Muro selvaggio

La costruzione del muro nei pressi del Rifugio Nazionale Faunistico Cabeza Prieta nell'Arizona meridionale (Foto: The Center for Biological Diversity)

 

Costruzione del muro a San Bernardino in Arizona
Il cantiere del muro nei pressi del Rifugio Nazionale Faunistico “Cabeza Prieta” nell’Arizona meridionale (Foto: The Center for Biological Diversity)

 

Tra i cespugli di creosoto e gli arbusti di ocotillo, lungo il National Wildlife Refuge di San Bernardino, in Arizona, gli operai continuano a lavorare. Le proteste e le azioni legali dei gruppi ambientalisti delle comunità di confine non sono riuscite a fermare Donald Trump, che vuole realizzare ad ogni costo il muro che divide gli Stati Uniti dal Messico.

Bisogna fare presto secondo il presidente degli Stati Uniti, in gioco c’è la credibilità del suo mandato. E allora avanti con altri 31 nuovi progetti, vale a dire  177 miglia di muro.

La barriera, una volta completata, murerà fisicamente la maggior parte del New Mexico, dell’Arizona e della California, un’area che si estende dal Rio Grande all’Oceano Pacifico.  Se per i trumpiani questo è un successo non lo è per le comunità che vivono in quella regione, nella loro casa. Per loro è una tragedia e lo è anche per  le oltre 93 specie in via di estinzione che vivono in quel territorio. Nelle montagne Peloncillo, nel sud dell’Arizona, sono in pericolo diverse specie faunistiche: l’ocelot, l’antilocapra americana, il tacchino di Gold, il coati.

Secondo il Center Biological Diversity  – organizzazione senza scopo di lucra attenta alla conservazione della specie animale –  il nuovo ciclo di costruzioni attraverserà l’habitat critico, incluso un corridoio migratorio che i giaguari usano per spostarsi tra gli Stati Uniti e una popolazione riproduttiva a Sonora, in Messico.

Il muro minaccia anche importanti siti  archeologici.  I Tohono O’odham  che vivono nel deserto di Sonora non possono più accedere al cimitero di Monumet Hill, la tribù Hia-Ced O’odham di Cabeza Prieta rischia di perdere i terreni cerimoniali, e anche l’area intorno a Quitobaquito Springs potrebbe sparire.

«Una delle prime cose che chiediamo quando Trump se ne andrà  fuori dall’ufficio  è uno studio completo di come i muri di confine hanno condizionato la fauna selvatica, l’acqua e il paesaggio – ha dichiarato Laiken Jordahl  del Center Biological Diversity –  Vogliamo che questi studi identifichino le prime parti del muro che bisogna abbattere».

 

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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