Continuiamo a farci del male (30 km l’ora sì o no?)

Grandi polemiche, interventi ad altissimi livelli governativi, tutti di retroguardia, contro le “Città a 30 km/h”. Appena venuta alla luce la decisione di Bologna (peraltro già definita da tempo) di attuare le zone 30, sono uscite subito le polemiche da bar, senza alcun supporto di dati: «E’ utile; No, serve solo a far cassa» e così via. Vorrei allora considerare i diversi aspetti della questione, di cui il tempo di percorrenza delle auto non è, a mio avviso, neanche il più rilevante. Questo non convincerà gli accaniti sostenitori della libertà di fare i comodi propri, ma qualche tranquillo in giro ci sarà pure. Per prima cosa, prima di stracciarci le vesti, ricordiamoci che non stiamo parlando di una riduzione della velocità massima da 100 a 30 km/h ma da 50 a 30 km/h!

Seconda precisazione: quando si parla di velocità di percorrenza di un certo tragitto in città, non si allude alla velocità massima ma a quella media.

Infatti, se si riuscisse ad andare veramente (in media) a 30 km/h, sarebbe un successo, dato che la velocità commerciale delle auto in città è già inferiore. Infatti, secondo il Tom Tom Traffic Index 2022, nelle cinque più grandi città italiane, la velocità media delle auto è inferiore ai 30 km/h: a Milano 17 km/h, a Torino 20 km/h, a Roma 19 km/h, a Napoli 27 km/h e a Palermo 25 km/h (ma anche a Londra non va meglio, 14 km/h, e a Dublino 16 km/h).

 

Dati raccolti nelle “Zone 30” evidenziano un calo del numero degli incidenti e dei feriti negli incidenti

 

Viaggiamo già sotto i 30 km l’ora

Fate una prova: provate con Google Maps a vedere quanto tempo ci vuole per andare, ad esempio, da piazza dei Navigatori a Roma fino a piazzale Flaminio, e fatelo per diversi giorni della settimana e per diverse ore del giorno. Ad esempio, alle 17, per 8,6 km viene fornito un tempo di 24 minuti, quindi una velocità di percorrenza media di 21,5 km/h. Se proviamo a fare lo stesso percorso di notte, mi risulta una velocità di 26 km/h. E comunque teniamo conto che la velocità massima prevista è di 50 km/h. Questi dati vanno presi con cautela, poiché dipendono dalla modalità di misurazione, ma comunque emerge che la velocità media nelle nostre città è inferiore a 30 km/h. E non potrebbe essere diversamente, per i rallentamenti dovuti al traffico, gli stop ai semafori (o vogliamo eliminare anche quelli?), le curve e le strade strette dei centri storici che costringono a rallentare (per non parlare delle auto in doppia fila …).

Caratteristica tipica del traffico urbano, infatti, sono i cosiddetti “stop and go”: improvvise accelerate seguite da altrettanto bruschi rallentamenti, con aumento delle emissioni (quindi inquinamento e consumi) e dell’usura di freni e pneumatici (quindi polveri sottili).

Andare a 30 km l’ora imporrebbe una guida più fluida, riducendo anche l’inquinamento. E infine, non viene considerato l’elemento che allunga di molto, in città, il tempo degli spostamenti in automobile: il tempo dedicato alla ricerca del parcheggio.

Velocità e incidenti

Se la velocità media in città è già inferiore ai 30 km/h, si potrebbe pensare che il limite non serva a molto o sia addirittura inutile. Non è così. Consideriamo il caso degli incidenti stradali, e della loro gravità. Riducendo la velocità, in Danimarca in 3 anni nelle Zone 30 la riduzione di incidenti è stata del 77% e la diminuzione dei feriti dell’88%, a Londra rispettivamente del 40% e del 70% e nell’austriaca Graz, tra le prime città ad applicare questa filosofia, dopo i primi 6 mesi di introduzione dei nuovi limiti gli incidenti gravi si erano ridotti del 24%. E oggi, con l’80% delle vittime in ambito urbano che sono utenti vulnerabili (pedoni, ciclisti e motociclisti), si vedono bene i vantaggi di una riduzione della mortalità. Il Codice della strada all’articolo 1, comma 1, recita:

«La sicurezza delle persone nonché la tutela dell’ambiente, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato».

E al comma 2: «La circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulle strade è regolata dalle norme del presente codice e dai provvedimenti emanati in applicazione di esse, nel rispetto delle normative internazionali e comunitarie in materia. Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano ai principi della sicurezza stradale e della mobilità sostenibile, perseguendo gli obiettivi: di ridurre i costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; di migliorare la fluidità della circolazione; di promuovere l’uso dei velocipedi». La fluidità della circolazione, sottolineata nell’articolo, non implica l’esistenza di una velocità minima da raggiungere!

 

Emissioni nell’UE (dati AEA 1990-2019)

 

Velocità e inquinamento

Andiamo avanti. La Sima (Società Italiana di Medicina Ambientale), riportando i risultati di una ricerca dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (Aea), evidenzia che «una riduzione della velocità media delle auto determina un taglio alle emissioni inquinanti in atmosfera, oltre che un risparmio in termini di consumo di carburanti.

Si riducono non solo le quantità di CO2 rilasciate alle autovetture, ma anche quelle di altri inquinanti quali ossidi di azoto e particolato (PM) dei veicoli diesel».

Future Transport Research, in uno studio del 2023, ha calcolato che una riduzione del limite di velocità da 50 km/h a 30 km/h porterebbe a una diminuzione delle emissioni prodotte dalle auto fino al 37,8% per quanto riguarda la CO2 e fino al 78,8% per il Nox (ossidi di azoto). D’altronde il traffico veicolare privato incide in media per il 23% sull’inquinamento atmosferico delle nostre città, e contribuisce alle emissioni di ossidi di azoto per circa il 50% e alle emissioni di particolato per circa il 13%. Pensando al cambiamento climatico, dovremmo insistere su tutti i provvedimenti che riducono l’uso delle auto, e comunque i consumi, tenuto conto del fatto che il settore dei trasporti in Europa (2019) è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2, il 71,7% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale, e tra queste il traffico delle auto è responsabile del 60,7 % delle emissioni di CO2. È anche vero che far funzionare i motori a basse velocità non è particolarmente efficiente, ma comunque dai dati riportati emerge una riduzione di inquinanti e CO2. E in ogni caso, si può cercare di fare una guida “risparmiosa”.

 

 

Più traffico, meno salute

Elevati livelli di inquinamento atmosferico possono danneggiare la funzione polmonare e favorire l’insorgenza dell’asma, le riacutizzazioni delle broncopatie croniche ostruttive, e aumentare il rischio di tumori polmonari o di eventi acuti cardiovascolari e coronaropatie. Secondo i dati forniti dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, nel 2019 in Europa vi sono state 307.000 morti premature per l’esposizione al particolato PM2.5, 40.400 per quella cronica al biossido di azoto e 16.800 per quella all’ozono.  E che dire della promozione delle nascite, tanto sbandierata, che, immagino, dovrebbe implicare anche un’attenzione alla salute dei bambini? L’esposizione a lungo termine può aumentare le affezioni respiratorie e l’asma, in particolare nei bambini, e può diminuirne la funzione polmonare.

Insomma, vogliamo difendere la vita umana, fin da quando si tratta di feti, ma solo dopo aver assicurato la possibilità di andare veloci in auto…

Meno traffico implica anche la riduzione del rumore i cui livelli, in molte zone della città, superano largamente i valori ammissibili, con conseguenti disturbi di vario tipo. Ad esempio, le raccomandazioni contenute nelle linee guida dell’OMS, fissano il limite in 53 decibel di media nell’arco delle 24 ore. Ma, se consideriamo Roma, la percentuale della popolazione sovraesposta è maggiore del 60 %! Vari lavori scientifici stabiliscono un nesso fra inquinamento acustico e problemi di salute come disturbi del sonno, stress, malattie cardiovascolari e metaboliche, problemi ostetrici, cognitivi, compromissione del benessere e della salute mentale e anche mortalità precoce.

 

traffico e particolato
Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra esposizione acuta a particolato aerodiperso
e sintomi respiratori, alterazioni della funzionalità respiratoria, ricoveri in ospedale e mortalità per
malattie respiratorie

 

Vogliamo insistere sul fatto che andare troppo in auto riduce la possibilità di fare moto, e quindi aumenta l’incidenza dell’obesità, delle malattie cardiovascolari etc.? E, data la rilevanza del problema, forse non è il ministro delle infrastrutture il solo che dovrebbe (?) metterci bocca, ma anche il ministro della Sanità! Purtroppo manca ai nostri governanti, e a molta parte dell’opinione pubblica, una visione “capace di futuro”. Quindi, da un lato vogliamo (illusoriamente!) andare veloci, ma dall’altro non ci curiamo degli incidenti e dei danni causati alla nostra salute… In auto, cardiopatici, asmatici, stressati, obesi ma felici!

Risparmio di denaro e di tempo

In conclusione, da un punto di vista brutalmente economico, ridurre il numero e la gravità degli incidenti, e la morbilità e la mortalità per le varie patologie ha un effetto notevole in termini di costi del sistema sanitario e del sistema paese, che andrebbero messi in conto. Analizziamo anche un altro aspetto, per i fanatici della velocità ad ogni costo: si perde tempo con il limite a 30 km/h? Studi effettuati nelle molte città europee che hanno adottato il limite a 30 km/h hanno dimostrato un (modesto) calo della velocità media. A Bruxelles, ad esempio, è stata riscontrata una diminuzione del 9 % della velocità media dopo l’introduzione del nuovo limite.

In pratica, percorrere 4,5 chilometri nell’orario di punta con un limite a 30 km/h richiede 8 secondi in più rispetto al caso di limite a 50 km/h, mentre in un orario senza traffico il tempo di percorrenza aumenta di circa 2 minuti.

In altre parole, eliminando i picchi di velocità si ottiene effettivamente una riduzione della velocità media, anche se in genere non pronunciata. I guidatori spesso sopravvalutano quanto una maggiore velocità possa farli arrivare prima, mentre in realtà le continue accelerazioni e frenate possono addirittura allungare la durata del viaggio. Ma un paio di minuti di percorrenza in più non sono bilanciati dalla riduzione degli incidenti e dei morti e, più terra terra, dai tempi per cercare parcheggio, che con la nostra smania di usare sempre e comunque l’auto privata, si dilatano notevolmente?

Il valore ideale

Per tutte queste ragioni, il limite di 30 all’ora è ormai considerato dagli urbanisti una sorta di “valore ideale” che consente di ottenere il miglior compromesso. Con una modesta riduzione delle velocità medie e una significativa riduzione dei picchi, si abbassano il numero di incidenti e la loro gravità, i consumi, l’inquinamento e si migliora la vivibilità complessiva delle città. Ma, viziati dalle pubblicità auto in cui si vedono grossi SUV che sfrecciano nel deserto, vogliamo insistere a volere limiti di velocità superiori, che si possono tenere solo per piccolissimi tratti di strada, fino alla prossima frenata o al prossimo semaforo. Che poi, gli automobilisti ci si stanno mettendo d’impegno per peggiorarsi la situazione.

 

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Cogito (?) ergo SUV

 

Ho notato, in una precedente pillola, come l’immatricolazione di SUV stia costantemente superando quella delle berline, con maggior spazio occupato sia sulla strada sia nei parcheggi. Con l’ulteriore risultato (studio belga) che la circolazione di SUV e pickup rende le strade meno sicure per i pedoni, i ciclisti e gli occupanti delle altre auto. Per cui, anche questa discussione mostra tutte le incoerenze di governanti e cittadini: continuiamo a farci del male cercando a tutti i costi “la botte piena e la moglie ubriaca”.

Non abbiamo intenzione di fare i conti con i limiti spaziali, temporali, di risorse che ci troviamo sul pianeta, un atteggiamento tipico del bambino capriccioso.

 

Saperenetwork è...

Tommaso D'Alessio
Tommaso D'Alessio
Ambientalista da sempre, che ha letto, all’epoca, il libro I limiti dello sviluppo, e quindi sta aspettando la catastrofe da 50 anni. Ma nonostante tutto, visto che serve Pensare globalmente Agire localmente, affligge chi gli sta vicino con l’intento di ridurre i consumi, di tutto: cibo, acqua, energia etc. e non cessa di operare per il miglioramento dell’ambiente, soprattutto urbano, nel contesto di Legambiente. È Presidente del Circolo Garbatella di Legambiente che dal 2012 ha in affidamento il Parco Garbatella in Roma, un’area di 40.000 m2, che il Circolo gestisce senza nessun contributo da parte del Comune. Da queste pluriennali esperienze ha avviato la sua strada di ambientalista estremo.

Sapereambiente

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