Perù, è marea nera dopo lo tsunami. Il movimento Laudato si’: «Uscire dal petrolio»
Seimila barili di petrolio sversati nell’Oceano Pacifico, a Lima, come conseguenza dell’eruzione a Tonga. Il presidente Castillo: «È il più grande ecocidio mai accaduto in Perù». Dichiarata l’emergenza ambientale
Seimila barili di petrolio sversati nell’Oceano Pacifico, a Lima. La stima è del ministero dell’ambiente peruviano, che ha chiesto aiuto alla comunità internazionale per gestire il disastro.
Lo sversamento è stato causato dalle onde dello tsunami originato dall’eruzione del vulcano Tonga. Le onde hanno colpito le operazioni di scarico del greggio di una petroliera presso la raffineria gestita dalla compagnia petrolifera spagnola Repsol.
Dal ministero della salute peruviano, già lo scorso giovedì arrivava l’allerta che 21 spiagge erano «a rischio serio per la salute» e il sollecito per le autorità locali ad impedirvi l’accesso. C’è inoltre preoccupazione per la popolazione locale che vive di pesca, si teme anche che il petrolio risalga le coste verso nord spinto dalla corrente di Humboldt.
Il presidente Pedro Castillo ha detto che il paese sta affrontando il più grande ecocidio che abbia mai interessato le coste del Perù, parlando di sanzioni amministrative, civili e penali in arrivo per i responsabili. Il ministero dell’ambiente ha accusato la Repsol di non aver avvisato in tempo le autorità e di aver sottostimato la gravità dello sversamento. Nel frattempo, il governo ha dichiarato l’emergenza ambientale per tre mesi.
«Quali sono gli standard ambientali di queste attività? Quali i mezzi di prevenzione? Bisogna andare alle cause, non solo agli effetti». Una delle animatrici del Movimento Laudato Si’ in Perù, Rocío Valdeavellano, intervistata sull’evento da Agensir, ha commentato così il disastro in corso al largo di Lima.
Valdeavellano ha ricordato anche le notizie in arrivo sulla rottura di un oleodotto nel dipartimento amazzonico di Loreto (nord del Perù). «Mi pare che si tratti di una sberla, di una sveglia, per farci capire che è il momento di non investire più sul petrolio e sulle fonti fossili» – ha dichiarato l’attivista ambientale.
«Il Perù è uno dei Paesi più danneggiati dal cambiamento climatico. Dobbiamo riflettere non solo e non tanto sulle emissioni, che in Perù impattano solo per lo 0,3% a livello mondiale, ma sul dramma della deforestazione, che dipende anche dalle continue attività estrattive di petrolio e minerali».
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