Decostruire gli spazi urbani per ripensare nuovi scenari

Implosione di Mathiue Pernot mostra la distruzione di un edificio durante alcuni interventi di rinnovamento urbano

Il fotografo francese Mathieu Pernot esordisce in Italia con la mostra fotografica Déconstruction, un racconto per immagini della trasformazione degli spazi urbani attraverso l’intreccio delle condizioni temporali. «Cosa spinge la società a fare tabula rasa, a cancellare le tracce del proprio passato?» si domanda Pernot. Con questo interrogativo l’artista intraprende un percorso di archeologia visuale urbana che parte dall’idea utopica delle periferie dei centri storici francesi, costruite tra gli anni Cinquanta e Settanta, e arriva al loro moderno declino.

 

il fotografo francese mathieu-pernot
Il fotografo francese Mathieu Pernot

 

La mostra fotografica, esposta al Palazzo delle Stelline (sede dell’Institut français Milano) dal 23 ottobre al 24 novembre 2018, si inserisce all’interno dei 32 incontri italo-francesi Cultivons notre jardin, organizzati dall’Ambasciata francese in Italia sulle tematiche del futuro del pianeta. Il ciclo di incontri si svolgerà per tre mesi (dal 6 settembre al 17 dicembre) e toccherà undici città, per riflettere insieme a 135 relatori francesi e italiani sui possibili modelli di sviluppo che tengano conto dell’interazione tra l’uomo e la natura. Dopo aver esposto nelle sedi e nei festival francesi più prestigiosi (la Galerie du Jeu de Paume, i Rencontres internationales de la photographie di Arles e il Musée de l’Immigration), Pernot porta in Italia l’opera Le grand ensemble, che conferma il suo impegno nello studio dei temi urbanistici e dei grandi complessi edilizi della banlieue.

 

 

L’esposizione riunisce due serie di fotografie dell’artista francese, accomunate dallo stesso soggetto: Implosione (otto opere in grande formato 100×130 cm che mostrano la distruzione di un edificio durante alcuni interventi di rinnovamento urbano) e Il migliore dei mondi (raccolta di cartoline antecedenti). Alle serie si affianca il suo ultimo lavoro, presentato per la prima volta in quest’occasione espositiva e realizzato con il collage di fotografie recenti sui disegni tecnici, tracciati da un architetto alla fine degli anni ’60, del quartiere Villeneuve di Grenoble.

«La foto dell’implosione è stato l’inizio di un lavoro di indagine. – spiega Pernot –  Mi sono domandato che cosa fosse successo per arrivare a distruggere».

Come chiarisce l’artista, tra gli anni Cinquanta e Settanta vennero costruiti dei quartieri di edilizia popolare nella periferia delle grandi città francesi: «Ho fatto un lavoro di indagine e ho scoperto che 50 anni prima quei luoghi erano stati immortalati da cartoline dai colori sgargianti e artificiali, quasi a voler evocare la bellezza utopica delle costruzioni».

 

 

Ma la costruzione di quei grandi complessi residenziali sembra quasi “un errore”, al quale rimediare con la distruzione. Pernot stesso sottolinea come l’implosione sia quasi «un modo per dire che con un solo pulsante si può distruggere tutto». Eppure, la forza e la ricchezza della mostra stessa è l’idea di voler lasciare traccia di quell’errore, come fanno le foto di Pernot. La mostra è un buon esercizio di riflessione: gli interrogativi sulla memoria storica sono uno strumento utile per leggere le realtà urbane in cui viviamo e per indagare il rapporto città-natura. Sebbene le variabili da considerare siano molteplici, forse vale la pena domandarsi: «Come cambieranno le nostre città?».

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M. Anastasia Chieruzzi
#lookingforward, mi ripeto sempre. L'entusiasmo e la voglia di imparare mi hanno sempre spinta ad andare oltre e ad impegnarmi in contesti diversi. Oggi lavoro in una grande Media Company a Milano e collaboro nel project management di attività di Corporate Citizenship. I miei interessi spaziano dalla comunicazione ambientale al Responsibile Business. La sostenibilità mi ha sempre interessato: ho collaborato per La Nuova Ecologia ed ho approfondito alcuni aspetti della comunicazione ambientale con entrambe le mie tesi di laurea, di cui una è diventata una pubblicazione accademica, indagando lo storytelling dei media generalisti in relazione alla catastrofe ambientale.

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