L’agricoltura intelligente che può salvare l’America Latina

In Messica l'azienda Ejio verde riesce a integrare le conoscenze della comunità Purépecha con le nuove tecnologie (Foto: Idb invest)

In America Latina si stanno ponendo le basi per una agricoltura intelligente capace di arginare l’impatto del cambiamento climatico sui terreni adatti per la coltivazione. A spiegare la transizione, in questa parte del mondo,  verso sistemi agricoli e alimentari più sostenibili è Javier Sulè Ortega sul giornale spagnolo El Pais. Secondo quanto riferito al giornalista da Guillermo Foscarini del team agroalimentare Idb Invest (Interamerican Development Bank), che sta investendo in conoscenza e risorse  nell’agrobusiness, in particolare sostenendo e consigliando progetti  che vanno nella direzione della mitigazione del cambiamento climatico e dell’aumento della capacità di adattamento dell’agricoltura:

«Si stanno compiendo molti progressi nelle pratiche come l’agricoltura senza aratura, agricoltura rigenerativa, agricoltura di precisione e irrigazione, nel miglioramento genetico, nell’uso di input biologici o l’uso di residui agricoli per generare energia».

 

 

Foscarini ha  poi chiarito che il progresso digitale e tecnologico è ancora all’inizio nell’America del Sud e sarà legato  all’espansione della connettività, che presenta ancora dei limiti. Maggiori impatti positivi sull’agricoltura, però, potrebbero arrivare ad esempio dall’utilizzo di droni. Certo, la sola tecnologia non basta.  Come ha spiegato infatti  Javièr Ortega,  in America Latina e nei Caraibi, dove circa 270 milioni di persone dipendono da questo settore, occorre correggere alcuni comportamenti nel sistema di produzione alimentare che stanno causando perdita di biodiversità, la deforestazione, l’aumento delle emissioni di gas serra, lo spreco di cibo o l’uso irrazionale di acqua. Problemi che sono correlati alla fermentazione enterica, dovuta al metano generato dai bovini durante la loro digestione e l’uso di fertilizzanti sintetici. E fortunatamente delle buone pratiche sono già presenti.

L’Associazione Argentina dei Produttori di Semina Diretta (Aapresid) è ad esempio una rete di agricoltori che utilizza una tecnica di coltivazione senza aratri o lavorazioni precedenti, nel rispetto delle colture. In questo modo evita la distruzione di molta microbiologia, l’aumento di combustibili fossili e quindi l’emissione di gas serra.

Favorisce quindi  la semina diretta per mantenere i terreni sani e fertili oltre ad un uso efficiente dell’acqua. Maria Giraudo, presidente di Aapresid, ha detto che proprio la semina diretta si è dimostrata efficace come modello di produzione che respinge temperature estreme, aumenta il sequestro del carbonio nel suolo e raggiunge una elevata produttività. E circa il 92% della terra arabile argentina adotta questo sistema.

 

Un altro caso di innovazione arriva dal Messico occidentale, dove, si legge nell’articolo, l’azienda Ejido verde promuove con pratiche rigenerative e sostenibili la piantumazione di pini al fine di  produrre resine, coinvolgendo comunità rurali, per lo più autoctone. Con la produzione sostenibile di resina si stanno rimboschendo foreste native su terre degradate. Inoltre la resina può essere utilizzata per applicazioni industriali, come adesivi, colle o inchiostri. Solo nel 2019 la Ejido verde ha rimboschito più di 4000 ettari, con una media di 6000 alberi al giorno.  Un’azienda innovativa che è riuscita a integrare la conoscenza tradizionale delle comunità Purépecha, che da millenni estraggono la resina dagli alberi, con le migliori tecnologie. In più promuove l’agricoltura familiare e una filosofia basata sullo sviluppo sociale e la costruzione di comunità: sono 2100 le persone che collaborano. L’utilizzo di tecnologie applicate nell’agricoltura si riscontra anche in Brasile. Qui l’imprenditrice Mariana Vasconcelos nel 2014 ha dato vita a Agrosmart, una piattaforma di agricoltura digitale che fornisce ai produttori dati accurati monitorando le colture con i sensori e immagini satellitari.Ha spiegato Vasconcelos:

«Aiutiamo a capire meglio cosa succede in ogni appezzamento rispondendo con un’agricoltura di precisione a cosa si dovrebbe fare per ottenere una maggiore efficienza, producendo di più ma anche con maggiore sostenibilità. Attraverso i dati possiamo tracciare uno scenario di coltivazione ideale e l’agricoltore può pianificare meglio le sue attività in modo che diventino più adatte e più resilienti ai cambiamenti climatici».

 

Secondo Diego Steverlynck, direttore esecutivo dell’azienda argentina di tecnologia applicata S4, la gestione del rischio climatico dovrebbe essere un fattore chiave per il business agricolo. E la scienza dei dati può essere uno strumento potente per aiutare gli agricoltori. Ma anche se il 39% dei raccolti va perso a livello globale a causa del tempo,  «i produttori continuano a coltivare raccolti quasi come un atto di fede, considerando che l’assicurazione multirischio contro siccità e inondazioni è troppo costosa».

E ha aggiunto: «In Argentina, fino al 2008, c’era un evento climatico catastrofico ogni dieci anni, ora ce n’è uno ogni cinque e producono perdite fino al 70%. Negli Stati Uniti, nessun agricoltore pianterebbe senza richiedere un’assicurazione di protezione dalle intemperie. In paesi come il mio o in Brasile, la generale assenza di sussidi ha portato i produttori a lavorare senza copertura. Il problema è che l’instabilità del clima continuerà ad aumentare».

Per questo motivo la S4 ha creato un indice che riflette accuratamente l’impatto del clima sulle colture da immagini satellitari che aiutano gli agricoltori a proteggere meglio  le produzioni dalle intemperie  e a ottenere un risarcimento per i danni reali se necessario. Le informazioni satellitari consentono di misurare l’evoluzione di un raccolto durante la stagione, configurare sistemi di allerta e trasferire correttamente un rapporto sui rischi ai mercati dei capitali.

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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