Il mestiere di scrivere musica. Intervista a Nicola Campogrande
La concretezza della composizione, il coraggio di una riflessione artistica sull’attualità, l’importanza di una narrazione accogliente per avvicinare alla musica, nelle parole di uno dei più importanti compositori italiani
«Avevo solo 13 anni, mentre gli altri allievi avevano già la barba, perché di solito al Conservatorio si frequenta il corso di composizione dopo aver studiato altri strumenti. Ma io ero un bimbetto con un’idea fissa e ora sono tra i fortunati che hanno visto in qualche modo un futuro realizzarsi. Non c’è più stato nessun giorno della mia vita nel quale io mi sia alzato con la curiosità o il dubbio che avrei potuto scegliere di fare altro».
Di quella vocazione così spiccata Nicola Campogrande, nato a Torino nel 1969, ha fatto un mestiere diventando uno dei compositori italiani oggi più importanti.
Più di 200 i brani nel suo repertorio, dove freschezza ed espressività si uniscono a una forte componente spettacolare. Tra i lavori sinfonici di maggior successo il “Concerto per pubblico e orchestra”, “R (Un ritratto per pianoforte e orchestra)”, le ventiquattro “Expo Variations”, “Urban gardens” per pianoforte e orchestra, la Sinfonia n. 1, la Sinfonia n. 2 “Un mondo nuovo”. Tra quelli cameristici “Nudo per pianoforte”, “Forme di felicità” per violino e pianoforte, i “Preludi a getto d’inchiostro” per chitarra. Tra le sue opere più apprezzate, “Opera italiana”, “#Folon”, “La notte di San Nicola”.
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Campogrande, che è anche direttore artistico del festival MITO SettembreMusica, è inoltre conduttore radiofonico, critico musicale, docente in Tecniche della narrazione alla Scuola Holden di Torino, autore di libri di successo come “Occhio alle orecchie. Come ascoltare musica classica e vivere felici”, alla sesta edizione per Ponte alle Grazie, “100 brani di musica classica da ascoltare una volta nella vita” (tre edizioni per BUR Rizzoli), “Capire la musica classica ragionando da compositori” (Ponte alle Grazie).
Maestro, come si diventa un compositore di musica classica?
A casa mia c’era un pianoforte, che posseggo tuttora. Era di mia nonna, che era maestra elementare e aveva studiato musica alle magistrali. Da piccolo mi incuriosiva tantissimo, così ho iniziato a studiarlo. A 12 anni, però, il mio insegnante convocò mio padre e, in mia presenza, disse che non c’erano dubbi che io fossi interessato alla musica, ma dal momento che mi inventavo qualunque scusa pur di non praticare la tecnica, suggerì che io studiassi altro, magari il violino, il clarinetto o facessi composizione. A quel punto, io che venivo da una famiglia di non musicisti trovai il coraggio di chiedere se, composizione, significasse scrivere musica. La risposta fu affermativa e per me si aprì un mondo. Un anno dopo, passavo l’esame di ammissione al Conservatorio di Torino dove, essendo il più piccolo, fui la mascotte per tutto il corso di studi.
Quando si parla di musica classica, la maggior parte delle persone mentalmente si colloca nel passato. Perché questo accade?
All’inizio del secolo scorso, nel 1918, Arnold Schönberg fondò a Vienna la sua Society for Private Musical Performances, un’associazione per esecuzioni musicali private. Era infatti scontento delle esecuzioni con cui veniva generalmente eseguita la sua musica e di quella altri compositori allora viventi. Con questo gesto creò però una riserva indiana, dove l’idea di protezione diventava consorteria e la musica si rifugiava in contesti troppo specifici. Il risultato è che si deteriorò il rapporto con il pubblico e quello che era l’ascoltatore medio si orientò sulla musica del passato. Così anche quando i compositori scrivevano musica gradevole all’ascolto, il marchio di contemporanei li rendeva irrimediabilmente ostici. Per questo, io non mi definisco contemporaneo: sono un compositore di musica classica e faccio il mestiere come lo faceva Mozart. Il mio modo di pensare la musica non è contro, bensì per il pubblico.
Cosa la ispira quando scrive?
Non scrivo perché ho voglia ma perché è il mio lavoro. Compongo perché ricevo delle commissioni. C’è quindi nel lavoro una concretezza estrema, che non è disdicevole, anzi è una cosa meravigliosa. Fatta questa premessa, amo il lavoro artigianale e sartoriale. Scrivendo su commissione, so già chi effettuerà la prima esecuzione e conoscere il suono, il timbro e i gesti dei primi musicisti che eseguiranno il mio brano è un primo dato di realtà che mi aiuta a costruire un perimetro intorno al foglio. Infatti, anche a 53 anni, quando si inizia a comporre il foglio è drammaticamente bianco, la musica non sgorga da sola, è un processo doloroso. Ma conoscere la dimensione dell’orchestra o i brani con cui sarà in programma per la prima volta, sono tutti elementi di ispirazione, per cui, sì, il foglio è bianco ma intorno ci sono tante cose. Come un bravo sarto cuce sempre uno splendido vestito indipendentemente dal corpo di chi lo indossa, chi compone deve avere lo stesso talento. E poi, io ho la convinzione che, per primo, mi debba divertire con il mio lavoro. Secondariamente, voglio offrire agli interpreti brani che possano sfruttare per esprimersi, mettere loro in mano qualcosa di buono da portare sul palco per offrire un brivido a chi ascolta.
Guarda il video dedicato al “Concerto per pubblico e orchestra”
Tra i suoi brani più amati c’è il “Concerto per pubblico e orchestra”, dove gli spettatori cantano e partecipano, in modo originale, alla musica. Come le è venuta l’idea?
In realtà, tutto questo esiste perché la Philharmonie mi commissionò, in occasione della prima festa della musica organizzata a Parigi, un lavoro che richiedesse la partecipazione concreta delle persone in sala. Mi dissero che secondo loro ero la persona giusta per farlo. Partendo dalla concretezza della commissione sono quindi arrivato per intuizione all’esito artistico, con il pubblico che diventa solista. In questo concerto le persone non solo cantano, ma suonano utilizzando come strumento la carta delle caramelle, che vengono scartate all’unisono. Quando mi arrivò lo scatolone da Pastiglie Leone di Torino, con diversi tipi di caramelle, mi divertii parecchio a provare tutte le diverse tipologie di suono che scaturivano da involti different».
Si ispira invece strettamente all’attualità la Sinfonia “Un mondo nuovo”, scritta nella prima metà del 2022 e dedicata all’Europa in tempi di guerra.
Come uomo e come musicista in questi tempi di guerra mi sentivo impotente. Avevo la percezione di non riuscire ad arginare, nella mia mente, il dramma che viviamo collettivamente. Fino a che non mi sono detto: un compositore ha la sensibilità e i mezzi per riflettere artisticamente su quanto sta accadendo, e ha il dovere morale di guardare avanti. È stato così che, lo scorso aprile, è nata l’idea di scrivere la mia Sinfonia n. 2: volevo provare a dare una risposta musicale all’angoscia che attraversa in questi mesi il nostro continente e che sembra mettere a rischio la civiltà millenaria che abbiamo prodotto, custodito e rinnovato per secoli. Mi è sembrato importante farlo subito, immediatamente, senza aspettare la riflessione, la sedimentazione, i tempi lunghi della Storia. Il che ha comportato una qualche dose di coraggio, forse persino di spavalderia. Ma, a confortarmi, c’è stata la consapevolezza, fin dal primo giorno, che non ero solo, perché “fratelli musicisti” da molti paesi del mondo (Spagna, Francia, Germania, Polonia, Lituania, Usa, Italia) hanno da subito condiviso lo spirito e il senso del progetto, sostenendomi e spingendomi a procedere. Così, nel volgere di un mese e mezzo, la partitura era finita.
Per far sì che la mia idea fosse chiara, evidente, ho chiesto al mio librettista Piero Bodrato di inventare un testo per l’ultimo movimento: desideravo che la voce di un mezzosoprano cantasse la nostra umanità, cantasse la bellezza, il respiro, la vita.
E lui ha scritto parole meravigliose, che celebrano il gesto stesso del cantare come attività umana, comune a ogni popolo, a ogni civiltà, e capace di far esistere anche ciò che sino a un istante prima non esisteva. Per questo abbiamo poi scelto l’espressione “Un mondo nuovo” da far comparire nel titolo della partitura: le nostre sono infatti parole di fiducia in un mondo oggi attraversato dalla paura, parole per un mondo nuovo, nel quale vogliamo pensare di vivere, un mondo che la musica, ancora una volta, ci promette.
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Lei dà grande importanza alla divulgazione. Pensa possa avvicinare concretamente alla musica classica?
Quella che metto a disposizione delle persone è la mia esperienza di ascoltatore, oltre che di compositore. Quello che mi dice chi legge i miei libri è che aumenta il livello di godimento e di passione quando si ascolta la musica. Perchè è vero che questa è a disposizione di tutti e non bisogna certo andare a scuola per ascoltarla, ma se se ne scoprono alcuni meccanismi la si apprezza di più.
Vale lo stesso approccio anche per il suo corso di musica per la scuola media “Prima la musica!”, edito nel 2022?
Me lo ha richiesto l’editore Lattes, che sapeva che ho questo gusto e questo piacere. In questo caso però ho lavorato su un apparato didattico molto specifico. Stanno iniziando ad arrivare i primi riscontri dagli insegnanti, che mi confortano, poiché trovano nel tipo di narrazione qualcosa di accogliente per i ragazzi. La musica, a scuola, ha tutti i numeri per essere la principessa e non la cenerentola tra le materie. Per esserlo ci vogliono insegnanti bravi, e lo sono quasi tutti, ma anche libri che consentano ai ragazzi di farla con passione e divertimento. Per questo, ho coinvolto duecento musicisti per realizzare le basi dal vivo. Il salto è evidente: chi non si lascia affascinare da un brano suonato dai professionisti dei Pomeriggi musicali o da un musicista come Rocco Tanica?
Cosa ascolta un compositore durante la giornata?
Quando non sono impegnato fuori studio scrivo, quindi dal mattino alla sera ascolto la mia musica. Mentre cucino mi piace invece sintonizzarmi su Adore Jazz su 1.FM. Quando invece sono in viaggio con la mia famiglia è il momento del pop italiano e straniero, che decidono i miei tre figli che, devo dire, hanno ottimi gusti.
E se dovesse consigliare un brano?
Domanda difficile. Ma visto l’arrivo della primavera, dico “I pini di Roma” di Ottorino Respighi. Da torinese che si è trasferito nella capitale da vent’anni, mi immagino Respighi, che era bolognese e venne chiamato a lavorarvi, giungere in città e provare lo stesso entusiasmo per la Roma antica, come per il suo calore e i suoi colori. Mettersi questo brano davanti alle orecchie è fare un viaggio nella capitale anche senza esservi. Una gioia della vita.
Saperenetwork è...
- Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.
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