Kariobangi, dove lavarsi le mani è impossibile. La vita quotidiana nello slum al tempo del Covid-19
L’acqua corrente è una rarità, le famiglie vivono in una stanza e si condivide il bagno con i vicini. La testimonianza di Sami Maina, direttore della scuola Hands of Love, che porta avanti la sua battaglia a tutela dei bambini nel sobborgo di Nairobi: «Qui è impossibile mantenere le distanze di sicurezza. E con la chiusura delle scuole i più piccoli sarebbero esposti a ogni rischio»
«Quasi nessuno qui ha l’acqua corrente. Si vive in caseggiati da una stanza a famiglia e un bagno condiviso tra 15 o anche 20 persone. So che lavarsi le mani con acqua e sapone è uno dei modi più efficaci per combattere il contagio, così la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di dotare le famiglie dei nostri bambini di secchi e saponi. Ma è già difficilissimo trovarli. A Nairobi, più del 60% dei residenti vive in slum come questo, dove la situazione sanitaria è terribile».
Benvenuti al tempo del Covid-19 a Kariobangi, quartiere-slum di quasi 70mila abitanti, quadrante nord-est della capitale keniota. Strade sterrate, case di fango e lamiera ondulata, nessun impianto fognario, niente elettricità, niente acqua corrente, immondizia e liquami all’aria aperta. Densità abitativa: seimila persone per chilometro quadrato. È qui che nel 2008 Terry Little, statunitense trasferito in Kenya, ha aperto “Hands of Love Educational Center”, una scuola per i bambini più bisognosi del quartiere che si sostiene unicamente con i fondi raccolti da Hands of Love Usa e da Direttamente onlus Italia.
Sami Maina è il direttore e fact-totum della scuola. Coordina gli insegnanti, tutti rigorosamente del paese. Tiene l’amministrazione, si occupa di ogni emergenza dei “suoi” 180 bambini, dall’operazione alle gambe di Emma Ndymbura al supporto extra di chi attraversa momenti critici rispetto al già difficile quotidiano, provvede al Programma alimentare. Perché la scuola è nata su due pilastri: creare un ambiente sano in cui i bambini possano giocare e imparare e fornire due pasti nutrienti al giorno. Il motto è “Tayarisha tumbo”, pancia mia fatti capanna.
Mr. Maina, qual è la situazione in Kenya?
Le scuole sono già chiuse da tre settimane e rimarranno chiuse a lungo. I numeri parlano di 50 casi confermati al 31 marzo e quasi tremila persone in quarantena. I casi crescono in fretta e non è facile avere un conto esatto. Per ora c’è il coprifuoco dal tramonto all’alba, ma si dice che presto andremo incontro ad un lockdown totale.
Ci aiuti a capire cosa vuol dire per migliaia di bambini africani come quelli di “Hands of Love” non andare più a scuola: è rinunciare alla didattica e ai rapporti sociali ma anche all’unico pasto decente della giornata?
Purtroppo, sì. Quindi la prima cosa che abbiamo fatto è distribuire cibo alle famiglie. Ad oggi abbiamo dato a 121 famiglie più di 1.500 chili di alimenti tra riso, mais, lenticchie e fagioli. Sto cercando di capire dove poter comprare farina e olio di semi per il secondo giro di provviste, ma i prezzi stanno salendo e sarà sempre peggio.
Disinfettanti, acqua, mascherine introvabili. Se qui è stato un incubo, come state fronteggiando tutto questo a Kariobangi?
Le cisterne vicino alla scuola vengono riempite adesso ogni giorno, invece di lasciarci anche 2 o 3 giorni senza acqua e vedo che c’è un certo impegno a raccogliere l’immondizia più di frequente, ma siamo lontanissimi da una situazione igienica anche solo accettabile. Ho comprato una trentina di secchi a cui ho applicato dei rubinetti e li ho dati alle famiglie, ma sono pochi. I rubinetti, poi, non si trovano più da nessuna parte. Anche salviette disinfettanti e gel sono spariti da giorni, così con una delle donazioni ho comprato alcol e glicerolo e ho fatto io un preparato. Per quanto riguarda le mascherine, per puro caso ne avevo comprate alcune a novembre per quando faccio i lavori di falegnameria e le ho distribuite ai maestri. Le avevo pagate 15 centesimi l’una, adesso costano quasi un euro e sono di qualità decisamente inferiore. Io le uso quando prendo un “matatu”, il trasporto pubblico, o quando vado nei mercati. Il governo ci ha detto che non dobbiamo utilizzarle e la gente quando la indossi ti guarda strano. Ammesso che si trovino, non sarà facile convincere le persone ad usarle, c’è una resistenza culturale notevole.
Dal punto di vista didattico, invece, che provvedimenti avete preso?
Abbiamo formato un gruppo Whatsapp con i genitori che hanno uno smartphone per condividere velocemente le informazioni e gli aggiornamenti. La chat è diventata pian piano la piattaforma con cui gli insegnanti mandano i compiti e le attività per i bambini e i genitori hanno risposto in maniera sorprendente: fanno davvero il possibile per far sì che i bambini possano apprendere anche stando a casa. Sfortunatamente, meno della metà delle nostre famiglie possiede uno smartphone, così i maestri hanno preparato dei quaderni e dei libricini che stiamo stampando e che porterò ai bambini la prossima settimana. Ci sentiamo continuamente per capire quali sono le iniziative migliori.
Ma molte mamme sono single e hanno un lavoro: chi si occupa dei bambini?
È uno dei problemi più pressanti, anche in tempi normali. L’emergenza Covid 19 sta portando allo scoperto una delle emergenze dei tanti quartieri come questo. I genitori devono andare a lavorare. Molti lavorano nei mercati di Kariobangi e di Korogocho come sarte, parrucchiere, calzolai, fruttivendoli, venditori di abiti di seconda mano: le scuole aperte assicuravano ai bambini un posto sicuro. I mercati sono affollatissimi e dunque molto rischiosi. Così, mentre all’indomani della chiusura delle scuole, i genitori si sono portati i bambini al mercato, ora è vietato. Quando la mattina vado in ufficio, vedo moltissimi bambini, tra cui anche alunni di “Hands of Love”, che giocano in strada, con tutti i rischi del caso.
La vita a Kariobangi è sempre difficile e ora siete chiamati ad un’ennesima prova. Quali saranno gli effetti delle prossime misure di contenimento?
Mi preoccupa molto sapere che non siamo minimamente preparati ad affrontare il virus. I media e il governo stanno diffondendo campagne d’informazione molto aggressive. Ma la prova vera sarà di passare dalla teoria ai fatti. Come ho detto, questo posto non permette di mantenere né le distanze di sicurezza, né tantomeno di assicurare condizioni igieniche decenti. Una diffusione incontrollata della malattia qui sarebbe devastante. Da tutti i punti di vista. Con le prossime misure di contenimento e il lockdown moltissimi genitori si troveranno dall’oggi al domani senza alcuna possibilità di comprare il cibo o di pagare l’affitto. Non avrei mai immaginato che questo morbo avrebbe fatto perdere il lavoro anche a chi è in salute. Già molte delle nostre famiglie non sanno come arrivare al prossimo pasto. Se non si attiveranno al più presto reti di salvataggio sociale ed economico, quel che ci aspetta è una catastrofe economica senza precedenti. Che qui sfocerà immediatamente nella violenza delle sommosse.
Cosa teme più di tutto?
La mia paura peggiore è un’altra. So che i moltissimi bambini che ora trascorrono le giornate in mezzo alla strada rischiano il virus, ma corrono anche tanti pericoli, tra cui ogni sorta di violenze e di abusi. Mi si spezza il cuore quando li vedo. Perciò la sfida più grande per me è di riuscire a proteggere i nostri piccoli, di creare un’alternativa alla scuola in cui possono stare non soltanto in salute ma anche al sicuro.
Saperenetwork è...
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Stefania Chinzari è pedagogista clinica a indirizzo antroposofico, counselor dell’età evolutiva e tutor dell’apprendimento. Si occupa di pedagogia dal 2000, dopo che la nascita dei suoi due figli ha messo in crisi molte certezze professionali e educative. Lavora a Roma con l’associazione Semi di Futuro per creare luoghi in cui ogni individuo, bambino, adolescente o adulto, possa trovare l’ambiente adatto a far “fiorire” i propri talenti.
Svolge attività di formazione in tutta Italia sui temi delle difficoltà evolutive e di apprendimento, della genitorialità consapevole, dell’eco-pedagogia e dell’autoeducazione. E’ stata maestra di classe nella scuola steineriana “Il giardino dei cedri” per 13 anni e docente all’Università di Cassino. E’ membro del Gruppo di studio e ricerca sui DSA-BES, della SIAF e di Airipa Italia. E’ vice-presidente di Direttamente onlus con cui sostiene la scuola Hands of Love di Kariobangi a Nairobi per bambini provenienti da gravi situazioni di disagio sociale ed economico.
Giornalista professionista e scrittrice, ha lavorato nella redazione cultura e spettacoli dell’Unità per 12 anni e collaborato con numerose testate. Ha lavorato con l’Università di Roma “La Sapienza” all’archivio di Gerardo Guerrieri e pubblicato diversi libri tra cui Nuova scena italiana. Il teatro di fine millennio e Dove sta la frontiera. Dalle ambulanze di guerra agli scambi interculturali. Il suo ultimo libro è Le mani in movimento (2019) sulla necessità di risvegliarci alle nostre mani, elemento cardine della nostra evoluzione e strumento educativo incredibilmente efficace.
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