creato un profilo Facebook che è poi diventato una pagina e inizialmente lavoravamo solo online. Abbiamo poi iniziato a scrivere sui muri perché nel web ci sentivamo più controllati, un po’ bloccati. In strada sentivamo una libertà espressiva diversa. Poi dalla strada spesso le poesie tornavano nel web perché venivano fotografate e condivise».
I muri diventano quindi supporto di condivisione di testi poetici, ma è importante riconoscere che il lavoro del poeta non cambia a seconda del supporto che utilizza. «Non basta scrivere una rima baciata su un muro per potersi definire street poet, bisogna innanzitutto avere un messaggio chiaro da condividere e la consapevolezza che quando si scrive su un muro chiunque passa riceverà questo messaggio. E’ un po’ come un messaggio in bottiglia, non sappiamo chi lo riceverà, e quindi è importante essere chiari, ma anche sintetici».
Il muro infatti non ha gli spazi della carta o del web e spesso, soprattutto quando si tratta di scrittura illegale, bisogna essere veloci. Il messaggio quindi è importante che sia incisivo e la sua forma stilistica immediata e diretta. «Spesso le persone associano la mia poesia alle sole cose che trovano per strada, perché magari non hanno mai letto i miei libri, non hanno mai approfondito… Invece porto avanti anche una forma poetica più letteraria, con componimenti con una metrica precisa, figure retoriche e quanto concerne la scrittura in poesia». In quest’ottica la scelta della strada appare come una volontà di diffusione capace di andare oltre l’editoria e raggiungere anche persone che generalmente non comprerebbero libri di poesia.
Dall’illegale ai contesti istituzionali
Come sta accadendo per molta street art anche l’arte di Er Pinto si muove tra l’illegale e i contesti istituzionali. Gli ultimi interventi in tal senso sono stati a maggio 2021 insieme a Yest, nella mostra All About Banksy al Chiostro del Bramante, dove è stato creato un progetto di approfondimento, valorizzazione e promozione degli street artist protagonisti della scena artistica contemporanea di Roma. A ottobre è stata la volta del progetto Art Stop Monti un evento finanziato da SIAE, ATAC, Roma Future che ha visto il coinvolgimento di diversi artisti con interventi temporanei nelle stazioni della metropolitana.
«Ho fatto un lavoro alla stazione della metro Cavour. Il tema che ci è stato assegnato era legato al concetto di inclusione e partecipazione. Ho creato un muro di fondo inspirato alla copertina dell’album The Wall dei Pink Floyd. L’idea era quindi quella di rompere i muri che con la pandemia sono diventati sempre più presenti e invalicabili tra le persone». Anche il testo scritto riprendeva nei caratteri lo stile dell’album.
Con la fine dell’anno ha poi partecipato per la quarta volta al progetto GAU sulle campane del vetro.
Il metroromanticismo
Con i Poeti der Trullo Er Pinto ha pubblicato alcune poesie nella raccolta del Metroromantici del 2016, testo che con sorpresa è schizzato al sesto posto tra i libri di poesie più amati dai lettori Feltrinelli a livello nazionale, tra l’Antologia di Spoon River e Alda Merini. Qui è contenuto il manifesto del Metroromaticismo, una visione di intenti che dal Romanticismo Ottocentesco raggiunge la periferia romana del nostro contemporaneo.
Due anni dopo Er Pinto lascia i Poeti der Trullo e pubblica da solo Il Peso delle Cose, una raccolta di poesie indipendente e autoprodotta con circa 50 inediti. Alla fine del 2020 esce Mal di Mare, primo libro della casa editrice Sine Luna, creata dallo street poet durante la quarantena. Entrambe le opere contengono un’appendice fotografica con lavori di street poetry dell’autore sia romani che internazionali.
Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.