Si fa presto a dire smart. La scuola italiana è pronta alla svolta digitale?
L’emergenza coronavirus impone la sospensione dei servizi educativi. E l’Italia scopre lo smart learning. Linda Guarino, fra le docenti che l’hanno sperimentata per prime, racconta i vantaggi e le difficoltà che nasconde questo metodo
Scuole chiuse, come gli atenei, per almeno dieci giorni. È il provvedimento, per la verità nell’aria da qualche giorno, che il governo ha confermato ieri pomeriggio, nonostante le perplessità del comitato tecnico-scientifico nominato dalla Protezione civile, per fronteggiare l’espansione del coronavirus. E la parola magica che molti evocano per tenere in vita l’anno scolastico, specialmente se l’emergenza dovesse prolungarsi, è lo “smart-learning”: una modalità educativa in remoto che si centra, analogamente al più gettonato smart-working, sull’utilizzo dei supporti digitali. Ma è davvero così facile passare dalla formazione in aula a quella mediata dalle applicazioni? E rappresenta effettivamente, come ha detto la ministra della Pubblica istruzione Luciana Azzolina, un’opportunità per innovare la didattica? Ne abbiamo parlato con Linda Guarino, docente di inglese, animatrice digitale e Ade (Apple Distinguished Educator) a Marettimo e Favignana, nelle isole Egadi, che da tempo sperimenta progetti in cui l’ambiente di apprendimento si espande, tramite la rete, verso comunità educative dislocate altrove, magari in alta montagna o nelle grandi città della terraferma, e che proprio in queste ore sta partecipando con l’Indire alla realizzazione di alcuni webinar sull’argomento rivolti agli insegnanti della “zona rossa”.
Un impegno, il suo, che le è valso nel 2012 il premio “Luisa Minazzi – Ambientalista dell’anno” per aver salvato dalla chiusura, grazie a una sperimentazione di questo genere, l’istituto comprensivo “Antonino Rallo” minacciato dal forte turn-over degli insegnanti e dalla frequente interruzione della didattica a causa delle avverse condizioni meteo-marine.
Professoressa Guarino, piattaforme come Classroom o più semplicemente i gruppi su Whatsapp e il registro elettronico si utilizzano ormai con frequenza nella scuola italiana. Basterà per mettere in condizione docenti e ragazzi di transitare in tempi rapidi, come richiedono anche i decreti del governo che hanno disposto la sospensione dei servizi educativi, verso la scuola digitale?
Il tema dell’apprendimento a distanza non è nuovo e riscuote certamente da tempo l’interesse delle aree marginali, situate nelle piccole isole e in montagna. La possibilità di estenderlo a zone, dove da sempre la formazione assume forme più classiche, apre davvero nuovi scenari, soprattutto in un momento nel quale bisogna far fronte alle difficoltà che derivano dalla sospensione delle attività scolastiche che rischia di pesare su famiglie, studenti e mondo del lavoro. Le scuole si stanno attrezzando, singoli docenti stanno organizzando forme alternative di attività didattiche. E questo è sicuramente uno stimolo, una prima risposta ad un bisogno impellente. Ma il tema dell’apprendimento a distanza merita una più articolata riflessione per comprenderne davvero le potenzialità, le possibilità d’integrarsi con modelli classici e le criticità. Lo smart learning, insomma, non è una semplice trasposizione in ambito digitale di una lezione tradizionale.
Pensa che le difficoltà nell’applicare questa soluzione all’interno della scuola reale siano più di tipo tecnologico o metodologico?
Credo entrambe. Da un lato la diffusione sempre maggiore di dispositivi digitali tra la popolazione non si tramuta nella garanzia che vi sia una reale possibilità di accesso a connessioni veloci, essenziali per le attività che richiedono maggiore banda, come i collegamenti sincroni. Dall’altra, gli ambienti di apprendimento on-line cambiano le coordinate di spazio e tempo nella scuola. Richiedono una competenza specifica da parte degli insegnanti, non solo tecnologica e strumentale ma anche metodologica, una consapevolezza pedagogico-didattica che tenga conto dello specifico ambiente in cui si opera.
Potrebbe spiegarci quali sono le specificità dello smart learning nelle diverse fasce d’età, a quali condizioni si può applicare per esempio nella scuola primaria o nella secondaria di primo grado?
Nella creazione di un ambiente di apprendimento online rivolto a studenti di fasce d’età sempre più giovani, vale a dire primaria o secondaria di primo grado, si deve tener conto di specifiche considerazioni e accorgimenti. I ragazzi sono certamente abituati all’uso della tecnologia ma ciò non significa che l’utilizzo che ne fanno sia congruente ai fini dell’apprendimento. I tempi di attenzione, le modalità comunicative, la possibilità di sostenere la partecipazione individuale attraverso l’attivazione dell’attenzione e dell’interesse, la possibilità di realizzare condivisione e attività di gruppo sono solo alcuni modi per supportare una attività didattica non in presenza.
I ragazzi di oggi sono in larga parte abituati a utilizzare i supporti digitali nel tempo libero, a volte anche in forma compulsiva. Pensa che questo rappresenti una facilitazione rispetto a qualche anno fa nello sviluppo dell’insegnamento a distanza, in quale maniera un’opportunità per scoprire una diversa utilità di questi strumenti?
Quella che si sta presentando in questo momento è certamente una grande occasione per sperimentare utilizzi significativi della tecnologia con i ragazzi nello sviluppo di abilità superiori: nel processo di ricerca di informazioni utili alla discussione o di condivisione ed elaborazione dati ad esempio. Per quello che vedo nella mia esperienza, quando gli studenti realizzano i modi e i mondi che si aprono attraverso un uso consapevole della tecnologia, ne sono assolutamente entusiasti.
Ma come si modifica la relazione educativa fra insegnanti e alunni e fra i ragazzi stessi durante esperienze di questo genere, come si mantiene l’identità del gruppo-classe se gli alunni non esercitano la socialità fisica?
La relazione educativa è, credo, l’aspetto più delicato, che deve essere curato in modo particolare con studenti di giovane età in ambienti digitali. L’aspetto emotivo e relazionale nella motivazione all’apprendimento è molto importante. I ragazzi ne hanno bisogno e questo è più difficile se la didattica a distanza è rivolta a gruppi classe numerosi. È evidente che questo aspetto va curato in modo particolare con la fascia dei pre-adolescenti attraverso una conduzione pedagogica che cura le dimensioni emotive e le dinamiche di gruppo, attraverso la condivisione di esperienze quotidiane, il fare insieme, la valorizzazione di quanto viene fatto a casa e la disponibilità all’ascolto.
C’è il rischio che lo smart learning sia percepito come un surrogato della scuola “vera”?
Potrebbe esserlo, se diventa una sottrazione di elementi chiave che compongono un ambiente di apprendimento di qualità. Mi riferisco in particolare alla scuola dell’obbligo, ovviamente. Lo smart learning funziona solo se aggiunge possibilità di ampliamento dell’offerta formativa.
Per molte famiglie del nord Italia è cominciata la seconda settimana senza scuola in seguito alle misure prese contro il Coronavirus. Pochi disagi per quei genitori che possono fare il telelavoro, un problema invece per chi non sa a chi affidare i figli pic.twitter.com/Bl8RKjsDFY
— Tg3 (@Tg3web) March 2, 2020
In che modo la scuola digitale può essere utile nell’educazione alla sostenibilità?
Lo è nella misura in cui realizza una ottimizzazione e un arricchimento dei servizi per le numerosissime comunità residenti in realtà geografiche a forte diminuzione demografica.
Ma pensa che dall’emergenza coronavirus possa nascere la scuola del futuro?
Le emergenze rappresentano sempre un momento di svolta. Costringono a ripensare, riorganizzare, trasformare il nostro modo di vita. La scuola è un campo delicato abituato a consolidati meccanismi, un grande corpo che fa molta fatica a rinnovarsi. Eppure, ciò che ci sta investendo non può lasciarla indietro, a patto che lo sviluppo di attività pedagogicamente significative accompagni l’utilizzo di strumenti potentissimi, quali quelli digitali. Gli insegnanti non possono “arrendersi” passivamente al nuovo. A loro tocca l’onere di prendere consapevolezza delle potenzialità e dei pericoli che racchiudono questi nuovi strumenti e utilizzarli da professionisti competenti dell’educazione per includere e non isolare, mantenere legami, creare comunità. E per questo credo sia essenziale un’efficace formazione.
Saperenetwork è...
- Marco Fratoddi, giornalista professionista e formatore, è direttore responsabile di Sapereambiente, insegna Scrittura giornalistica al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino con un corso sulla semiotica della notizia ambientale e le applicazioni giornalistiche dei nuovi media dal quale è nato il magazine studentesco Cassinogreen. Partecipa come direttore artistico all'organizzazione del Festival della virtù civica di Casale Monferrato (Al). Ha diretto dal 2005 al 2016 “La Nuova Ecologia”, il mensile di Legambiente, dove si è occupato a lungo di educazione ambientale e associazionismo di bambini, è stato fino al 2021 caporedattore del magazine Agricolturabio.info e fino al 2019 Direttore editoriale dell’Istituto per l’ambiente e l’educazione Scholé futuro-Weec network di Torino. Ha contribuito a fondare la “Federazione italiana media ambientali” di cui è divenuto segretario generale nel 2014. Fa parte di “Stati generali dell’innovazione” dove segue in particolare le tematiche ambientali. Fra le sue pubblicazioni: Salto di medium. Dinamiche della comunicazione urbana nella tarda modernità (in “L’arte dello spettatore”, Franco Angeli, 2008), Bolletta zero (Editori riuniti, 2012), A-Ambiente (in Alfabeto Grillo, Mimesis, 2014).
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