Nella fine del bosco è il suo principio
Si può imparare la resilienza osservando la natura. Anzi, imitandola. Cominciando dai boschi, come suggerisce Giorgio Vacchiano, ricercatore dell’Università di Milano e docente di Gestione e pianificazione forestale con il volume “La resilienza del bosco”
Lo ammetto: da escursionista della domenica, anche io guardavo agli alberi caduti nei boschi e lasciati al suolo come a qualcosa di esteticamente sgradevole e indice d’incuria. Niente di più sbagliato. Non pensavo infatti all’importanza che un tronco lasciato lì dove si è abbattuto ha per tutto l’ecosistema del bosco e per la vita brulicante che nasconde. Anche di questo racconta La resilienza del bosco, libro d’esordio di Giorgio Vacchiano, ricercatore dell’Università di Milano e docente di Gestione e pianificazione forestale, che intreccia le vicende personali alla comprensione del sistema complesso che sono boschi e foreste, e del loro rapporto e scambio continuo con l’uomo.
Mirabilia vegetali e animali
Vacchiano, attraverso i suoi ricordi di escursioni per passione o studio (e le due cose, appare evidente dal modo in cui sono raccontate, coincidono), ci accompagna in visita ai “grandi vecchi del pianeta” o ad autentiche mirabilia vegetali per analizzare i cambiamenti, l’azione dell’uomo sulla tutela di boschi e foreste, e per riflettere sugli interventi adatti a garantirne la sopravvivenza e, con essa, quella umana.
Di fondo c’è la consapevolezza che, in un ecosistema, tutti gli elementi sono fra loro intimamente legati e che non si può mettere in pericolo una specie senza influenzare negativamente anche le altre.
Mantenere la biodiversità è infatti un gioco di fragili equilibri che permette a tutti gli individui di giovarne. Vacchiano ci spiega quindi come il ritorno del lupo nei nostri boschi abbia favorito la crescita dei nuovi alberi non più brucati da specie erbivore troppo presenti, come l’orso sia indispensabile, fertilizzando il terreno con i resti dei suoi pasti, per mantenere il bosco nativo dell’arcipelago canadese di Haida Gwaii e come la “serva”, il bosco curato per proteggere i villaggi, difenda gli abitanti dei fondovalle alpini dalle frane e dal dissesto idrogeologico.
Guarda il video sull’arcipelagio canadese di Haida Gwaii
Catastrofi e rinascite
Tra mancati appuntamenti con un puma e incontri ravvicinati con un cucciolo di orso, attraverso una scrittura piacevole e mai complessa, La resilienza del bosco permette anche di capire che quelli che per l’uomo sono eventi catastrofici come i vasti incendi, le tempeste di vento o i cambiamenti climatici ciclici, hanno in realtà permesso alle piante di evolversi, di far emergere gli individui più adatti a resistere e hanno permesso ai paesaggi di cambiare lasciando ora spazio alle praterie e alle loro vite animali, ora allo svilupparsi di nuovi boschi.
Giorgio Vecchiano ci racconta quindi di come la vita rinasca da ogni residuo lasciato da questi eventi “disturbanti” che permettono anche a nuove specie di ricolonizzare i territori offrendo nuove opportunità.
Curare con la tecnologia
Tuttavia, gli eventi disturbanti sempre più ravvicinati e violenti a causa dei cambiamenti climatici non consentono alle piante di rispondere con la stessa velocità e prontezza di prima, compromettendone la sopravvivenza. Ecco allora che Vecchiano ci spiega perché è indispensabile ripensare il nostro rapporto con il bosco.
Prendersene cura significa imparare a gestire gli incendi e la tecnica del fuoco prescritto, eventi controllati che permettono la pulizia del sottobosco ed evitano di lasciare materiale infiammabile che alimenterebbe incendi non programmati e potenzialmente disastrosi.
Guarda gli effetti del fuoco prescritto nell’incendio del Vesuvio 2017
Il rimboschimento significa mettere a dimora intere popolazioni vegetali, specie diverse capaci di supportarsi e di dare cibo, riparo e opportunità di crescita a insetti, funghi, uccelli e mammiferi.
Curare il bosco è anche tagliare gli alberi per fare luce e spazio a nuove piante e riprendere la pratica del bosco ceduo, che può essere anche fonte di combustibile alternativa a quelli fossili.
Dietro l’attività di gestione forestale c’è anche la capacità di sfruttare tutte le nuove conoscenze acquisite dall’uomo, compresi droni, visori ad infrarossi e algoritmi, per rendere il processo rapido ed efficiente.
Resilienti come la Natura
Vecchiano, che proprio dello sviluppo di modelli di simulazione per la gestione forestale sostenibile si occupa, attività grazie alla quale è stato indicato da Nature nel 2018 come una delle “stelle nascenti” della ricerca, con La resilienza del bosco ci offre uno sguardo sulle criticità che ci troviamo ad affrontare, sull’importanza della divulgazione nel farle conoscere. Si può infatti intervenire non forzando la natura ma addirittura imitandola, perché è proprio nei momenti di maggior pericolo che le popolazioni di un ecosistema sembrano allearsi per resistere allo stress e, in questo momento, diventare gli alleati del bosco significa contribuire a salvare noi stessi.
“There are a lot of brilliant young #researchers who can’t find #research work in this country” https://t.co/yusF12qCif #science #funding #highered @Airi_Talk
— Voice of Researchers (@Research_Voice) September 25, 2018
Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
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