Hasdeo, foresta da salvare. Intervista a Jo Woodman di Survival International
I nuovi progetti di estrazione del carbone approvati dal governo indiano minacciano le comunità Adivasi e le loro terre ricche di biodiversità. Salvarle dalla distruzione è di interesse globale. Le parole della ricercatrice del movimento Survival International che si batte per la difesa dei popoli indigeni
«La situazione è davvero critica: la foresta di Hasdeo è a rischio imminente di essere distrutta per far spazio a due progetti estrattivi di carbone che hanno appena ricevuto il via libera dal governo. Questa foresta è un luogo cruciale per i circa ventimila Adivasi che lì vivono e che dipendono da essa a livello culturale, spirituale ed economico. Per questo sono ben determinati a proteggere la foresta e con essa i loro diritti, la loro cultura, la loro identità e le generazioni future».
Jo Woodman è una ricercatrice di Survival International, movimento mondiale che aiuta le popolazioni indigene da oltre 50 anni a difendere le loro vite, proteggere le terre e scegliere autonomamente il loro futuro. In India Survival ha recentemente avviato la campagna “Adivasi contro il carbone”. Il Primo ministro, Narendra Modi, ha infatti progettato di realizzare 55 nuove miniere di carbone in varie parti del territorio indiano, ed espandere le 193 già esistenti per portare la produzione di carbone a un miliardo di tonnellate annue.
Jo Woodman, cosa sta succedendo a Chhattisgarth, una delle aree più ricche di biodiversità dell’India?
Le popolazioni indigene proteggono gli alberi anche fisicamente, con i loro corpi, ma qualche notte fa alcuni uomini armati di motoseghe, accompagnati dalla polizia, hanno abbattuto 300 alberi, prima che la comunità riuscisse a fermarli. Per il momento i locali stanno tenendo lontane le motoseghe, ma per quanto ancora potranno resistere? È cruciale che la comunità internazionale sia al loro fianco in questa lotta.
Una lunga marcia è stata organizzata lo scorso 2 ottobre (giorno del compleanno di Gandhi), ed è durata dal 4 al 13 ottobre…
Si, le comunità Adivasi hanno fatto di tutto per ottenere il rispetto dei loro diritti e fermare i progetti minerari. Hanno protestato a oltranza per 75 giorni e hanno marciato per 300km fino alla capitale dello stato di Chhattisgarh. Il Primo Ministro e il Governatore del Chhattisgarh li hanno incontrati e hanno promesso di avviare un’indagine sulla situazione, ma poi il Primo Ministro ha rilasciato in tutta fretta la concessione mineraria: per gli Adivasi è un tradimento gravissimo. In tutta l’India, sono moltissime le comunità Adivasi che lottano per i loro diritti e per proteggere le loro foreste e le loro terre, ma vengono ridotti al silenzio, arrestati e accusati di essere “maoisti” o “anti-nazionali”. Molti subiscono violenze, stupri e arresti. Da quando Modi è al potere, dal 2014, la situazione è notevolmente peggiorata perché il suo governo ha spianato la strada a potenti compagnie minerarie, anche aggirando le leggi che dovrebbero proteggere i diritti degli Adivasi.
Perché è importante salvare la foresta Hasdeo?
Innanzitutto, Hasdeo è una foresta sacra e cruciale per le comunità adivasi, che non hanno dato il loro consenso a questi progetti minerari. Distruggere la foresta contro la loro volontà è una palese violazione dei loro diritti, riconosciuti dalla legge nazionale e internazionale. In secondo luogo, questo crea un precedente molto pericoloso in India: se i diritti degli Adivasi possono essere aggirati in questo modo, palesemente e completamente, allora è lo stesso stato di diritto a essere in pericolo – in particolare le leggi che tutelano le minoranze e l’ambiente.
In terzo luogo, proprio ora che stiamo affrontando una crisi climatica e di biodiversità su scala planetaria, è – nelle parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres – una «follia economica e morale» avviare nuovi progetti per l’estrazione di combustibili fossili. Soprattutto se per aprire una miniera di carbone vengono abbattute le foreste. Stare al fianco degli Adivasi nella lotta per difendere la foresta di Hasdeo dovrebbe quindi essere una priorità globale.
È uno scenario simile a quello dell’Amazzonia, dove Bolsonaro sta commettendo dei veri e propri ecocidi?
Ci sono molte somiglianze. Come Bolsonaro, Modi sta anteponendo gli interessi dei suoi “compari” industriali ai diritti del suo popolo, allo stato di diritto e alla crisi ambientale. Il governo Modi ha annunciato che porterà l’estrazione mineraria a un miliardo di tonnellate l’anno e ha dimostrato una totale mancanza di rispetto per “jal jungle jameen”, ovvero acqua, foresta e terra, che gli Adivasi del paese gestiscono e proteggono da innumerevoli generazioni. La loro forza e la loro resistenza sono l’unica cosa che tutela queste risorse.
Il Governatore del Chhattisgarh ha annunciato di realizzare un’indagine per capire se la popolazione indigena era favorevole alla realizzazione di due nuovi progetti per l’estrazione del carbone. É stata soltanto una promessa?
Gli Adivasi di Hasdeo erano stati rincuorati dalla promessa del Governatore del Chhattisgarh, Anusuiya Uika, di avviare un’indagine sulle modalità con cui sarebbe stato ottenuto il “consenso”, ma l’indagine non è mai stata realizzata e il governo ha approvato comunque il progetto: un colpo terribile per le comunità. Gli Adivasi continuano a chiedere un’indagine e denunciano che il loro “consenso” è un falso. Le comunità hanno tenuto anche una serie di Assemblee dei Villaggi: ovunque, e con estrema chiarezza, hanno detto “no” a ulteriori attività minerarie nella foresta di Hasdeo. Queste assemblee, oltre alle proteste e alle marce, dovrebbero essere sufficienti a dimostrare che gli Adivasi non hanno mai dato il loro consenso alle estrazioni.
Al momento, sia la Corte Suprema del Chhattisgarh sia la Corte Suprema di Delhi stanno indagando sulla questione. Fintanto che questi casi non saranno stati dibattuti e i diritti degli Adivasi di Hasdeo rispettati, non dovrebbe essere realizzato nessun progetto minerario e non dovrebbe essere abbattuto nessun albero.
Survival International ha denunciato che molti manifestanti sono stati picchiati, arrestati, assassinati. Quali sono le motivazioni ufficiali?
Survival ha pubblicato proprio poche settimane fa un rapporto che denuncia la brutale repressione degli Adivasi, e in particolare delle donne, in tutta l’India centrale. Il rapporto dimostra che gli Adivasi che si oppongono alla distruzione della loro “jal, jungle, jameen” (acqua, foresta, terra) vengono puniti con il carcere, violenze sessuali e uccisioni extragiudiziali. Finora, fortunatamente, le comunità di Hasdeo non hanno subito tali abusi. Ma, in aprile, 10 membri chiave della comunità sono stati incriminati con denunce inventate e siamo quindi estremamente preoccupati che la violenza e la repressione che altre comunità hanno già subito possa arrivare anche ad Hasdeo. Il fatto che coloro che cercano di difendere i propri diritti costituzionali vengano trattati come nemici dello Stato è indicativo della situazione critica in cui si trova la democrazia indiana.
C’è stata una riposta da parte della comunità internazionale?
No, è preoccupante che la comunità internazionale non denunci il peggioramento dello stato della democrazia in India, o quantomeno tenga in considerazione le violazioni dei diritti e delle terre degli Adivasi. Survival International ha documentato con chiarezza la scala e la gravità delle violenze che subiscono le donne adivasi: abusi sessuali terribili, mutilazioni persino post mortem, moltissime persone incarcerate per lungo tempo senza processo…
È del tutto comprensibile che in questo momento l’attenzione del mondo sia sull’Ucraina, ma credo che ci sia un problema più profondo dietro al fatto che la comunità internazionale non voglia riconoscere la realtà di ciò che sta accadendo nell’India di Modi.
Durante la Cop 26 il Primo ministro indiano ha dichiarato di voler raggiungere le emissioni zero soltanto a partire dal 2070. Ci sono delle pressioni da parte di multinazionali e grandi società minerarie per impedire il processo di decarbonizzazione dell’India?
Si! Lo scorso anno, alla COP26 di Glasgow, il Premier Modi ha cercato di darsi una “immagine verde” ma la realtà è che sta intensificando in modo massiccio la produzione di carbone, sta indebolendo gravemente le leggi e i regolamenti ambientali, e sta aggirando totalmente la legge che dovrebbe tutelare i diritti dei 104 milioni di indigeni in India. È cosa nota che Modi sia personalmente vicino ad alcuni dei miliardari che più guadagneranno da questa corsa al carbone. Non ho trovato invece alcuna prova che dimostri che Modi è sincero quando parla di decarbonizzazione, ma solo del fatto che anteporrà i profitti delle multinazionali e i benefici economici a breve termine ai diritti dei suoi cittadini e al futuro del pianeta.
L’India è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e ne sta già subendo i suoi effetti. Un leader genuinamente preoccupato per il suo paese e il suo popolo non abbatterebbe una foresta come quella di Hasdeo per permettere a una compagnia di guadagnare dal carbone.
È quindi solo nelle mani delle comunità Adivasi tenere la foresta in piedi e il carbone sottoterra. Le pressioni contro di loro sono immense, ma sanno che, se non dovessero avere successo, perderebbero tutto: le loro vite, le loro culture, il senso di identità e il futuro dipendono dalla protezione della foresta. Il resto del mondo li aiuterà? O dobbiamo lasciare che la foresta venga abbattuta, il carbone estratto dal sottosuolo e le vite degli Adivasi distrutte? Dobbiamo restare al loro fianco, il tempo sta per scadere.
Saperenetwork è...
- Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
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