Storia ecologica dell’Europa, le sfide che ci aspettano

Secondo Padoa-Schioppa, pressione urbana e cambiamenti climatici hanno contribuito ad alterare il territorio della pianura Padana

Storia ecologica dell’Europa, le sfide che ci aspettano

Nel suo nuovo libro, Emilio Padoa-Schioppa sostiene che la storia naturale del vecchio continente e le trasformazioni avvenute nel rapporto essere umano-ambiente hanno contribuito a traghettare il pianeta nell’Antropocene. Comprendere questa evoluzione può aiutarci nella necessaria transizione verso economie sostenibili

Crisi climatica, decarbonizzazione, transizione energetica. Sono soltanto alcuni esempi delle nuove sfide su scala globale che la nostra epoca, quella che possiamo ormai definire dell’Antropocene, ci impone di affrontare. E la sostenibilità sembra essere la strada che tutta l’umanità dovrebbe percorrere. Ma come possiamo raggiungere questo obiettivo? Per Emilio Padoa-Schioppa, autore del libro Storia ecologica dell’Europa. Un continente nell’Antropocene (Il Mulino, 2023), prima di ragionare intorno alle soluzioni tecnico-scientifiche, dovremmo confrontarci con la storia ecologica, vale a dire con l’analisi del delicato rapporto uomo-ambiente. Secondo il professore di Ecologia del paesaggio nell’Università di Milano-Bicocca e fondatore dell’Unità di ricerca di ecologia del paesaggio, sono proprio le trasformazioni naturali e ambientali avvenute nel nostro continente, sotto la forte azione antropica, che hanno contribuito «a porre le basi per portare il pianeta Terra nell’attuale epoca dell’Antropocene».

Una realtà mutevole

Per questo motivo, con un approccio metodologico in grado di unire riduzionismo e olismo, passando per la logica e l’insiemistica, Padoa-Schioppa spiega al lettore gli effetti che le attività umane hanno avuto su particolari elementi riconducibili alla storia ecologica: montagne, isole, acque, foreste, pianure, piante, animali.

 

Emilio Padoa-Schioppa, professore di Ecologia del paesaggio nell’Università di Milano-Bicocca e fondatore dell’Unità di ricerca di ecologia del paesaggio

 

Lo studioso chiarisce come per comprendere molti fenomeni culturali, ambientali e sociali, nonché le cause dei conflitti attuali in Europa (non solo la guerra in Ucraina, ma anche Galizia, Transnistria, Crimea, Macedonia del Nord, Kosovo, Bosnia), bisogna anzitutto considerare quanto siano labili i confini del Vecchio Continente. Confini geografici, politici, biologici, culturali. Non c’è nulla nel territorio europeo di definitivo, netto, immutabile. Ce lo confermano coloro che provano a descrivere i paesaggi: di fronte hanno qualcosa di dinamico che cambia nel tempo. E tutto quello che ci può sembrare incontaminato e naturale, di fatto «reca una profonda traccia dell’azione dell’uomo».

La crisi ambientale

Sempre dall’uomo dipende l’innesco nel sistema Terra dei cosiddetti punti di svolta che non ci consentono di poter tornare indietro. La pressione urbana e i cambiamenti climatici hanno contribuito, ad esempio, ad alterare il territorio della pianura Padana. Il consumo di suolo continua a creare danni ecologici a lungo termine e senza vantaggi economici. In molti casi si genera un disservizio stimato in un costo di 80.000 euro annui per ettaro cementificato! Gli oceani, con l’aumento delle temperature e l’acidificazione delle acque, stanno perdendo la capacità di assorbire CO2. Le foreste dal 2040 potrebbero rilasciare gas a effetto serra.

E diventa così fondamentale adottare come misure di compensazione o mitigazione non solo la riforestazione, ma una transizione energetica e ecologica.

La presenza di plastiche e microplastiche nelle acque si sta rivelando uno dei principali problemi per il sistema Terra. Si è formato negli oceani un gigantesco accumulo di rifiuti e frammenti di plastica galleggianti la cui superficie è tre volte la Francia. Se non modifichiamo la tendenza entro il 2050, «la massa in microplastiche diffuse negli oceani sarà superiore alla biomassa dei pesci negli oceani». Azioni più evidenti della «specie prepotente» nella modifica del paesaggio, si riscontrano, poi, quando parliamo di turismo o di agricoltura. Sembra ormai noto che a Venezia il turismo di massa ha completamente stravolto in senso negativo l’ambiente, i servizi, l’economia, il patrimonio artistico della laguna. E ulteriori problemi potrebbero sorgere quando il livello del mar Adriatico aumenterà. Cosa si farà per contrastare le acque alte? Altri interrogativi riguardano l’agricoltura. Siamo davvero sicuri che i grani definiti antichi siano più salubri per il nostro consumo? I vini prodotti con metodi biodinamici sono migliori rispetto a quelli dell’agricoltura biologica non biodinamica? Possiamo debellare la fame del mondo con una agricoltura attenta anche all’impatto ambientale?

 

 

La corretta informazione

Per cercare di rispondere a queste e ad altre domande, il ruolo della corretta informazione è essenziale. Potremmo dire, senza stravolgere il messaggio del volume, che possiamo salvarci dalle crisi del nostro tempo soltanto se riusciamo a contrastare la disinformazione con la scienza. È questo un ulteriore aspetto che emerge in questo viaggio di Emilio Padoa-Schioppa nel paesaggio europeo. Quella del negazionismo climatico, in particolare, è diventata una vera è propria battaglia fruttuosa per i populisti di destra. Senza andare troppo lontano nel tempo, gli effetti delle cattiva informazione li abbiamo potuti già riscontrare con i dibattiti sul vaccino anti Covid19 e prima ancora con la diffusione della Xylella. C’è spesso una evidente incomprensione fra il mondo della comunicazione e quello del diritto. In altri casi è il sistema di informazione che non dà valore alle pubblicazioni scientifiche. Dopotutto c’è ancora chi crede al successo della “guerra alle acque” di Mussolini. Eppure in dieci anni il regime è riuscito a bonificare mezzo milione di ettari, per la propaganda fascista 4 milioni di ettari di terra agricola. Ne aveva previsti almeno il doppio. La storia ci dice che solo con il piano Marshall sono state ridotte le paludi italiane.

Un cambio di mentalità

Vivere nell’Antropocene implica quindi un cambio di mentalità per riuscire ad arginare chi fa finta di non vedere le crisi del nostro tempo. Questo le nuove generazioni lo hanno capito. Scendono nelle piazze e guardano con maggiore attenzione le opportunità della globalizzazione, che senza dubbio presenta ancora enormi contraddizioni. In fin dei conti lo aveva spiegato bene Naomi Klein nel saggio No Logo: economia, cultura, società, istituzioni non seguono gli stessi tempi di armonizzazione. Questo gap ha consentito alle aziende private di andare a produrre dove i costi sono più bassi e dove non ci sono forti vincoli.

In conclusione, un mondo sostenibile non solo è possibile, ma è necessario, e anche le istituzioni devono riconoscerlo.

Intanto il Parlamento europeo ha approvato la Nature Restoration Law, che prevede il ripristino di almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e di tutti gli ecosistemi che necessitano di interventi di ripristino entro il 2050. Per Emilio Padoa-Schioppa è un ottimo segnale. E forse lo spirito di Ventotene può ancora salvarci.

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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