Università, arriva un modello di valutazione dell’Impatto sociale degli Atenei
Il nuovo metodo di valutazione dell’impatto sociale delle Università utilizzato dall’Anvur, realizzato con il Forum Disuguaglianze e Diversità, va oltre il numero di brevetti e la conseguente “privatizzazione della conoscenza” e aggiunge campi determinanti per la lotta alle disuguaglianze
Sono ben 676 i casi proposti da Atenei ed Enti Pubblici di Ricerca per essere valutati dall’Anvur nell’ambito della “terza missione”, ovvero rispetto al loro impatto sociale. La novità di quest’anno è la metodologia: dieci aree di impatto incluse nella valutazione, alcune pre-esistenti, altre incluse grazie al processo innescato dal lavoro congiunto del Forum Disuguaglianze e Diversità con un gruppo di Atenei, a partire da una delle proposte contenute nel Rapporto 15 proposte per la giustizia sociale.
Guarda il video della presentazione del modello di valutazione
Durante la recente presentazione organizzata a Roma lo scorso 7 luglio dal Cnel insieme al ForumDD con il patrocinio di Anvur, Patrizia Luongo economista del Forum Disuguaglianze e Diversità, ha ricordato che la proposta del ForumDD, partiva
«dalla convinzione che l’impatto sociale delle Università andasse valorizzato e che questo potesse avvenire solo utilizzando un diverso metodo di valutazione».
Questo lavoro è poi confluito all’interno di un gruppo di lavoro del Ministero dell’Università e della Ricerca che, prima di terminare le sue attività, ha contribuito a modificare il metodo della Valutazione della Qualità della Ricerca 2015-2019 effettuata dall’Anvur. «Emerge come l’Università sia profondamente cambiata in questo inizio del nuovo millennio», ha commentato il Presidente dell’Anvur Antonio Uricchio. «La valutazione della terza missione è una cosa nuova che vede l’Anvur in una funzione di apripista, non solo per attenzione e sensibilità, ma anche perché il gruppo di lavoro interno ed esterno all’Agenzia, ha consentito di mettere a fuoco questa esperienza. Siamo consapevoli che proprio l’esperienza maturata ci consentirà di far evolvere il modello. Vogliamo dare valore ai valori», ha concluso, richiamando proprio i valori dell’inclusione e della promozione sociale come «quelli portanti su cui costruire elementi valutativi condivisi e consolidati».
La novità introdotta dall’Anvur lega la valutazione non più a ciò che le Università e gli enti pubblici di ricerca (Epr) sono in grado di produrre per il mercato, ma al loro ruolo come promotori di giustizia sociale e ambientale, dando loro la possibilità di raccontare e far valutare il loro impegno sociale.
«In questo esercizio avevamo quasi 700 casi da analizzare, forse nel prossimo bisognerà aumentare il numero dei casi da presentare, in base alla dimensione dell’Ateneo. Alcune università hanno iniziato ad elaborare un’analisi. Interessante capire quali sono state le narrazioni che le Università hanno utilizzato per presentare i casi studio e la scelta degli indicatori per mettere in luce il proprio lavoro nel migliore dei modi, soprattutto sui nuovi campi di azione», ha commentato il Professore Sauro Longhi, direttore del Gev Terza Missione dell’Anvur, intervenuto per presentare i risultati del lavoro insieme alla dottoressa Brigida Blasi e alla dottoressa Sandra Romagnosi.
Il Professor Longhi ha anche richiamato l’attenzione sulla necessità di trovare un termine diverso da “terza missione” per indicare l’impatto sociale delle Università, trovando consenso attorno a questa proposta.
All’incontro hanno partecipato anche rappresentanti di istituzioni pubbliche, imprese, organizzazioni sociali: Gaetano Fulvio Esposito, direttore generale del Centro studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”, Antonio Naddeo (presidente dell’Aran), Raffaele Trapasso (Ocse), Pietro Hiram Guzzi (sindaco di Miglierina e rappresentante dell’Anci), e Susanna Marietti, Associazione Antigone che ha commentato il nuovo modo di analisi dell’impatto sociale come
«un metodo di valutazione che ci dà finalmente esistenza», riconoscendo il ruolo fondamentale dell’Università come luogo di produzione di cultura, necessaria a un cambiamento sociale che duri nel tempo.
«Capita di rado che un processo valutativo provochi una discussione così interessante. Il risultato più straordinario di questa indagine è che due terzi dei casi sono stati presentati su campi che non avrebbero avuto la possibilità di essere valutati tre anni fa. Segnala un impegno pubblico economico, sociale e culturale delle Università», ha commentato Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità.
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