Viaggio in un secolo di paternità. A colloquio con Andrea Polo

Andrea Polo, si occupa di comunicazione d'impresa ed è autore del libro "Storie di padri, storie di figli"

Come è cambiato il ruolo del padre in 100 anni? Le trasformazioni della società, della cultura e dei ruoli di genere lo stanno ridefinendo nella sua funzione di cura, come viene analizzato, ad esempio, nel rapporto State of the World’s Fathers 2023, realizzato dalla Ong Equimundo: Center for Masculinities and Social Justice. La ricerca, su un campione di 12mila persone in 17 paesi, ha rilevato che in 16 paesi tra il 70% e il 90% degli intervistati si sente responsabile delle attività di cura quanto la partner.

Anche se fattori economici (disparità di retribuzione, congedo parentale) e sociali (aspettative professionali) continuano a remare contro una presa in carico più significativa della famiglia e della casa.

A questo ci ha fatto pensare l’esperienza personale e familiare, tutta italiana, raccontata nel libro Storie di padri. Storie di figli. Quattro generazioni a confronto, scritto da Andrea Polo (Paesi edizioni, 2024). L’autore ripercorre con ironia, insieme ai due figli, la storia della propria famiglia. Suo nonno, Cosimo diventa padre nel 1910, lui, Andrea, il nipote, esattamente 100 anni dopo, nel 2010. Il primo, nato pastore, ha imparato a leggere e scrivere durante la prigionia della guerra e fa di tutto perché i suoi undici figli, femmine incluse, possano studiare. Il secondo, si occupa di scrittura e comunicazione e gira l’ Italia e il mondo, mantenendo i due figli al centro della propria esperienza di vita. Un viaggio attraverso un secolo di paternità: da quando i bambini non si prendevano in braccio perché ‘cosa da donne’ fino al momento in cui gli uomini hanno imparato e forse in fondo gli è anche stato concesso, a godersi a pieno l’ essere un padre.

Andrea Polo, la sua storia ha al centro la figura del padre, cioè negli uomini che racconta valorizza il modo in cui svolgono questa “funzione”. Secondo il citato rapporto State of the World’s Fathers, per 9 uomini intervistati su 10 fare il padre è tra le cose più belle della vita, proprio come scrive nel suo libro. Ma affinché il “prendersi cura” sia al centro delle loro vite, è necessaria una revisione delle strutture di potere, delle politiche e delle politiche sociali, delle norme relative al lavoro di assistenza retribuito e non retribuito. Cosa ne pensa?

Sono assolutamente d’accordo. Mio nonno, come scrivo nel libro, non ha mai preso in braccio i suoi figli proprio per una stortura della società di allora, che lo riteneva un compito prettamente femminile. Per cambiare questa idea ci sono volute decine di anni, ma serve anche che i padri siano supportati da una politica economica e sociale. Quando sono nati i miei figli ho dovuto chiedere un giorno di ferie per poterli andare a riprendere in clinica e non perdermi il momento magico del nostro primo ingresso in casa. Io ho potuto farlo, molti altri di sicuro non hanno avuto questa possibilità. È anche per questo che sono orgoglioso di lavorare in un’azienda, Facile.it, che ha scelto di estendere fino a 30 giorni il congedo di paternità, riconoscendolo anche ai genitori non biologici delle coppie omogenitoriali. Quando questo non sarà più l’eccezione, ma la normalità, ne sarò felicissimo.

Le pari opportunità si affacciano nel suo libro sin da subito grazie a Cosimo: suo nonno vive sulla propria pelle la centralità dell’istruzione, che apre strade e possibilità, e decide di offrirla a figlie e figli, ben oltre i 12 anni dell’obbligo scolastico.

Può sembrare strano, ma la parità comincia proprio in famiglia. Dall’avere le stesse possibilità, indipendentemente dal genere. Mio nonno questo lo aveva capito già all’inizio del ‘900. Un’idea che definire rivoluzionaria, soprattutto a quell’epoca, sarebbe a dir poco riduttivo. Io ho due figli maschi e potrebbe sembrare più semplice, ma pari opportunità vuol dire anche offrirle in base alle inclinazioni di ciascuno. A me è stato impedito di fare il liceo che avrei voluto anche, forse, perché non stava bene che il figlio di una famiglia come la mia frequentasse una scuola diversa dal liceo scientifico o dal liceo classico. Coi miei figli ho cercato di fare in modo che avessero sempre campo libero su ciò che li rendeva felici. Accanto a loro sempre, davanti a loro per impedirne il passaggio mai.

Un genitore non comprende necessariamente un figlio, soprattutto in un’epoca di cambiamenti veloci come la nostra, ma lo accompagna, proprio come i tre protagonisti della sua storia. Dal suo punto di vista di comunicatore, di fronte a questa quotidianità caratterizzata da overdose di informazioni, propaganda, e Chat gpt che può spostare il confine della realtà, come si accompagnano degli esseri umani in crescita a conquistare un propria solidità?

Come dicevo prima, stando accanto o magari un passo indietro, ma mai parandoglisi davanti. La crescita passa principalmente dalla autostima e questa si costruisce giorno dopo giorno, anche sbagliando ed imparando a riparare ai propri errori.

Come fa il protagonista con i figli Marco e Giovanni nel libro, anche lei suoi lettori lascia una testimonianza. Qual è il nucleo fondamentale che vorrebbe che fosse colto?

Vorrei che tutti capissero quanto è bello essere un papà coinvolto, vorrei che i miei figli capissero l’importanza di non dimenticare da dove si arriva. Fare il papà è spesso stancante, alle volte entusiasmante, altre terrificante, ma è per me comunque il mestiere più bello del mondo.

 

 

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Francesca Santoro
Francesca Santoro
Laurea in comunicazione, specializzazione in marketing e comunicazione nel Non Profit. Per 15 anni mi sono occupata di comunicazione e formazione nell’ambito del consumo critico e del commercio equo, trattando temi quali l'impatto delle filiere a livello locale e globale su persone, risorse, territori, temi su cui ho anche progettato e condotto interventi nelle scuole. Dal 2016 creo contenuti online per progetti, associazioni, professionisti.

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