Il silenzio intorno alla strage dei pini di Roma
In alcune zone della capitale, come nella tenuta di Castelporziano e lungo tutta la via Colombo verso Ostia, lo spettacolo di centinaia di alberi uccisi dalla cocciniglia tartaruga. Un racconto pittorico e fotografico
La scena è orribile: centinaia e centinaia di alberi secolari morti stecchiti accanto all’ingresso della tenuta del Presidente della Repubblica di Castelporziano. Gli alberi sono della specie Pinus pinea, il meraviglioso pino da pinoli, patrimonio della cultura e del paesaggio di Roma e di molte altre città mediterranee. Ma è devastante anche il silenzio intorno a un fatto così tragico per la natura e per la vita di tutti noi, privati da quel gas che ci salva la vita e che questi alberi da vivi producono gratuitamente trasformando l’anidride carbonica, CO2 in O2: ossigeno.
Silenzio allora. Nessuno ne parla, e questo impatto, arrivando dall’Eur verso Ostia, sulla via Cristoforo Colombo, fa male al cuore. Senza dire che la stessa scena la si può “ammirare” sulla parte destra della Colombo dove è posizionato un Camping sepolto da una massa di pini morti.
Responsabile di questa devastazione è la cocciniglia tartaruga del pino, scientificamente Toumejella parvicornis, arrivata a noi dal Nordamerica (Usa, Canada e Messico, dove ha ucciso milioni di conifere) già a fine 2010.
Ne avevamo parlato anni fa su Saperambiente, per i danni che questo insettino stava provocando nelle ville, nei giardini e nei viali di Roma dove ogni giorno ne veniva tagliato uno morto tra lo stupore e la rabbia dei cittadini, quelli che hanno a cuore la salute e insieme la bellezza della città.
Ma torniamo a Castelporziano. La tenuta supera i 6mila ettari e racchiude gli ultimi lembi di quella Silva Laurentina che, con milioni di secolari querce da sughero, si estendeva in età romana fin quasi al promontorio del Circeo. Patrimonio faunistico di eccellenza con cervi, daini, caprioli, cinghiali (quelli autoctoni della maremma toscana) e una vasta presenza di uccelli migratori di tutto rilievo.
Ho parlato del disastro ambientale con un grande fotografo, Renato Cerisola, autore di tutte le fotografie di una prezioso volume che uscì a Natale del 2002 dal titolo “Il colore di un’emozione, la Tenuta Presidenziale di Castelporziano, tre millenni di uno scrigno ambientale unico al mondo”. Appunto: uno scrigno ambientale. Ho visto il libro e ho deciso di scrivere al Presidente Mattarella. Una email di quelle che tutti i cittadini della Repubblica possono inviare al Capo dello Stato.
Ho scritto spiegando lo sgomento per quello che avevo visto, mi ero permesso anche di specificare l’insetto autore della strage e avevo concluso con la paura che un incendio, visto il caldo e la siccità, avrebbe potuto far diventare cenere la Tenuta. Alla email automaticamente è arrivata la risposta che la classificava. Certo avevo scritto come semplice cittadino preoccupato non come uno dei fondatori del WWF, non come giornalista direttore di Greenpeace News.
Poi è successo che Renato Cerisola mi ha fatto sapere che tutti o quasi i pini della Tenuta sono morti o stanno per.
Bastava andare in giro in macchina lungo il perimetro di Castelporziano, fino e oltre Pratica di Mare. Così abbiamo fatto. Ed è stato come costeggiare un cimitero della Natura, abbandonato, sembrerebbe, a sé stesso.
Saperenetwork è...
- Giornalista professionista dal 1970, ha lavorato alla redazione romana de "Il Resto del Carlino" dal 1968 al 1972 (nel 1972 da New York), dal 1973 alla redazione romana de "La Stampa" fino al 1978 e alla redazione romana di "Panorama" dal novembre 1978 fino al 2002. All'inizio della sua attività si è interessato soprattutto di attualità, cronaca nera e giudiziaria. Dopo aver seguito inchieste giudiziarie, scandali politici e trame eversive (fino al rapimento e all'uccisione di Aldo Moro) ha riversato il suo interesse, negli ultimi vent'anni di attività, per lo più sulle tematiche legate alla cultura, all'ambiente e alla protezione della natura. Per la casa editrice Iperborea ha scritto le introduzioni dei primi cinque libri di Arto Paasilinna pubblicati in Italia. A partire dalla metà degli anni ottanta ha prodotto e diretto, insieme a Riccardo Truffarelli (gruppo 6 aprile, Perugia) numerosi documentari in Amazzonia, Costa Rica, Norvegia, Finlandia, Inghilterra, Italia per i programmi culturali della Rai3, tra cui Geo, Geo&Geo, il Viaggiatore. Ha diretto 6 speciali, tra il 2004 e il 2007, per la trasmissione Stella del Sud (Rai 1) in Etiopia, Tanzania, Amazzonia, Groenlandia, Norvegia, Mauritania. Dipinge da oltre 50 anni. La ricerca pittorica, olio su tela e acquerello su carta, spazia tra l'astrattismo naturalistico e il verismo che si rifà alla wildlife art anglosassone: dipingere dal vero animali e ambienti. Ha esposto ed espone in mostre collettive e personali in Italia e all'estero. È socio onorario dell'Aipan (associazione italiana per l'arte naturalistica) ed è tra i fondatori del progetto Ars et Natura, insieme ad un gruppo di artisti fra cui Concetta Flore, Federico Gemma, Graziano Ottaviani e Marco Preziosi, Stefano maugeri e Ale Troisi. Coinvolto da sempre nella protezione e nella conservazione della natura è stato tra i soci fondatori del Wwf Italia, consigliere nazionale della stessa associazione, nel 2002, ma anche, nei primi anni ottanta, di Legambiente e Lipu. È direttore responsabile di Greenpeace News. È stato insignito dal Presidente della Repubblica finlandese, signora Tarja Halonen, dell'ordine di Cavaliere della Rosa Bianca di Finlandia. Vive tra Roma e Kuusamo, Finlandia del Nordest.
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