A un mese dalla strage di Cutro, per non dimenticare

Un momento della commemorazione in memoria dei migranti morti a Cutro (Foto: Maria Rosaria Paluccio)

Mentre il mare restituiva la 91esima vittima del naufragio di Steccato di Cutro, la scorsa domenica 27 marzo, ad un mese dalla strage di migranti avvenuta nel Mediterraneo, a Crotone come in altre città d’Italia (Bologna, Milano, Pesaro, Taranto, Lamezia Terme ed altre) la Rete 26 febbraio è scesa ancora una volta in piazza per dire Basta morti in mare e chiedere allo Stato e all’Europa di garantire vie legali e sicure d’accesso ai migranti e soccorsi in mare.

In una domenica baciata dal sole, sul lungomare cittadino 35 piccole paia di scarpe colorate e tanti peluche sono stati il simbolo di una giornata di protesta per ricordare coloro che, alla ricerca di un futuro migliore, hanno trovato la morte, il 26 febbraio scorso, schiantandosi su uno scoglio.

Sul marciapiede sono state posizionate tante paia di scarpe, accompagnate da una sigla di riconoscimento, quanti sono i bambini e le bambine che non diventeranno mai adulti, che non avranno più l’opportunità di ridere, giocare e imparare e per i quali continua a non darsi pace il pescatore Vincenzo Luciano che quella triste mattina, per primo, ha cercato di salvare i naufraghi del caicco Summer Love e, racconta durante il flash mod: «Ancora oggi vado tutte le mattine in spiaggia per cercare».

 

A Bologna, nello stesso momento, a Piazza Roosvelt, gli aderenti alla Rete 26 febbraio hanno invitato i cittadini a compilare l’autodenuncia Sono stato io. Un’iniziativa simbolica, condivisa e realizzata anche a Crotone, in cui i firmatari, in mancanza di un reale colpevole, hanno denunciato la propria colpevolezza per la morte dei migranti naufragati, per il mancato soccorso, per aver negato il loro diritto a vivere in pace. Una raccolta di firme priva di valore legale che servirà a sottolineare quel senso alto dello Stato che vive in ogni persona.

 

Le scarpe messe simbolicamente sul lungomare di Steccato di Cutro
Le scarpe da bambino che, insieme ai peluche, sono stati posti in ricordo delle piccole vittime sul lungomare di Steccato di Cutro (Foto: Maria Rosaria Paluccio)

 

Nella stessa giornata, la spiaggia della strage, Steccato di Cutro, si è trasformata, invece, in un luogo di poesia grazie all’intervento di numerosi artisti che hanno risposto alla ‘chiamata alle arti’ di Giancarlo Cauteruccio, regista, scenografo e autore teatrale di origini calabresi, da poco ritornato alla sua terra dopo 40 anni di attività a Firenze. Gli artisti, provenienti da varie regioni, hanno costruito tra la spiaggia e la piazzetta antistante la loro opera collettiva denominata Arithmos – KR46M0, KR14F9. Arithmos come numero, perché in questa tragedia il numero è simbolo di qualcosa di tragico.

«Abbiamo smarrito il nostro nome – ha sottolineato il regista durante la manifestazione – ma da questa tragedia dobbiamo ripensare l’umano e chi meglio degli artisti può guidarci verso il recupero della nostra qualità?».

Tutte le iniziative sono state organizzate in una tranquilla domenica di marzo mentre il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, addossava la colpa degli sbarchi «al fattore attrattivo di un’opinione pubblica che annovera l’accettazione di questo fenomeno mentre altri Paesi, piccoli e meno piccoli, sono intransigenti in maniera trasversale tra posizioni politiche diverse, senza contrapposizioni». Ovvero ‘evitare un’altra strage’ sì, ma accogliere no.

 

 

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Saperenetwork è...

Maria Rosaria Paluccio
Maria Rosaria Paluccio
Insegnante di scienze naturali al Liceo scientifico Filolao di Crotone. Amo la biologia. Anzi no, la chimica. Ma che dico, scienze della Terra. Insomma mi piace tutto ciò che è scientifico, ma non disdegno l’altra metà della mela e soprattutto mi piace imparare dagli alunni. Giornalista per caso dal 1998, da quando il direttore e fondatore del giornale locale il Crotonese mi chiese di collaborare per la sua creatura. Da allora non ho più lasciato la scrittura e nei ritagli di tempo… scrivo. Di ambiente in primis.

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