Un villaggio senza barriere. Per le future generazioni
Le buone pratiche che partono dal basso per una decrescita migliore nella nostra casa comune
Nessuno dei nostri comportamenti è un fatto privato, dal mangiare, al vestire, all’accudire i bambini, al far festa, allo spostarci, all’investire i soldi. Dovremmo immaginare di vivere in una casa comune, in un villaggio, dove tutto è interconnesso, ricordando ad ogni azione il motto di don Lorenzo Milani, I Care, “Io mi preoccupo di…”. Solo così avremo qualche speranza di migliorare la condizione del nostro pianeta, dare un futuro vivibile ed equo alle nuove generazioni, incidere sulle azioni dei nostri governanti.
Nella “Laudato sì…” papa Francesco dice: «La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia». Ma chi vorrebbe vedere la propria casa ridotta ad una pattumiera, sempre più degradata e saccheggiata? Chi vorrebbe la propria casa a fuoco? Eppure lo facciamo con la nostra casa comune, convinti che tutto quel che è al di fuori dell’uscio non ci riguardi.
Stiamo vivendo al massimo del nostro egoismo, come se non ci fossero generazioni a venire, come se non ci fossero altri popoli oltre quello occidentale.
L’Earth Overshoot Day, il giorno nel quale l’umanità consuma interamente le risorse prodotte dal pianeta nell’anno in corso, arriva sempre prima. Un atteggiamento, il nostro, a guardarci dall’esterno, davvero patologico, da consumatori seriali, debitori cronici e compulsivi.
Guarda l’Overshoot Day nel 2019
Chi consuma con questa voracità sono, infatti, soprattutto i paesi ricchi e industrializzati (di cui noi facciamo parte), coloro che producono più gas serra, rifiuti e inquinamento, ma anche coloro che avranno maggiori capacità e tecnologie per resistere al riscaldamento globale.
I paesi poveri vedono il terreno desertificarsi, le foreste bruciate, le guerre per l’acqua e il petrolio intensificarsi e sconvolgere le loro terre, così le migrazioni si rendono sempre più ineluttabili. Entro il 2050 saranno almeno 143 milioni le persone costrette a spostarsi per ragioni legate al cambiamento climatico.
D’altronde si alzano barriere, si chiudono porti e porte. Si ergono fortezze dove poter resistere, piccoli mondi privati, arroccati nei loro privilegi.
C’è chi spera nella tecnologia, ma questa non ci aiuterà, da sola, a ridurre il nostro impatto ambientale. Le uniche soluzioni valide sono quelle proposte dai movimenti ecologisti di tutto il mondo, soluzioni che questa rubrica vorrebbe riproporre in forma semplice, e quotidiana a tutti: perché il cambiamento parte anche dal basso, se la gente lo vuole, lo chiede, lo pratica. L’ecologia domestica, la bioedilizia, l’urbanistica sostenibile, la mobilità sostenibile con riduzione di auto procapite, l’economia circolare, con il riuso di tutti gli oggetti possibili e il riciclo di quelli non riusabili, la sobrietà, l’agroecologia.
Mi contestación al artículo de John Gray de la semana pasada, hoy publicado en El Diario.
Un artículo que califica de ingenuo al ecologismo y luego peca todavía más de ingenuo https://t.co/NTXUBhDZZZ
— Marga Mediavilla (@MediavillaMarga) June 17, 2019
Come dice la giornalista Marga Mediavilla, professoressa di Ingegneria all’Università di Valladolid, in Spagna:
«Un cambiamento climatico di proporzioni catastrofiche porterà al crollo dell’agricoltura, delle risorse ittiche, del turismo, dell’economia. Ci sono molti altri limiti all’espansione capitalistica (picco del petrolio, esaurimento dei minerali, erosione, perdita di foreste e di riserve ittiche). La decrescita non è un’opzione. Quello che possiamo scegliere è se possiamo decrescere meglio o peggio: decrescere tutti allo stesso modo e cercare di proteggere la biosfera, o favorire la disuguaglianza, il fascismo, e la guerra, distruggendo completamente la nostra biosfera» (Internazionale, n. 1317).
Ecco quindi l’invito a mettere da parte l’individualismo, o meglio il “familismo” e pensare di vivere in una sola grande casa, dove non c’è fuori né dentro, privato o pubblico. Impegnarci con ogni azione, ogni giorno, per la nostra casa comune, l’unica che abbiamo, l’unica che daremo ai nostri figli. Il nostro pianeta.
Saperenetwork è...
- Sono nata a Recanati nel 1981, vivo con mio marito e i nostri quattro bambini a Faenza (Ra), dove da alcuni anni sperimentiamo uno stile di vita sostenibile: senz’auto e a rifiuti (quasi) zero. Fin da bambina ho sempre amato scrivere, disegnare e difendere la natura. Lavoro come educatrice, sono laureata in Scienze dell’Educazione e Servizio sociale. Alla nascita del mio primo bimbo, con alcune amiche ho fondato un’associazione di aiuto sull’allattamento e sull’uso dei pannolini lavabili (Gaaf). Sono volontaria in varie associazioni contro gli inceneritori e per la mobilità sostenibile. Faccio progetti di educazione ambientale nelle scuole. Ho pubblicato vari libri: Anita e Nico di Tempo dal Delta del Po alle Foreste Casentinesi e Anita e Nico dalle Foreste Casentinesi alla Vena del Gesso, di Tempo al Libro Editore, Salviamo il Mare di Giaconi Editore, Impatto Zero, Vademecum per famiglie a rifiuti zero di Dissensi edizioni e Occidoria e i Territori Ribelli. Storia Fantasy sulle ingiustizie Nord Sud del mondo di Dissensi edizioni, e l’ultimo “Vivo senza Auto” di MacroEdizioni. Sono blogger di famiglie-rifiutizero e di famigliesenzauto e animo i rispettivi gruppi Facebook. Inoltre collaboro come giornalista con AAMTerranuova e con il mensile Fiab BC.
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