Il coraggio di Der Spiegel. E la nostra idea di Europa

La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata fortemente criticata da Der Spiegel

Nessuno sconto, nessun giro di parole, nessuna esitazione. Sin dal titolo. «Il rifiuto tedesco degli Eurobond è non solidale, gretto, vigliacco». L’editoriale di Steffen Klusmann su Der Spiegel, il più autorevole settimanale tedesco da lui diretto, è un sacrosanto pugno allo stomaco, una durissima, coraggiosa presa di posizione contro la politica della Cancelliera Merkel. Ed è quindi un anelito di speranza, il segno che esiste ancora una coscienza, un’etica tra quelle che sembrano le macerie del Vecchio Continente.

La presa di posizione sulle pagine di Der Spiegel è arrivata martedì 7 aprile, nel giorno del nulla di fatto dell’Eurogruppo, in balia di Germania, Olanda, Austria e Finlandia che continuano a opporsi agli Eurobond. Una tragedia nella tragedia, che rivela la fragilità di un’Europa che proprio a causa degli ingiustificabili egoismi nazionalisti dei falchi del Nord rischia di disintegrarsi per sempre.

Der Spiegel
Der Spiegel, con un duro attacco del direttore Steffen Klusmann, si è schierato contro il no del governo agli Eurobond

 

Pubblicato in italiano, spagnolo e francese, l’articolo ricorda come l’atteggiamento della Merkel sugli Eurobond fu altrettanto sprezzante e ottuso già otto anni fa, in piena crisi economica.

«O il governo tedesco davvero non si rende conto di quello che sta rifiutando con tanta noncuranza, oppure si ostina a non capire, spinta dalla paura che il partito populista Alternative für Deutschland (AfD) possa strumentalizzare gli aiuti ai vicini europei per la propria propaganda».

Già, lo spettro dell’AfD. Eppure, spiega molto bene Klusman, fu proprio la presa di posizione della Merkel nei confronti della questione debito pubblico dei paesi del Sud, all’epoca della crisi, a portare alla nascita del partito di estrema destra fondato dall’economista Bernd Lucke: «Dopo tutto è stato l’esasperante dibattito sul sostegno alla Grecia che ha portato alla fondazione dell’AfD nel 2013».

La paura dell’avanzata di AfD alle prossime elezioni del 2021 non è e non può essere la giustificazione per opporsi a quella che, come la definisce il direttore del Der Spiegel, è «l’unica soluzione davanti alla pandemia».

L’avanzata dei fronti nazionalisti è proprio, continua Klusman, responsabilità della politica della CDU, fatta di una narrazione fuorviante: «Invece di dire onestamente ai tedeschi che non esistono alternative agli Eurobond in una crisi come questa, il governo Merkel insinua che ci sia qualcosa di marcio in questi bond. Ovvero, che in fin dei conti sarebbero i laboriosi contribuenti tedeschi a dover pagare, in quanto gli italiani non sarebbero mai stati capaci di gestire il denaro. Questa narrazione è stata usata talmente spesso dalla Cancelliera, che adesso ogni concessione a spagnoli e italiani potrebbe soltanto sembrare una sconfitta».

 

 

Quella degli Eurobond, continua, è l’unica scelta possibile. Le cose non stanno come racconta lo storytelling istituzionale. Della Germania, ma non solo: si pensi all’Olanda di Rutte, paradiso fiscale che però non intende dare nemmeno in minima parte tutto ciò che ha potuto prendere, anche da tante, importantissime imprese italiane, in questi anni. I bond sono obbligazioni, spiega ai lettori, titoli di Stato europei, limitati nel tempo e con lo scopo preciso di far fronte alla pandemia. Un investimento che frutterebbe interessi per tutti, ma finalmente «non per gli hedge fund».

Il MES, continua a spiegare, non può essere la soluzione, in primis perché legato a condizioni che non hanno senso davanti a una pandemia, e poi perché Spagna e Italia sono troppo grandi per essere salvate con i 410 miliardi previsti dal fondo.

Klusmann non esita a riprendere in mano il discorso della memoria, a quanto pare non pervenuto nello storytelling di Merkel e co.: «Apparire come il guardiano della virtù finanziaria in una situazione del genere è gretto e meschino. Forse conviene ricordare per un momento chi è stato a cofinanziare la ricostruzione della Germania nel Dopoguerra».

Una riflessione che fa venire in mente il discorso del premier albanese, Edi Rama, quando è arrivato in Italia con un’équipe di personale sanitario, a fine marzo: «Non siamo ricchi, ma non siamo privi di memoria». L’Albania, come la Cina, Cuba, Russia, Polonia, ha inviato medici e infermieri nelle zone più colpite dall’epidemia. La ricca Europa, nel frattempo, ha invece perso la memoria?

Una presa di posizione importante, quella di Klusmann e di Der Spiegel, che arriva in un momento drammatico non solo per il numero di morti che questa pandemia sta causando, ma per il doversi ritrovare faccia a faccia con una realtà mai come ora lontana anni luce dall’Europa di Schuman, Adenauer e De Gasperi. Un’Europa che, come ha recentemente ammonito il Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, continuando con queste divisioni ingiustificabili, rischia di auto annientarsi.

In questi ultimi mesi, già segnati dal dolore e dall’angoscia per le migliaia di vittime, stiamo assistendo inermi allo spettacolo spaventoso di un’Europa che in barba a Maastricht e a qualsiasi barlume di ragionevolezza oltre che di etica, antepone illogici calcoli di politica interna. Le stelle della bandiera europea si stanno sgretolando, pezzo per pezzo. Polvere che viene spazzata via, come nella bellissima illustrazione del nostro Valerio Vacchetta della scorsa settimana.

Noi di Sapereambiente abbiamo deciso di dare spazio alla coraggiosa presa di posizione del nostro illustre collega tedesco perché crediamo che, nonostante tutto, “la nostra” Europa abbia ancora la forza per esistere e resistere a grettezze ed egoismi.

Crediamo e vogliamo continuare a credere nell’Europa della cultura, dei diritti umani e sociali, delle libertà individuali. Nell’Europa del Green Deal e di un futuro sostenibile e equo, coerente con i valori della sua fondazione. Perché, come scrive Klusmann: «L’Europa è più di una mera alleanza di egocentrici, più di un mercato unico ben lubrificato ma dal cuore freddo con una moneta (ancora) comune».

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Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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