La corsa contro il tempo per salvare la Terra
La febbre del nostro pianeta sta salendo sempre più e l’emergenza climatica diventa anche economica e sanitaria. Che fare? E con quali tempi? Il giornalista Salvatore Giannella conduce ricercatori, divulgatori scientifici, glaciologi, climatologi, fotografi e scrittori a una profonda riflessione sui problemi della nostra casa comune
La Terra sta vivendo la sesta estinzione di massa. E la responsabilità è dell’uomo. Siamo noi la principale causa dei disastri ambientali, dell’innalzamento della temperatura terrestre e più in generale della crisi ecologica. Una crisi che mette in discussione l’attuale modello economico, e ci induce a trovare delle alternative subito: abbiamo infatti poco tempo per salvare la nostra casa comune. A spiegarlo con estrema chiarezza è il libro Terra ultima chiamata (Antiga Edizioni 2020), curato dal maestro del giornalismo ambientale Salvatore Giannella, e che raccoglie gli atti del convegno Mai più l’ambiente preso in giro” organizzato ad Asiago (Vicenza) dall’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti” il 20 e 21 settembre 2019. Oltre alla riflessione del curatore, il volume contiene gli interventi di: Luca Mercalli, Claudio Smiraglia, Richard Samson Odingo, Paola Favero, Giovanni Onore, Gianfranco Bologna, Dante Colli, Antonella Fornari, Davide Fiore, Enrico De Mori. E offre al lettore la diagnosi aggiornata per capire la febbre del pianeta.
Indifferenza insostenibile
Il tema principale che viene affrontato non è una novità assoluta per gli esperti: del legame stretto fra cambiamento climatico e economia se ne parla da molti anni. Luca Mercalli ci ricorda, infatti, che già nella rivista Airone, diretta dallo stesso Giannella dal 1986-1994, si parlava della necessità di avviare, ad esempio, un New Deal italiano.
«Se 30 anni fa avessimo cominciato a gestire in modo diverso lo sviluppo economico non solo d’Italia ma del mondo intero, magari oggi avremmo problemi ma non con questa emergenza da tanti volti critici. Mai abbiamo avuto crisi tutti insieme: clima, ambiente, salute, energia, risorse naturali, cibo, rifiuti, economia…Eppure la minaccia di una possibile, vicina catastrofe non fa paura a nessuno».
Per il noto climatologo la società civile non sembra prendere sul serio l’allarme della scienza sulla crisi climatica. E l’indifferenza, la mancanza di informazione non possono di certo favorire il cambiamento di rotta, e quindi la nascita di un nuovo paradigma economico alternativo a quello che si basa su una crescita senza limiti, e che alimenta lo squilibrio ecologico tramite l’aumento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera e la pressione ambientale. Uno squilibrio che, come ha dimostrato David Quammen, favorisce la comparsa di nuovi virus aggressivi.
Africa, un continente sotto attacco
Gli scienziati ci dicono che la crisi climatica sta mettendo in ginocchio soprattutto le zone più povere del mondo. Salvatore Giannella lo ribadisce con un esempio: «Il ciclone Idaiche ha devastato gran parte del Mozambico, causando danni per circa 2,3 milioni dollari nella città portuale di Beira e nell’entroterra, quasi completamente non assicurati». Gli studi e le ricerche del climatologo africano Richard Samson Odingo lo confermano: «Dei 257 milioni di persone che soffrono la fame in Africa ( un africano su 5), ben 237 milioni vivono nell’Africa subsahariana, mentre gli altri 20 nell’Africa settentrionale. Nel 2017 il 20 per cento della popolazione africana risultava denutrita. Rispetto al 2015, i denutriti sono 34,5 milioni in più. Questo peggioramento è dovuto alla situazione economica globale, al peggioramento delle condizioni ambientali, ai conflitti, alla variabilità climatica e agli eventi estremi». L’Africa è il continente più minacciato dagli effetti dei cambiamenti climatici e sta pagando il prezzo più alto. Eppure il continente contribuisce pochissimo all’inquinamento globale.
«La penuria alimentare ha scatenato migrazioni transfrontaliere nell’Africa subshariana: qui si registrano 2,6 milioni di persone costrette a spostarsi a causa dei disastri naturali e conflitti intraregionali, provocando instabilità politica in vari Stati», chiarisce Odingo.
Danni irreversibili
Ciò che sta avvenendo nel sud del mondo, quindi, non rivela soltanto le contraddizioni del sistema economico dominante, ma anche la necessità di ristabilire l’equilibrio tra uomo e natura. In questo modo si possono scongiurare nuovi danni irreversibili sul pianeta. Nuove ferite insanabili che si aggiungerebbero a quelle presenti: basterebbe pensare all’impatto della “fuga dei ghiacciai” − così definita dal glaciologo Claudio Smiraglia − sulle attività socio-economiche: riduzione del loro contributo alle risorse idriche e energetiche, incremento della pericolosità dell’alta montagna, riduzione della polarizzazione turistica della montagna con una modifica dei suoi valori culturali. Basterebbe ricordare gli incendi in Siberia e in Amazzonia oppure la tempesta Vaia, che il 29 ottobre 2018 ha devastato le foreste del Nord Est, dove, a differenza di quanto spesso è stato detto nei media, non sarà sufficiente rimboscare tutto per far ritornare tutto come prima. Le parole di Paola Favero sul disastro ambientale avvenuto nel Trentino non lasciano dubbi:
«Non sono stati distrutti solo degli insiemi di alberi, ma degli interi ecosistemi, poiché è chiaro a tutti che dove i boschi sono stati abbattuti completamente anche la flora memorabile (dal latino “memos”, bosco), gli insetti, i funghi, gli organismi del terreno, gli uccelli, gli animali sono stati distrutti o sono scappati, e in quel luogo vi saranno ora altri organismi differenti. È quindi impossibile per chiunque ricostruire un intero ecosistema, che richiede molto di più di qualche decina di anni e che non è certo nelle capacità dell’uomo creare o ricostruire».
Guarda il video della tempesta Vaia
Poesia, letteratura e natura
I disastri ambientali confermano che la cura della nostra casa comune è incompatibile con la logica del profitto, che trasforma tutto, anche il bosco, in produzione industriale. Possiamo preservare le bellezze della natura, ma per farlo occorrerebbe sperimentare il desiderio del bene nei confronti della vita che ci circonda. Seguendo la riflessione della biologa, alpinista e scrittrice Antonella Fornari, noi dovremmo sostituire il dio denaro con l’amore per la natura. Dopotutto lo hanno fatto per secoli i poeti.
«Anche la poesia ci dice che non c’è altro modo di definire la Natura: “Atto d’amore” per ciò che ci dona e per ciò che ci donerà se saremo in grado di rispettarla. È bello, dunque, il nostro mondo, bello perché è diverso, perché ogni angolo, ogni momento si esprime e si propone in maniera diversa. In maniera biodiversa».
Non soltanto la scienza ma anche la letteratura può contribuire ad una trasformazione culturale. La pensa così Sergio Firgo, scrittore e presidente del Premio Rigoni Stern, che dice:
«Ho molto presente quanto sostiene da tempo lo scrittore indiano Amativ Ghosh, secondo il quale gli autori contemporanei dovrebbero mettere al centro della loro opera proprio il cambiamento climatico, smascherandone le profonde ragioni culturali, che essi stessi con la loro opera contribuiscono inconsciamente a diffondere, per evitare di essere complici».
La letteratura e la poesia ci coinvolgono emotivamente, e possono essere uno strumento per mobilitare le coscienze verso la difesa delle condizioni ambientali che consentono alla specie umana ancora di sopravvivere.
Una nuova economia
Ci fa notare infatti Gianfranco Bologna, presidente onorario del Comitato scientifico del Wwf Italia e full Member del Club di Roma, che la Terra non è in pericolo. Lo è invece l’umanità e lo stato di civiltà che essa ha creato. «L’umanità, grazie alle straordinarie capacità della sua evoluzione culturale, è andata progressivamente allontanandosi dalla natura, cioè dall’insieme dei sistemi naturali dai quali deriva e proviene, frutto degli straordinari processi evolutivi del fenomeno vita sulla nostra Terra senza i quali può sopravvivere», sostiene Bologna. Abbiamo addirittura pensato di poter fare a meno della natura.
Di fatto però gli esseri umani sono strettamente dipendenti e collegati ai sistemi naturali. Un aspetto che l’attuale economia non prende in considerazione. Se vogliamo salvarci allora dobbiamo riconoscere il valore della natura. Secondo Gianfranco Bologna:
«Il valore del capitale naturale deve influenzare i processi decisionali, politico-economici, e avviare così una nuova impostazione delle nostre economie che, dando valore alla natura, devono inevitabilmente diventare circolari, seguendo la logica dei processi naturali».
I giovani, la memoria, la Terra
Abbiamo bisogno quindi di una rivoluzione culturale ma il tempo a disposizione è poco. Il futuro è nelle mani delle future generazioni. Su di loro sta investendo Giovanni Onore, entomologo che nella foresta Otonga, in Ecuador, ha realizzato un Centro di Educazione Ambientale (CEA) al fine di coinvolgere gli studenti nella diffusione del messaggio ecologico. Ai giovani si rivolge anche Dante Colli, presidente del Gruppo Scrittori di Montagna (Gism), ai quali suggerisce di guardare criticamente a ciò che avviene. E aggiunge:
«È importante il dialogo aperto sulla credibilità dell’ informazione e infine tramandare la memoria per capire chi siamo perché è la Storia che ci unisce e genera comunità».
Saperenetwork è...
- Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
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