Festa del Teatro Eco Logico, da Stromboli a Roma
Nel decennale dalla sua nascita, approda nella capitale la manifestazione stromboliana in cui la natura è parte integrante delle performance: altera, esalta, disturba, perfeziona l’azione umana. Dal 24 al 28 luglio al Parco delle Valli
La Festa del Teatro Eco Logico di Stromboli, nel decennale dalla sua nascita, esce fuori dall’isola, si espande e mette nuove radici a Roma dove, dal 24 al 28 luglio, sotto il titolo “Arcadia urbana” si svolgeranno vari eventi che ripropongono temi e modalità del Teatro Eco Logico in una forma pensata per lo spazio urbano. A Stromboli, il palcoscenico sono le terrazze, le piazze, i vicoli, le spiagge, i boschetti. A Roma sarà il Parco delle Valli in via Val d’Ala 19 (Metro Conca d’Oro), a usare e valorizzare la relazione fra la città e l’area verde. Clou della rassegna romana, prolungamento dell’happening isolano ideato da Alessandro Fabrizi, sarà la messa in scena di “Aminta” di Torquato Tasso già rappresentata a Stromboli durante l’ultima edizione che si è svolta dal 24 giugno al 3 luglio, per celebrare i 450 anni dalla prima rappresentazione, avvenuta nel luglio del 1573.
L’Aminta e gli altri appuntamenti romani
Il classico del teatro rinascimentale italiano questa volta rivive tra gli alberi del Parco delle Valli, esempio perfetto di isola di verde incastonata nel tessuto urbano e evocatrice di un’idea di “arcadia” cittadina. Lo spettacolo vede in scena Maria Vittoria Argenti, Francesco Buttironi, Alessio Esposito, Alessandro Fabrizi, Giuseppe Lanino, Laura Mazzi, Amedeo Monda e Maurizio Rippa con il gruppo musicale Fabrica Ensemble e andrà in scena il 25, 26 e 28 luglio. Le musiche originali sono di Gianluca Misiti, i costumi di Marina Sciarelli e la regia di Alessandro Fabrizi.
Per approfondire la flora e la fauna evocate da Tasso nel poema, il 26 luglio l’attore e guida naturalistica Giuseppe Lanino sarà protagonista dell’incontro “I boschi di Aminta”.
Il giorno successivo, Lanino proporrà anche il suo monologo sugli allevamenti intensivi “La carne è debole”, mentre il 24 sarà rappresentata l’opera originale “La stanza di Pan”, scritta dall’archeologa e drammaturga Francesca Caprioli dedicata al dio Pan che, rifiutato dalla madre, decide di vivere tra i monti di Arcadia, qui evocato e narrato in una continua manifestazione dell’ambivalenza dei sentimenti umani in bilico fra amore e morte, e il 25 andrà in scena “Muoio come un paese”, spettacolo itinerante di e con l’attrice e regista italo-svedese Gemma Hansson Carbone.
Perché un Teatro Eco Logico
Come nel concept della Festa strombolana, il cuore di ogni azione scenica è da concepirsi in armonia ai site-specific scelti per le rappresentazioni che rispettano ed esaltano le relazioni tra arte e natura, tra essere umano e paesaggio. Mai come in questa epoca noi sapiens stiamo facendo esperienza dell’impossibilità di trascendere dalla natura. Riscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai, sesta estinzione di massa sono alcune delle conseguenze dell’aver creduto che fosse possibile vivere senza tener conto degli equilibri naturali. Nonostante nella maggior parte delle persone predomini l’istinto alla rimozione del problema, il problema resta e si ingrandisce sotto i nostri occhi. Esperienze come quella del Teatro Eco Logico che opera solo in spazi naturali, senza illuminazione e amplificazione elettrica, sono una boccata d’aria perché sono capaci di risvegliare impulsi sopiti e produrre nuove consapevolezze.
Uno sguardo all’edizione stromboliana
“Un miracolo, basta guardarsi intorno: /il mondo onnipresente. / Un miracolo supplementare, come ogni cosa: /l’inimmaginabile è immaginabile.”
Con questi versi di Wislava Szymborska si è invece chiusa l’edizione isolana della Festa che, tra i vari eventi, ha reso omaggio alla poetessa polacca nel centenario della nascita con una lettura, “Preferisco le eccezioni”, di Ewa Glowacka-Fierek e Laura Mazzi accompagnate dalle musiche di Amedeo Monda e del Fabrica Ensemble Quartet. Vive, a volte minacciose come l’energia profusa dallo Stromboli, sono arrivate al pubblico le parole di Wislava Szymborska che, già in “Conversazione con una pietra”, aveva espresso la sua preoccupazione sulle difficoltà dell’uomo di entrare in empatia con la natura, perché privo del “senso del partecipare”.
“Ti manca il senso del partecipare. /Nessun senso ti sostituirà quello del partecipare./ Anche una vista affilata fino all’onniveggenza /a nulla ti servirà senza il senso del partecipare./Non entrerai, non hai che un senso di quel senso,/appena un germe, solo una parvenza”.
Uno degli appuntamenti più preziosi della Festa stromboliana, che purtroppo non sarà replicato a Roma ma che ci sembra importante ricordare, è stato il monologo di Ulderico Pesce “Il sindaco contadino” dedicato al poeta lucano Rocco Scotellaro, anch’egli nel centenario dalla nascita, che ha echeggiato il senso di preoccupazione per il futuro e il lamento per il declino della civiltà rurale e per il perduto contatto con il mondo agricolo. Ed è arrivato chiaro al pubblico un immenso bisogno di onorare l’eredità del poeta socialista ancora così attuale e preziosa. Con la sua capacità di amministrare e con i suoi versi schietti, Scotellaro ha dato dignità ai contadini del Sud e alla cultura contadina.
«Nei suoi testi Scotellaro scrive come parla. Appunta l’oralità perché vuole restituire la parlata orale del popolo al mondo. Vuole conservare la voce dei contadini»
ha spiegato Pesce che, nel monologo, celebra la breve vita di questo grande uomo che ha lottato con i braccianti agricoli del materano per conquistare la terra da coltivare. Sindaco della sua città, Tricarico, vi ha fondato un ospedale (terzo in tutta la Basilicata) e ha lavorato al fianco di Carlo Levi e Manlio Rossi Doria per riformare il mondo rurale del meridione, ma i suoi sogni si sono spenti a trent’anni, quando è morto per infarto.
Lo spettacolo si chiude con lo straziante monologo tratto da un testo scritto dalla madre di Scotellaro, Francesca Armento, su invito del figlio stesso e pubblicato nel 1954 in “Contadini del Sud”, opera che contiene la voce di contadini, pastori, anarchici, ex soldati e quattro testi di Francesca Armento. Parole che acquistano ancora più valore oggi, visto che nell’ultima pubblicazione che raccoglie l’opera di Rocco Scotellaro, l’Oscar Mondadori del 2019, di questi quattro testi, ne viene riportato solo uno, denuncia Pesce, tenendo fuori il pianto della madre per la morte prematura del figlio, «un esempio prezioso di narrazione delle piangenti lucane della tradizione religiosa arcaica della Basilicata». Senza i testi di Francesca Armento, si perde l’intento di Scotellaro di portare a noi la voce del popolo e quell’armonia tra uomo e natura insita nella civiltà contadina.
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Saperenetwork è...
- Giornalista, scrittrice, autrice radio-televisiva. Si occupa di transculturalità, donne e diritti umani nell’area arabo-mediterranea, ambiente. Tra i suoi libri recenti: “Sul corno del rinoceronte” (L’asino d’oro, 2014 - Premio Costa d’Amalfi Libri 2014; Premio per la narrativa Maria Teresa Di Lascia 2015), “Il canto libero delle stelle mediterranee” (Fusibilia, 2019), “Dalil” (Barometz, 2021). È autrice di audio-documentari per RaiRadio3 tra cui “I Circensi”, “Rotta la Galite, l’altra Ponza”, “Il Ponte. Storie degli italiani di Tunisia”, “Chiamatemi Fufi. Storia di una femminista”, “La voce degli alberi” e del podcast “La Lista Rossa” (RaiRadio1). www.francescabellino.it
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