Foreste estinte

Gondwana Rainforests in Australia (Foto: Flickr)

Gondwana Rainforest in Australia
Gondwana Rainforests of Australia (Foto: Flickr)

 

Gli incendi divampati in Australia, a partire dall’ottobre 2019, hanno bruciato oltre 120.000 km²  di territorio.  I danni più seri non  hanno riguardato solo gli esseri umani e gli animali. I roghi hanno colpito  anche le regioni sensibili dal punto di vista ecologico, inclusa un’area chiamata Gondwana Rainforests of Australia, patrimonio dell’umanità. Una regione che  contiene una vasta concentrazione di piante viventi con reperti fossili di decine di milioni di anni fa. A denunciare l’enorme perdita di biodiversità sono stati Peter Wilf, cofondatore di Institutes of Energy and the Environment, Robert Kooyman, ricercatore della foresta pluviale presso la Macquarie University, e James Watson, professore di scienze della conservazione all’Università del Queensland in una lettera aperta su Science.

«L’Australia ha solo alcune piccole aree  bagnate tutto l’anno – ha detto Peter Wilf – E sono così piccole che i cambiamenti climatici potrebbero semplicemente spazzarle via in un secondo geologico e, con esse, spazzare via più 40 milioni di anni di storia della foresta pluviale».

Gli incendi in tutto il mondo, secondo i ricercatori, minacciano di distruggere alcune delle ultime antiche foreste fossili viventi  e quindi anche  la loro storia evolutiva. Sulla Terra rimangono solo 125 piante fossili viventi e si trovano tutte in una sola area. Tra queste vi è la quercia di Nightcap, le cui origini risiedono nel paleo-antartico, forse addirittura a 90 milioni di anni fa. Durante l’ultima stagione degli incendi in ​​Australia circa il 10% di queste querce sono andate distrutte. E aree come il Borneo e il Sumatra rischiano di perdere per sempre  elementi di biodiversità unici.

«L’opinione pubblica attraverso l’educazione può comprendere  ciò che stiamo perdendo, spiegando che un albero non è solo un pezzo di legno,  ma è qualcosa che ha una inestimabile storia antica , e in questo modo possono migliorare gli sforzi di conservazione», hanno concluso gli scienziati.

 

 

 

 

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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