L’Aquila, ferita aperta

Macerie del terremoto dell'Aquila 2009 (Foto: Pixabay)

 

Macerie del terremoto dell'Aquila 2009
Macerie del terremoto dell’Aquila 2009 (Foto: Pixabay)

 

Alle 3.32 in punto, il 6 aprile del 2009, un terremoto di magnitudine 6.3, con epicentro in provincia de L’Aquila, sconvolse l’Abruzzo e gli italiani. Furono 309 i morti, 1.600 i feriti e circa 80.000 gli sfollati. Dopo undici anni, proprio mentre la città cominciava a rialzarsi, le strade della città sono  tornate ad essere deserte e silenziose a causa della pandemia da coronavirus. Ma gli aquilani  hanno trovato la forza per ricordare la tragedia. Alla 23.30, in piazza Duomo, è stato acceso un braciere da un vigile del fuoco – uno degli eroi che per giorni e notti non ha smesso di scavare tra le macerie per salvare le vite – per ricordare quella ferita aperta nel nostro Paese.

Quest’anno non c’è stata nessuna fiaccolata, solo una cerimonia con tre autorità: Cinzia Torraco, prefetto dell’Aquila, Francesco Di Paolo, sindaco di Barisciano, uno dei paesi del cratere sismico, Pierluigi Biondi, sindaco del capoluogo. Su mandato dei Comitati dei familiari delle vittime hanno rappresentato il sentimento della popolazione colpita da quella violenta scossa. «Il silenzio, questa notte, ha il volto di chi abbiamo perduto, ha il respiro di una umanità che lotta contro una minaccia letale, ma quasi irreale nella sua non fisicità, perché materia dei laboratori di ricerca, perché patologia da ospedali – ha detto Pierluigi Biondi – Allora, come oggi, piangiamo la morte avvenuta in solitudine, senza la consolazione dei propri cari». Con un messaggio alla città, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha voluto testimoniare il suo sentimento di solidarietà:

«La ricorrenza di quest’anno si celebra in un contesto eccezionale, determinato da una pericolosa pandemia che siamo chiamati a fronteggiare con tutta la capacità, la responsabilità, la solidarietà di cui siamo capaci. Di fronte agli ostacoli più ardui possiamo avere momenti di difficoltà ma l’Italia dispone di energia, di resilienza e di una volontà di futuro che ha radici antiche e che, nei passaggi più difficili della nostra storia, è sempre stata sostenuta da una convinta unità del popolo italiano».

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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