Un inedito di Rachel Carson, tra scienza e letteratura. Nel segno della meraviglia

Rachel Carson, biologa marina, nel 1962 rivelò al mondo i pericoli derivanti dall’uso dei pesticidi e dei fertilizzanti. La casa editrice Aboca propone una riscoperta di suoi interventi e scritti

Un inedito di Rachel Carson, tra scienza e letteratura. Nel segno della meraviglia

Esce per i tipi di Aboca il terzo volume che la casa editrice dedica alla riscoperta della grande biologa. La raccolta di scritti è l’occasione per scoprire lati inediti della personalità della scienziata e per riascoltare la sua voce, sempre nuova e straordinaria, a sostegno della natura

Da alcuni anni Aboca propone di riscoprire Rachel Carson, la grande biologa pioniera dell’ambientalismo. Dopo Brevi lezioni di meraviglia. Elogio della natura per genitori e figli (2020) e La vita che brilla sulla riva del mare. Le piante e gli animali che popolano i litorali rocciosi, le spiagge sabbiose e le barriere coralline (2022), giunge oggi in libreria un terzo volume, una raccolta di articoli, discorsi e lettere dal titolo poetico come, secondo la Carson, doveva essere comunicata la scienza, in quanto parte della vita reale e non studio relegato a manipoli di specialisti. Si intitola Una favola per il futuro. E altre cronache dal mondo naturale, di cui pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un estratto, vale a dire il Discorso di accettazione del National Book Award.

 


La copertina del volume edito da Aboca e un momento dell’accettazione del “National Book Award” da parte di Rachel Carson (Foto: Rachel Carson. Power of the pen)

 

Nel gennaio del 1952 Carson apprese d’aver vinto con The Sea Around Us il prestigioso National Book Award per la nonfiction. A New York, alla cerimonia di premiazione – dove fu affiancata sul palco da James Jones, vincitore per la sezione fiction con Da qui all’eternità e dalla poetessa Marianne Moore, il critico John Mason Brown riconobbe che l’autrice aveva “disintegrato il nostro ego e portato a ciascun lettore non soltanto una nuova umiltà ma anche una nuova percezione dell’imperscrutabile vastità e dell’interconnessione di forze che sono al di là della nostra conoscenza o del nostro controllo”. Carson utilizzò l’occasione per commentare sia l’isolamento della scienza in America, sia quella che considerava l’artificiale separazione tra scienza e letteratura intese quali metodi esclusivi per indagare il mondo. Questa sua prima critica delle due culture richiama quella in seguito resa famosa, nel 1959, dallo scienziato inglese C.P. Snow.

Il discorso

Scrivere un libro ha conseguenze sorprendenti, e forse la vera formazione dell’autore ha inizio il giorno della pubblicazione. Io, in quanto autrice, non sapevo come i lettori avrebbero rea- gito a un libro sull’oceano. Lo sto ancora scoprendo. Quando progettai il mio libro, sapevo solo che l’attrazione per il mare e un’irresistibile percezione del suo mistero erano stati parte della mia vita fin dalla primissima infanzia. Quindi scrissi quello che ne sapevo, e anche quello che pensavo e provavo su di esso. Molte persone hanno commentato con sorpresa il fatto che un libro di scienza vendesse a un ampio pubblico; io però vorrei mettere in discussione quest’idea che la “scienza” sia qualcosa che appartiene a un compartimento tutto suo, separato dalla vita quotidiana.

Noi viviamo in un’era scientifica, eppure diamo per scontato che la conoscenza scientifica sia appannaggio esclusivo di un piccolo numero di esseri umani – quasi dei sacerdoti – isolati nei loro laboratori. Non è vero.

La materia della scienza è la materia della vita stessa. La scienza è parte della realtà della vita; è il cosa, il come e il perché di tutto quello che ricade nella nostra esperienza. È impossibile capire l’essere umano senza comprendere il suo ambiente e le forze che lo hanno forgiato, fisicamente e mentalmente. Scopo della scienza è scoprire e delucidare la verità. E quello, a mio avviso, è anche lo scopo della letteratura, che si tratti di materiali biografici, storici o di fiction. Mi pare, allora, che non possa esistere una letteratura di argomento scientifico separata. L’obiettivo che mi ha guidato è stato quello di ritrarre il mio profilo del mare, il mio soggetto, con fedeltà e prospettiva. Tutto il resto era secondario. Non mi sono fermata a considerare se lo stessi facendo con un approccio scientifico o poetico; scrivevo come richiedeva il soggetto.

I venti, il mare e le maree in movimento sono quello che sono. Se in essi c’è meraviglia, bellezza e mistero, la scienza svelerà questi aspetti. Se non ci sono, la scienza non potrà crearli.

Se nei miei libri sul mare vi è poesia, non è perché deliberatamente ve l’ho inserita, ma perché nessuno potrebbe scrivere in modo autentico sul mare e lasciar fuori la poesia. […] Per prima cosa noi abbiamo esaminato l’uomo, con le sue vanità, la sua avidità e i suoi problemi, d’un giorno o d’un anno; e solo allora, e da questo punto di vista di parte, abbiamo poi guardato verso l’esterno, osservando la Terra che egli ha abitato così brevemente e l’universo di cui essa è una così minuscola parte. Eppure queste sono le grandi realtà: ed è in rapporto ad esse che noi vediamo i nostri problemi umani in una prospettiva differente.

Forse, se capovolgessimo il telescopio e guardassimo l’uomo così in lontananza, troveremmo meno tempo per pianificare la nostra stessa distruzione e saremmo meno inclini ad attuarla.

Estratto da “Una favola per il futuro. E altre cronache dal mondo naturale”, Aboca, 2023, pagina 118.

 

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