La delegazione italiana a Rafah: “A Gaza lo scenario è apocalittico”

La delegazione italiana composta da 50 tra parlamentari, membri di Ong, associazioni e giornalisti al valico di Rafah (Foto: www.arci.it)

La delegazione italiana a Rafah: “A Gaza lo scenario è apocalittico”

È arrivata al valico alla frontiera tra l’Egitto e la Striscia di Gaza la delegazione italiana organizzata da Aoi, Arci e Assopace Palestina e composta da 50 tra parlamentari, associazioni, Ong, accademici e giornalisti. Pubblichiamo l’appello alla presidente del consiglio Meloni

È arrivata al valico di Rafah, alla frontiera tra l’Egitto e la Striscia di Gaza la delegazione italiana organizzata da AOI, in collaborazione con ARCI e Assopace Palestina e composta da 50 persone tra parlamentari, associazioni, ONG, accademici e giornalisti. La testimonianza in prima persona di Walter Massa, presidente dell’Arci, parla di «(…)file interminabili di Tir fermi con aiuti provenienti da tutto il mondo; due parcheggi principali, uno con 800 e l’altro con oltre 1.000 Tir, per non parlare di quelli parcheggiati lungo la strada. Sotto il sole cocente con ogni tipo di materiale, alimentare e non». In uno dei passaggi della lettera congiunta alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, inviata dalla delegazione di operatori di AOI, Arci e Assopace e di parlamentari di ritorno dal valico di Rafah, si legge: «L’obiettivo della missione è quello di ribadire direttamente dalla frontiera più esposta del conflitto la necessità di un immediato cessate il fuoco, chiedere la liberazione degli ostaggi, seguire il percorso dei convogli umanitari, compresi quelli dell’AOI – cooperazione e solidarietà internazionale diretti nella Striscia, ed esprimere la nostra vicinanza al popolo palestinese che vive la prova più difficile dal 1948».

Un quadro apocalittico

«Nei giorni che hanno preceduto il nostro arrivo alla frontiera – prosegue la lettera – al Cairo abbiamo incontrato organizzazioni palestinesi di Gaza per la difesa dei diritti umani: tutte ci hanno descritto ‘un quadro apocalittico’. L’assedio israeliano alla Striscia sta causando una catastrofe umanitaria senza precedenti, con Gaza Nord completamente isolata rispetto al resto del territorio. Al sud, nella città di Rafah, dove prima abitavano circa 280 mila persone adesso ne sono stipate 1,6 milioni, esposti alle intemperie, con cibo e acqua razionati. Un bagno ogni 600 persone, quando lo standard nelle emergenze è un bagno ogni 20. La negazione della dignità umana e dei più basilari diritti fondamentali, a Gaza, è anche questo».

Cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi

«Presidente Meloni – si legge ancora nella lettera congiunta di AOI, Arci, Assopace e parlamentari – da qui, a poca distanza dall’orrore, Le chiediamo di programmare quanto prima una visita a Rafah – come ha già fatto all’inizio della crisi in Israele e Palestina – così da constatare direttamente la gravità della situazione. Le chiediamo anche di dare seguito all’indirizzo recentemente dato dal Parlamento all’Esecutivo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Affinché tali impegni si traducano in azioni concrete, le chiediamo di adoperarsi per garantire che l’azione e il voto del nostro Paese negli organismi internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite siano coerenti con le indicazioni del Parlamento.

Tutti i nostri interlocutori ce lo hanno più volte ripetuto: il cessate il fuoco è la priorità assoluta, la precondizione per un’adeguata risposta ai bisogni sempre più urgenti della popolazione.

Aumentare il flusso degli aiuti

«È indispensabile poi aumentare il flusso degli aiuti, sostenere e implementare lo strumento dei corridoi umanitari e che le agenzie umanitarie abbiano la garanzia di un accesso incondizionato in ogni parte della Striscia. Al valico di Rafah, mentre Le stiamo scrivendo, oltre 1500 camion sono bloccati e in attesa di entrare».

«In questo contesto – si legge ancora nella lettera – è fondamentale sostenere chi da sempre opera nella Striscia: l’UNRWA, spina dorsale del sistema umanitario a Gaza, insostituibile non solo a Gaza e in Cisgiordania, ma anche negli altri paesi dove opera a sostegno dei 5,7 milioni di rifugiati palestinesi: Giordania, Libano e Siria. Definanziare l’UNRWA e minarne l’operatività significherebbe creare ulteriore instabilità nell’intera Regione, un rischio che non possiamo certo correre».

«Chiediamo infine – conclude la lettera alla Presidente del Consiglio – che il governo italiano voglia rispettare e dare seguito alle decisioni, già assunte e future, della Corte Internazionale di Giustizia e di ogni altro organo giurisdizionale internazionale».

 

 

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