Non chiamiamolo più “maltempo”

Un vigile del fuoco mentre salva un cane. Ad oggi sono stati portati a termine dal personale dei Vigili del fuoco 515 interventi di soccorso, di cui 190 nella sola provincia di Bologna (Foto: YouTube)

Non chiamiamolo più “maltempo”

È inammissibile, davanti agli eventi climatici estremi continuare a usare termini che ci deresponsabilizzano. Riprendendo Amitav Ghosh, “la mano invisibile del fato” che conduce alla catastrofe è frutto del nostro sistema economico. Che ci ostiniamo a portare avanti

Nel momento in cui viene scritto questo articolo gli evacuati nella sola Emilia Romagna sono oltre 3000. Si chiamava Simone Farinelli il ragazzo di 20 anni travolto dalla furia dell’acqua mentre era in macchina e non è riuscito a scappare, al contrario del fratello, che si è salvato. Così, mentre persiste la paura nelle zone colpite in Liguria, Piemonte, Toscana, l’aria del mantovano (con la piena del Po), quello che ormai non possiamo più permetterci di chiamare “maltempo” si sposta verso Sud. Dopo la Campania è stata colpita la Calabria, ma a dire il vero in Sicilia già da giorni i campi, brulli e asfittici dopo mesi e mesi di abnorme siccità, sono completamente allagati. Il “maltempo”, si diceva, non è più la giusta definizione. Stragi climatiche forse? Fatto sta che le alluvioni, le devastazioni sono figlie delle nostre attività e, come tutti gli eventi meteorologici a carattere violento, sono aumentate, accelerate, ingigantite, arrivano con tempistiche sempre più strette, con nuove, spaventose cadenze impensabili fino a pochi anni fa.

I ricercatori, gli scienziati, gli specialisti lo dicono, lo prevedono da anni. Inascoltati nella migliore delle ipotesi. Più spesso sbeffeggiati.

Come Antonio Gutérres, forse il più coraggioso segretario Onu che l’organizzazione internazionale abbia mai avuto (arrivato proprio quando l’Onu, come dicono gli esperti di geopolitica, conta poco più di nulla; il suo neo status di “persona non grata” a Netanyahu la dice lunga), che da anni tuona contro l’inettitudine dei governi nei confronti dello stravolgimento climatico.

 

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Il paradigma Emilia Romagna e la mano invisibile del fato

Oggi, su La Stampa, Mario Tozzi parla di Emilia Romagna come paradigma: la regione, tra le più sviluppate dal punto di vista economico, è anche la più interessata da frane e alluvioni. Possiamo ancora raccontarci che sia un caso? In Emilia Romagna “si è costruito come forsennati e lo si è fatto anche nelle aree a pericolosità idraulica”, scrive Tozzi, sottolineando che la parte orientale della regione ha visto progressivamente cancellati quei “lacerti di natura che avevano resistito al furore bonificatorio dei nostri antenati e che, oggi, avrebbero protetto case e persone”.

 

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È chiaro, non si può parlare di abusivismo edilizio, di massacro illegale di terreni (e della vista) come accaduto al Sud, Calabria, Campania e Sicilia in primis. Ma, ci chiediamo, serve a qualcosa che asfaltare, sradicare aree verdi, costruire, deviare i corsi dei fiumi (in Italia sono circa 12000 i km di corsi d’acqua seppelliti da asfalto e cemento, ricorda ancora Tozzi) sia avvenuto a regola d’arte, e di legge?

Se la splendida, florida, ridente e gaudente Emilia Romagna è modello di sviluppo economico e prima (o tra le prime) vittime di alluvioni ed eventi estremi, questo non dovrebbe dirci qualcosa su un modello di sviluppo ormai insostenibile, vetusto, devastante?

Non sarebbe tempo, come gridano, e per questo vengono criminalizzati a colpi di ddl propagandistici, i ragazzi di Ultima Generazione e dei Fridays For Future, di stravolgere il sistema produttivo, prima di esserne travolti, invece che continuare a auto ingannarci raccontandoci che bastano le piccole “buone pratiche” quotidiane a salvare il mondo? Amitav Ghosh in La Grande Cecità scriveva che il denaro, il guadagno a breve termine, lo sfruttamento feroce di risorse naturali sono “la mano invisibile del fato”, quella che nelle tragedie greche guida l’eroe verso inevitabili catastrofi. Quindi, nel frattempo, non chiamiamolo più “maltempo”.

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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