La musica classica, i giovani, l’Europa. Colloquio con il maestro Igor Coretti Kuret
Ha creato e dirige un’orchestra giovanile multiculturale, la Esyo, vera e propria fucina di talenti. Il Maestro Igor Coretti Kuret, violinista e direttore d’orchestra di fama internazionale, ci racconta perché la musica classica è così importante per i giovani, e per il concetto stesso di Europa
Violinista e direttore di fama internazionale, apprezzato per la sua capacità di insegnare la musica e di comunicare efficacemente con i giovani musicisti, Coretti-Kuret ci racconta la straordinaria esperienza di Esyo.
Maestro, come nacque l’idea di una orchestra che raccogliesse giovani da tutta Europa?
Trova origine in un’esperienza personale. Da ragazzo, infatti, presi parte all’Orchestra Giovanile Italiana di Fiesole. Avevo 23 o 24 anni e ricordo che il primo progetto di concerto prevedeva la direzione del Maestro Riccardo Muti. Con i miei giovanissimi colleghi avevamo lavorato a lungo per preparare il programma, quel giorno eravamo molto emozionati per il suo arrivo e quando finalmente Muti ci raggiunse, ci salutò e ci spiazzò cominciando subito a dirigerci nello Jupiter di Mozart e nella prima Sinfonia di Schumann, la Primavera. Era come se fossimo tutti in trance, i passaggi che tanto ci avevano fatto faticare, vennero eseguiti senza problemi. Grazie al Maestro si creò una magia che è rimasta impressa nella mia memoria e che mi fece pensare che, se quella era la musica, io non volevo essere un solista, bensì dirigere l’orchestra. Negli anni successivi, proseguendo gli studi, anche all’estero, compresi che quella magia era in realtà dettata dal fatto che a eseguire il concerto era stata una orchestra giovanile. Ecco perché cominciai a pensare che fosse importante che quell’esperienza venisse provata in età più precoce. Nell’estate del 1989, mentre il muro di Berlino era ancora in piedi, organizzai la mia prima scuola per musicisti provenienti da diversi Paesi europei, che successivamente è diventata quella che era conosciuta come Cei Youth Orchestra e che infine è diventata la European Spirit of Youth Orchestra.
Come funziona in concreto questa orchestra sinfonica giovanile e multiculturale?
La Esyo mette insieme per un mese ragazzi dai 12 a 19. Sono stati più di 2.500 i giovani selezionati in questi anni. Per molti di loro è la prima volta fuori casa, è un’esperienza che apre loro il cervello. Si incontrano e nel giro di una decina di giorni creano un’orchestra, che se pure avrà vita breve, è affiatatissima e pronta ad affrontare concerti prestigiosi insieme a grandi artisti e musicisti. I ragazzi vivono insieme le difficoltà del percorso musicale, sono stimolati dalla musica a diventare una unità, un unicum. Diventano così amici e al contempo vivono una esperienza altamente professionale. Imparano che, nella vita dovranno ambire a cercare questo tipo di qualità, che si trova solo nell’Olimpo delle orchestre mondiali. Molti ex allievi sono diventati professionisti affermati in orchestre come la London Symphony o i Berliner Philharmoniker.
Nella scelta di fondare un’orchestra europea è stato influenzato dagli studi che lei stesso ha compiuto all’estero?
Certamente, perché culture diverse sono un valore aggiunto. Ricordo che un professore della Germania Est mi sentì suonare Mozart al violino e mi disse stupito che non lo suonavo come avrebbe fatto un’italiano. Io gli spiegai che ero cresciuto a Trieste, una città di confine. E lui commentò che non ero il miglior solista che aveva ascoltato fino ad allora, ma che quella era stata senz’altro la migliore esecuzione di Mozart che avesse sentito. Il mio humus culturale era infatti lo stesso del grande compositore viennese e, mentre suonavo, si percepiva. Le diversità culturali influiscono sulla formazione personale e questo si riflette nell’orchestra. Chiamandola European Spirit of Youth Orchestra, abbiamo voluto mettere in evidenza lo scopo stesso del progetto, la cui importanza è stata anche testimoniata dal supporto economico della Commissione per la Cultura e l’Istruzione dell’Unione Europea. La Esyo è infatti un importante strumento di diffusione degli ideali europei di cooperazione e contribuisce a costruire un futuro migliore sostenendo musicisti giovani e di talento che provengono da vari Paesi. Quando suonano, esibiscono in realtà, davanti a un grande pubblico, lo spirito di cooperazione europeo nella sua espressione più alta, grazie alla loro doti di eccellenza, creatività, ottimismo, orientamento al futuro e alla totale valorizzazione dell’eredità musicale comune.
Lei quando si è avvicinato per la prima volta al violino?
Avevo sei anni. Mio fratello maggiore suonava già il piano e fu una decisione d’ufficio familiare. Ma per la musica, da qualsiasi parte la si approcci, poi si accende la fiamma. In una orchestra sinfonica, d’altra parte, ogni strumento porta in dote la sua diversità, ma è solo mettendoli insieme che si raggiunge l’armonia.
Lei ha sempre avuto un grande amore per l’insegnamento…
Sì, anche se dico sempre ai ragazzi che il loro vero maestro è il compositore, perché è suo il lavoro che deve essere studiato e compreso. Ogni partitura va scoperta. Inoltre, penso che entrare in una orchestra per fare musica sia per i ragazzi una scuola di responsabilità e di democrazia uniche: occorre dare il massimo per contribuire al successo dell’insieme e si acquisisce la consapevolezza che, se non si fa la propria parte, si può essere sostituiti. Diamo molta importanza in orchestra al fatto che i ragazzi, al termine delle lezioni, riordinino il palcoscenico, spengano le luci… I ragazzi devono imparare responsabilità e disciplina. Libertà fa sempre rima con responsabilità ed è importante lo capiscano da subito.
Guarda la performance della Esyo-European Spirit of Youth Orchestra
Cosa può trovare un ragazzo di oggi in una musica che è stata scritta secoli fa?
Se la musica classica è un capolavoro, resta sempre viva e attuale, in qualsiasi momento la si esegua e la si ascolti. Quello che veramente va fatto con i ragazzi, è insegnare loro a capirla. Un brano come la Sinfonia n. 2 di Sibelius racconta l’invasione russa della Finlandia, per questo la musica trasuda disperazione, per poi trasmettere volontà di riscatto. O ancora, I Pini della Via Appia di Ottorino Respighi descrive una legione romana marciare sotto il sole. Io cerco di trasmetterne il messaggio ai giovani musicisti dell’Esyo e chiedo loro di diventare essi stessi ciò che la musica racconta: la gente, attraverso di loro, deve percepire la fatica, il sudore, il peso delle armi. E i ragazzi sono davvero capaci di trasformare in suono una visualizzazione. La musica classica quindi non è mai lontana, semplicemente deve essere avvicinata nel modo giusto.
Come avete affrontato il lockdown?
Siamo stati costretti ad annullare tutto, ma stiamo cominciando a varare nuovi progetti. Ad esempio, abbiamo in programma un concerto per il quale arriveranno ragazzi da diversi Paesi, con tutte le conseguenze che questo comporta dal punto di vista sanitario. Abbiamo dovuto fare i salti mortali, ma io ritengo che ogni problema sia una sfida. Per questo ora stiamo lavorando su un progetto orchestrale di formazione a distanza: la storia ci insegna che una situazione come quella che abbiamo vissuto potrebbe ripetersi. Ci faremo quindi trovare preparati per fare musica insieme.
Saperenetwork è...
- Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.
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