Raccontare la guerra ai bambini. A colloquio con Erika Russo di Save the Children

Erika Russo, psicologa e responsabile area psicosociale e case-management di Save the Children Italia

Raccontare la guerra ai bambini. A colloquio con Erika Russo di Save the Children

Per la psicologa e responsabile area psicosociale e case-management di Save the Children Italia, ignorare l’argomento guerra, in questi giorni, può portare smarrimento, paura e confusione. Ecco perché la onlus lancia una serie di suggerimenti per trattare in modo delicato la questione con i più piccoli

«Quello che sta accadendo in Ucraina può essere fonte di preoccupazione sia per i bambini che per gli adulti. Ignorare o evitare l’argomento può portare i più piccoli a sentirsi persi, soli e più impauriti, il che può influire sulla loro salute e il loro benessere». Lo afferma  Erika Russo, psicologa e responsabile area psicosociale e case-management di Save the Children Italia, che in questi giorni ha stilato alcuni strumenti e suggerimenti che genitori e “caregiver” possono utilizzare con i bambini per affrontare la delicata conversazione sulla guerra. E per interpretare le immagini di persone costrette a fuggire, a nascondersi in scantinati e rifugi antiatomici, e di coetanei che sono stati strappati dalle loro famiglie e dagli amici.

 

      Guarda il video di Save The Children Italia

 

Perché è importante raccontare la guerra ai bambini?

È importante perché oggi con l’intensificarsi del conflitto è necessario accogliere le paure, le preoccupazioni, le ansie e i timori che i bambini e i ragazzi sentono, anche in Italia, nelle loro case. I bambini fanno parte della nostra società che mostra immagini di distruzione e  morte. Percepiscono la sofferenza dei loro coetanei ucraini, e quindi è necessario anzitutto ascoltare le loro paure, le  incertezze e i dubbi rispetto a quello che sta succedendo.

I bambini hanno bisogno di adulti capaci di parlare loro in maniera chiara, calma, serena. Adulti capaci di dare risposte. Non bisogna mai mentire ai bambini. Piuttosto dovremmo trovare le parole che possono aiutarli a comprendere cosa sta accadendo. Questo vale soprattutto per i più piccoli.

Per quanto riguarda invece gli adolescenti e i preadolescenti, è importante  coinvolgerli in attività, facendoli esporre le loro idee, le loro impressioni riguardanti la terribile guerra in Ucraina. 

Quali sono le vostre iniziative per sostenere emotivamente i più piccoli durante il conflitto? Sono proprio loro le principali vittime e i principali testimoni…

Le iniziative che Save the Children Italia, Save the Children International, ma anche e soprattutto di Save the Children Ucraina sono diverse. Operiamo in Ucraina dal 2014 fornendo aiuti umanitari, supportando la popolazione a livello psicosociale. Un supporto emotivo e psicologico che comprende anche attività educative con lo scopo di aiutare i bambini ad attraversare le difficoltà in tempo di pace e in tempo di guerra. Il nostro intervento si sta intensificando ed  estendendo nei territori della Romania e della Lituania. Lo psychosocial support è uno dei primi strumenti che stiamo mettendo in campo, a partire dall’Italia, nei nostri spazi.

Il supporto psicologico viene messo a disposizione anche per i genitori, in particolare per le tante mamme che stanno arrivando in Italia. È uno spazio di cura, ascolto, sostegno. Sono tante le emozioni negative che stanno vivendo.

Purtroppo siamo di fronte a una crisi umanitaria che lascia enormi ferite psicologiche. Il rischio è quello di trovare persone con disturbi postraumatici da stress. Una disturbo che si manifesta di più nelle zone di conflitto e durante le grandi emergenze.

 

 

I principali mezzi di comunicazione ci mostrano le immagini di bambini ucraini terrorizzati, disperati, sofferenti. E non sono gli unici…

Molte sono le immagini  di bambini che piangono e che hanno difficoltà a vivere. La paura  di una guerra imminente anche in Italia  sta colpendo anche i più piccoli del nostro territorio, come immaginiamo di tantissimi altri Paesi europei. L’angoscia, il dolore e la sofferenza della guerra possono provocare nei nostri bambini senso di confusione, spaesamento e di impotenza.

Consiglio pertanto di evitare soprattutto per i più piccoli una esposizione massiccia alle notizie di guerra, filtrandole il più possibile.

Occorre uno spazio di accompagnamento e di ascolto per le domande, i dubbi, le preoccupazioni importanti che potrebbero impedire l’addormentamento, provocare pianti improvvisi e l’enuresi notturna. Segnali che hanno a che fare con la paura, e per questo dobbiamo proteggere in questo momento i più piccoli, facendoli esprimere.

 

Bambini soldato in Congo
Non solo emergenza Ucraina: Save the Children è attiva in tutti i territori di guerra del mondo. Nella foto, bambini soldato in Congo (Foto: Save the Children/Facebook)

 

Il rapporto “Fuoco incrociato” di Save The Children ha rivelato che per il 91% dei bambini iscritti a scuola nel mondo, più di 1.5 miliardi in 182 paesi, l’educazione si è fermata parzialmente o totalmente durante la pandemia. Come cambia lo scenario nei territori di guerra?

Per i bambini che avevano subito un blocco dell’educazione, e quindi della didattica a causa della pandemia, i conflitti come quello in Ucraina non consentono di poter esercitare alcuni diritti. Quello all’istruzione è uno di questi. Ma anche il diritto ad incontrarsi con i propri amici e compagni. Di partecipare alle attività extra scolastiche, che sono importanti tanto quanto la didattica e l’istruzione. Per questo ci dobbiamo assolutamente attivare il prima possibile affinché questa guerra termini e si arrivi ad una conclusione pacifica.

Il Covid aveva già minato la stabilità della vita di bambini e ragazzi, e la nuova tragedia umanitaria ha aggravato, se non addirittura  peggiorato la situazione. 

 

Una bambina profuga della guerra ucraina
Erika Russo, psicologa di Save The Children, consiglia di non sottoporre i bambini a dosi massicce di notizie sulla guerra. Tuttavia, a suo parere, è bene non mentire ai più piccoli negando o eludendo quello che i loro coetanei ucraini stanno vivendo (Foto: Save The Children/Facebook)

 

Save the Children è un’organizzazione attiva da oltre cento anni, si batte anche per il disarmo e  promuove l’educazione alla pace. Che segnale arriva dalle mobilitazioni degli ultimi giorni? 

Save the Children è l’organizzazione internazionale più grande a livello mondiale che si occupa  della tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti e che si batte per il disarmo e promuove l’educazione alla pace. E proprio in Italia in queste ultime ore ha pubblicato all’interno della piattaforma www.arcipelagoeducativo.it una serie di contenuti e attività didattiche, per tutti i gradi scolastici, che parlano di pace e di come sconfiggere la guerra.

Ci sono due approfondimenti tematici sul blog di Save the Children, per esempio 10 libri da leggere sul tema della pace e della guerra. 

C’è inoltre  un approfondimento dell’articolo 11 della Costituzione, in risposta al sollecito del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. I giovani  devono essere i protagonisti del processo di pace, attraverso le manifestazioni che si stanno nelle piazze in Italia, ma anche nel resto d’Europa, e con le attività di volontariato nella raccolta di beni di prima necessità. In questo modo i ragazzi non si sentono meri spettatori della catastrofe umanitaria che stiamo vivendo.

 

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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1 thoughts on “Raccontare la guerra ai bambini. A colloquio con Erika Russo di Save the Children

  1. Sono d’accordo con voi, bisogna cercare di proteggere il più possibile i bambini dall’esposizione massiccia alle news sulla guerra. Inoltre credo che non sia necessario sottoporli anche al fenomeno della guerra dopo averli visti sopportare la pandemia da covid-19.
    Poi quando verrà il momento in cui bisogna spiegare che cos’è la guerra, si dovrà parlare con calma filtrando il racconto con cautela ed intelligenza e soprattutto bisogna adeguarlo all’età.
    Per esempio ci sono alcune età in cui a causa dello sviluppo neuro-cognitivo del bambino, il racconto va del tutto censurato: è il caso della prima infanzia, cioè fino agli 8 anni. In seguito si può iniziare a parlarne, ma come dicevo prima, se fanno domande precise, bisogna rispondere con tranquillità e senza entrare nei particolari, restando sul vago e cercando di evitare di far vedere loro scene crude dei tg o dei reportage. Questo perché la guerra potrebbe provocare nei bambini paura e angoscia incontrollata e minare la loro sana crescita evolutiva.

Parliamone ;-)