Se è vero, come recita il proverbio africano, che per crescere un bambino ci vuole un villaggio, genitori non si nasce, si diventa. A poco a poco. A prezzo di una fatica interiore e fisica che non ha uguali. Ne abbiamo fatto esperienza durante il lockdown che, insieme a mille contraddizioni, ha esasperato il fregolismo della genitorialità da XXI secolo, con le mamme e i papà (soprassediamo per brevità sulle percentuali di genere del coinvolgimento parentale) costretti a vestire i panni degli insegnanti, del maestro di musica e di nuoto, del professore di ripetizioni, del gruppo scout e dei nonni, della babysitter e degli amichetti. E non è finita qui…
Sentiero senza fine
Il brutto e il bello del diventare genitori è che con quel primo gesto ci si avvia lungo un sentiero che non ha altra meta che il sentiero stesso: non si arriva mai… E non si credano esentati coloro che di figli, adottivi o biologico, non ne hanno.
La genitorialità è uno stadio della crescita e della funzione umana che prescinde dalla messa al mondo reale di un bambino. È un “prendersi cura di”, un desiderio generante connaturato all’essere umano. Uno spazio mentale, relazionale, rappresentativo, creativo, culturale che risiede in ognuno di noi.
Ha a che fare con i nostri legami affettivi passati, con la coincidenza biografica con il proprio destino e gli infiniti fili che tessono il nostro essere individui e dunque si manifesta in tutto ciò a cui “diamo vita”: un ideale, un progetto, un rapporto, un’associazione… Certamente, e in primis, anche un figlio, una figlia. L’importante è sapere che il nostro atteggiamento di fondo sarà identico. Saremo sempre noi, protettivi, concilianti, inaffidabili, normativi, insicuri e via dicendo, in qualunque atto generativo, riflessi in ogni esperienza come dentro un caleidoscopio.
Gocare sul serio
Genitorialità è il gioco serio e perennemente dinamico attraverso cui impariamo a prenderci cura dei bisogni dei nostri figli nelle varie tappe della loro crescita. E se Schiller diceva che «L’uomo è pienamente tale solo quando gioca» è perché lì siamo capaci di libertà e concentrazione, di regole, fantasia, apprendimento. Quante volte è veramente così? Diventiamo genitori in una trasformazione continua di relazioni intessute di tempo, domande e reciprocità che fanno crescere il figlio mentre cresce il genitore. Un processo in cui l’aratura, la semina e le radici avranno ripercussioni sul tronco e sulla chioma, ma anche sulla terra.
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Per questo ci vuole – ci vorrebbe – un villaggio dove in co-presenza il bambino da crescere trova l’entusiasmo ansioso del neo-papà e il pragmatismo rassicurante dell’educatore anziano, la “zia” paziente che canta le ninne nanne e il coetaneo con cui correre e saltare. E oggi, invece, i genitori sono sempre più soli. Ci siamo appena passati, lo abbiamo sperimentato sulla pelle nostra e dei nostri figli: in Italia il cordone ombelicale tra grembo materno e grembo sociale è tagliato da decenni e il virus ha evidenziato anche questa emergenza.
Fuori dal grembo
Isolate e poco permeabili, tiranneggiate dal consumismo più famelico, le famiglie italiane rampollano nell’occhio del ciclone di una società dai ritmi frenetici e disumanizzati e fanno quello che possono. Famiglie sempre meno numerose, una su dieci monoparentale, una su tre con un solo figlio, spesso desiderato a lungo.
Ma se genitori si diventa, come si impara? Chi ci insegna? Dove sono i maestri, le scuole?
Che fare quando siamo smarriti e persi, quando nel nostro amatissimo bambino non c’è traccia alcuna delle minuziose descrizioni dei manuali di pedagogia? Quando niente funziona e lo sconforto sale da dentro, togliendo forze, autostima, coraggio? Quando l’apprezzata professionista non vede altro nello specchio che le occhiaie della madre incapace? Si educa sempre, nella parola e nel silenzio. Non esistono comportamenti educativi neutri o privi di conseguenze e questo è tanto più vero oggi in cui l’aspetto educativo è andato perduto, l’autorità è entrata in crisi e i genitori, stressati dalle troppe responsabilità, finiscono per sottrarsi a quella basilare dell’esempio, della guida.
Il potere degli argini
Il bambino è una sorgente, un torrentello: ha bisogno di argini per diventare fiume. Ogni volta che esonda è perché abbiamo demandato a lui il ruolo genitoriale di sostegno e contenimento che ci era troppo faticoso. Il bambino piccolo a cui chiediamo cosa vuole mangiare e indossare o quale cartone vuole vedere, viene contemporaneamente detronizzato e incoronato. Tirato giù dal trono di chi, perché bambino, impara per imitazione e dunque ci conta, sul rispetto dei ruoli e sulla presenza di un modello a cui guardare con lo sguardo traboccante di fiducia. E incoronato sull’altare del “piccolo messia” da assecondare in tutti i modi.
I bambini di oggi sono autonomi, intelligenti, precocemente coltissimi, capaci di prestazioni relazionali quasi adulte. Non per questo non necessitano di figure genitoriali autorevoli e contenitive.
Trattandoli “alla pari” rischiamo di allevare una futura generazione di adolescenti-Narciso terribilmente fragili e intolleranti alla minima frustrazione perché «alle prese con una struttura mentale che chiede moltissimo, di bisogni di rappresentazioni ideali del sé e dei propri compiti a cui si sentono in dovere di essere all’altezza, un insieme di aspettative coniugate col ricordo dei memorabili successi ottenuti da bambini» (Gustavo Pietropolli Charmet, “Fragile e spavaldo. Ritratto dell’adolescente di oggi”, Laterza, 2010).
Guarda l’intervista a Gustavo Pietropolli Charmet al Festival della mente
Educare e autoeducare
Educare è un’arte per tutti, non certo esclusi i genitori. Educare mette in crisi, sempre. È il primo passo del cammino. È così che si comincia. Accettando l’idea che il maestro è quell’esserino urlante e bisognoso, profondamente a disagio in un corpo maldestro che non conosce e non obbedisce, così dolorosamente piccolo rispetto alla grandezza cosmica del suo spirito. Colmandoci di gratitudine proprio perché metterà il sale dove le ferite bruciano, dove dobbiamo lavorare per stemperare o fortificare. «Chi sei tu?» dovrebbe essere la domanda che vive nei genitori, una sorta di meraviglia di fondo, gravida di rispetto e di stupore.
Meraviglia anche per noi stessi, i genitori, imperfetti per definizione, disposti a sovvertire il presente dato in nome di un futuro incerto.
Aperti al primo necessario ingrediente di ogni ricetta educativa: non c’è educazione senza autoeducazione.
Solo così ogni passo sarà importante, ogni inciampo, ogni caduta, ogni stella tra le nubi lungo la via.
Saperenetwork è...
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Stefania Chinzari è pedagogista clinica a indirizzo antroposofico, counselor dell’età evolutiva e tutor dell’apprendimento. Si occupa di pedagogia dal 2000, dopo che la nascita dei suoi due figli ha messo in crisi molte certezze professionali e educative. Lavora a Roma con l’associazione Semi di Futuro per creare luoghi in cui ogni individuo, bambino, adolescente o adulto, possa trovare l’ambiente adatto a far “fiorire” i propri talenti.
Svolge attività di formazione in tutta Italia sui temi delle difficoltà evolutive e di apprendimento, della genitorialità consapevole, dell’eco-pedagogia e dell’autoeducazione. E’ stata maestra di classe nella scuola steineriana “Il giardino dei cedri” per 13 anni e docente all’Università di Cassino. E’ membro del Gruppo di studio e ricerca sui DSA-BES, della SIAF e di Airipa Italia. E’ vice-presidente di Direttamente onlus con cui sostiene la scuola Hands of Love di Kariobangi a Nairobi per bambini provenienti da gravi situazioni di disagio sociale ed economico.
Giornalista professionista e scrittrice, ha lavorato nella redazione cultura e spettacoli dell’Unità per 12 anni e collaborato con numerose testate. Ha lavorato con l’Università di Roma “La Sapienza” all’archivio di Gerardo Guerrieri e pubblicato diversi libri tra cui Nuova scena italiana. Il teatro di fine millennio e Dove sta la frontiera. Dalle ambulanze di guerra agli scambi interculturali. Il suo ultimo libro è Le mani in movimento (2019) sulla necessità di risvegliarci alle nostre mani, elemento cardine della nostra evoluzione e strumento educativo incredibilmente efficace.
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