L’Inferno per differenziare, street art a Roma nord
Campane del vetro diventate opere arte grazie all’intervento di trenta street artist nell’ambito del Gau, progetto Gallerie di arte urbana. Tema di quest’anno, l’Inferno dantesco
Si è appena conclusa la V edizione del progetto GAU, gallerie di arte urbana, che da cinque anni trasforma le campane per la raccolta del vetro in opere d’arte per la città. Il progetto, che abbiamo raccontato su queste pagine anche nella sua edizione 2020, quest’anno ha visto coinvolti ben trenta nomi della steet art romana.
Trenta nomi per trentaquattro campane che quest’anno l’associazione Città Ideale, ideatrice e curatrice del progetto, ha scelto di dedicare al Sommo Poeta e al suo Inferno.
Eccoli: Moby Dick, Giusy Guerriero, Dez, Marta Quercioli, Zara Kiafar, Tito, Violetta Carpino, Kiddo, DesX, Yest, Er Pinto, Olives, Lola Poleggi, Kenji, BloodPurple, Lady Nina, Orgh, Teddy Killer, Valerio Paolucci, Wuarky, Karma Factory, Muges147, Maudit, Hoek, Alessandra Carloni, Cipstrega, Molecole, Korvo, Alekos Reize, Gojo.
Un inferno di colori
«La maggior parte di noi ha conosciuto Dante proprio attraverso il suo Inferno» ci ha raccontato la curatrice del progetto Alessandra Muschella. «Sin dai tempi della scuola il nostro immaginario su Dante è legato soprattutto a quest’opera». Così ogni artista, in base alla propria inclinazione e alle caratteristiche del suo lavoro ha ricevuto un canto su cui lavorare per un totale di 34 canti, tanti quanti le campane realizzate.
«Credo sia stata una sfida riuscita quella di reinterpretare simboli, luoghi e personaggi dell’Inferno in chiave contemporanea, in modo da attualizzare gli spunti di riflessione. Basta dare un’occhiata alle opere realizzate per capire quanto sia colorato il nostro inferno».
Ad oggi sono oltre 100 le campane del vetro trasformate in arte. Il progetto è a scadenza triennale e di volta in volta si incentra su un quadrante diverso della Capitale. Le prime tre edizioni hanno coinvolto i quartieri di Centocelle e Tor Pignattara nel quadrante sud orientale, le seconde tre saranno nel quadrante nord occidentale, nel XIII Municipio, tra via Gregorio VII protagonista della IV edizione, Cornelia, dove troviamo i lavori del 2021, e Baldo degli Ubaldi dove li aspettiamo per il prossimo anno.
Arte chiama arte
L’impatto cromatico delle campane ha attirato subito l’attenzione dei fotografi che hanno saputo cogliere la stridente spaccatura tra una volontà artistica che si muove dalla strada e partendo dal basso racconta il nostro contemporaneo, e una incapacità delle istituzioni di gestire i rifiuti urbani.
Ne derivano foto spiazzanti, immagini cromaticamente cariche, dove tra montagne di buste di spazzatura indifferenziata emergono, e a volte si confondono quasi sommerse, le campane del vetro dipinte dagli artisti per GAU. Un inferno urbano che diventa superficie e strumento di racconto dell’Inferno letterario per eccellenza: quello dantesco, riletto in chiave contemporanea.
Citiamo qui i lavori fotografici di Francesca Mazzara e di Alberto Marchetti.
La Mazzara si pone, secondo il suo taglio, come elemento narrativo e con un cromatismo che richiama il giallo e il verde dei cassonetti ci mostra un plot indistinto dove arte e degrado urbano si fondono. Lo spettatore si trova per dirla con Calvino a dover «cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
Nel lavoro fotografico di Marchetti, invece, la narrazione interna esplode e lo sguardo di Dante travalica la bidimensionalità spingendosi nell’Urbe dove ai suoi piedi dorme un senzatetto tra buste della spazzatura e materassi abbandonati. Un altro dannato di un inferno che ci circonda e del quale il Poeta sembra pronto ad ascoltare il racconto.
Can you help me to carry the stone?
Lola Poleggi è presente per la seconda volta al progetto GAU e anche quest’anno si lascia ispirare dalla musica. Mentre l’anno scorso con De André aveva affrontato il tema della fioritura dal letame, quest’anno per raccontarci il XIII canto della Divina Commedia si lascia ispirare dai Pink Floyd.
Ci troviamo nel II girone del VII cerchio nella selva dei suicidi dove Dante sceglie di punire i violenti contro sé stessi e quanti non seppero rispettare il dono della vita. Le anime dannate di chi ha rifiutato il proprio corpo sono rinchiuse dentro alberi e cespugli.
«Ho scelto di disegnare dei corpi che fossero al tempo stesso piante ed esseri umani, braccia e mani come rami, e gambe nelle radici. Questo lavoro mi ha portata a riflettere sul tema della sofferenza che muove gesti estremi quali il suicidio, e mi è venuta incontro la canzone Hey You dei Pink Floyd. In particolare la frase “together we stand, divided we fall” (insieme stiamo in piedi, divisi cadiamo) con cui il brano si chiude, dopo aver chiesto ripetutamente “mi senti?”, “mi tocchi?”, “mi aiuti a trascinare il macigno?”. Ho trascritto questa frase sui due lati della campana per lasciare un messaggio ai passanti, un segno che possa essere monito alla solidarietà, un invito a non coltivare divisioni, a sentire lo scricchiolio dei tronchi che stanno cedendo e ad avvicinarci per sostenerli».
La moneta der poeta
Anche quest’anno a GAU possiamo ritrovare la mano di Er Pinto, poeta del Trullo che ha fatto della street poetry il suo medium comunicativo ed è presente nel progetto fin dalla sua prima edizione. Sulla sua campana, ispirata al XI canto dell’Inferno troviamo una poesia in romanesco in cui il poeta di strada si rivolge al Sommo Poeta per raccontagli come, in una sorta di ironico contrappasso, il suo volto oggi si ritrovi sulla moneta da due euro.
Scusami Mae’ te do der tu
Ma dà der voi, quaggiù, non s’usa più.
Ogni vorta che li uso pe’ pagammece er caffè
Penso alla reazione che c’avresti avuto te.
De tanti cerchi brutti dell’Inferno
Sei andato a capita dentro ar peggiore
E te che resterai divino e eterno
Chissà co’ quale sdegno e che stupore
Avrai accettato de rimane’ Poeta
Ner cerchio dei du’ euro de moneta.
«Dante, che considerava gli usurai una delle peggiori specie di peccatori, è rappresentato ai giorni nostri su una moneta, oggetto che simboleggia i soldi e di conseguenza anche l’usura». Ci spiega Er Pinto che giocando sul doppio senso di cerchio dantesco e cerchio geometrico delle monete, riflette con Dante sulla fine che gli è spettata, chiuso nel cerchio dei ‘du euro de moneta’.
«La riflessione è basata sul fatto che effettivamente finire sui soldi sia una sorta di consacrazione. Eppure ironicamente Dante è finito sui due euro, quasi a dire: vali du lire! Con questo colgo l’occasione per fare un appello alle istituzioni, ma anche ai privati: finanziate gli artisti, specialmente quelli indipendenti, affinché possano continuare a fare il proprio lavoro!»
I caratteri del testo, tracciati con pennarello squeezer risultano colati, quasi fosse un’opera realizzata illegalmente. «Ho scelto di lasciarla sporca, punk, per allontanarmi dalla perfezione del digitale e invitare le persone interessate ad avvicinarsi e osservarla con calma, magari anche notando il sole che ho messo come peccato d’artista, errore volontario, nell’Inferno».
Semo perduti
New entry nel progetto GAU è Marta Quercioli alla quale è stato assegnato il IV canto dell’Inferno, il Limbo, lo spazio in cui Dante colloca tutta l’umanità non battezzata. «Per tai difetti, non per altro rio semo perduti» scrive la Quercioli sulla campana situata in via Domenico Tardini.
Le parole del XXXX verso del canto si riferiscono al “difetto” di essere nati in un periodo che ha costretto le anime alla perdizione. E proprio su questo concetto di perdita legata alla sola colpa di essere nati in un determinato momento storico si muove l’interpretazione della giovane street artist.
«Ho pensato di lavorare su questo concetto e ambientarlo nei nostri giorni soffermandomi sulle tematiche ambientaliste. Le nuove generazioni, e le future, saranno costrette a pagare per una colpa che non hanno commesso. Ho pensato quindi di rappresentare tutto ciò che noi rischiamo di perdere semplicemente a causa del momento storico in cui siamo nati». Sulla campana si susseguono le personificazioni della Natura e dei traumi che sta vivendo, dall’inquinamento delle acque, allo scioglimento dei ghiacciai, dalle montagne, alle api. Tra i rischi di perdite la Quercioli ha scelto di rappresentare anche un corpo maschile con in braccio un neonato. E’ il tema della genitorialità, il desiderio di futuro che appartiene istintivamente a ogni specie. «Un desiderio sul quale la mia generazione è costretta ad aprire importanti riflessioni, perché mettere al mondo un figlio oggi non è una scelta che si può fare a cuor leggero».
Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.