Emmi Pikler, il tempo ritrovato
Inauguriamo una nuova serie dedicata alle grandi pedagogiste e ai grandi pedagogisti che hanno rivoluzionato le teorie educative degli ultimi secoli. Iniziamo con Emmi Pikler, medica e pedagogista, che ha innovato il concetto e la pratica di cura dell’infanzia
Nel 1940, più di ottant’anni fa (!), Emmi Pikler intitolava il suo libro Datemi tempo. Sottotitolo Lo sviluppo autonomo nei movimenti nei primi anni di vita del bambino, ancora oggi tradotto e pubblicato in tutto il mondo.
Il tema del tempo rubato ai bambini, della fretta competitiva che tritura e umilia lo sforzo naturale del bambino nelle tappe del suo sviluppo fu una delle grandi intuizioni di questa donna straordinaria, una delle grandi figure che hanno caratterizzato il Novecento come il secolo (anche stavolta breve) della scoperta dell’essere del bambino e della pedagogia.
Ancora oggi, più che mai oggi, nel festeggiare il 120esimo anniversario della nascita di Pikler, la vogliamo ricordare per il contributo fondamentale che ha apportato alla conoscenza del neonato, e magari farla conoscere al pubblico italiano dei non addetti ai lavori, abituato a sentir parlare sempre e solo di un’altra immensa pedagogista, Maria Montessori.
Ai bambini che resistono
È probabile che Pikler, la quale visse nel 1931 pure a Trieste, fosse venuta in contatto con le teorie della nostra educatrice più famosa, ma in questo omaggio vogliamo rendere merito al suo sguardo unico e visionario, confermato dagli studi di neuroscienza più recenti e prestigiosi, e ai suggerimenti essenziali che nei suoi libri e nelle scuole a lei ispirate possono ricavare tutti i genitori di buona volontà.
Perché i bambini e i ragazzini, in questo anno tre di pandemia, sono in una sofferenza tanto diffusa quanto negata: scuola a singhiozzo e professori che non sanno più come gridare il loro allarme, reparti di psichiatria che esplodono, un’Italia spezzata in due per povertà e servizi e un Pnrr che ancora una volta trascura l’essenziale.
A loro, ai “bambini che resistono” l’Espresso ha dedicato la copertina e lo speciale del numero di fine anno.
Guarda il video della conferenza “Emmi Pikler: a true visionary”
Emmi Pikler tutta la vita
Nata a Vienna il 9 gennaio 1902, figlia di un artigiano e di una maestra d’asilo che morì quando Emmi era appena dodicenne, si laurea in medicina nel 1927 e studia pediatria presso la Clinica universitaria viennese diretta da Clemens von Pirquet e dal chirurgo infantile Salzer, già noti per il rispetto dei naturali processi di crescita e di guarigione e un utilizzo dei farmaci ai casi strettamente necessari.
Pikler si forma in una pratica medica che seguiva un approccio olistico alla persona molti anni prima che questa parola divenisse di moda ed è qui si fonda il nucleo del suo agire: riconoscere e rispettare l’individualità di ogni bambino.
«Abbiamo nella corteccia pre-frontale un’area del cervello “magica”», ha affermato la neuropsicologa Natasha Khazanov durante un convegno dedicato a Pikler.
«La magia è l’immaginazione che rende possibile l’impossibile e nel cervello si crea nella stessa area in cui si fissano le esperienze buone o cattive che facciamo nei primi mesi di vita. Ciò che accade nella primissima infanzia non resta confinato a quel tempo. Diventa il nostro nucleo più intimo, più vero, nell’interiorizzazione della relazione di chi si è preso cura di noi. Per questo il tema del rispetto è così fondamentale».
Neuroscienze e osservazioni quotidiane
«Cercare di insegnare a un bambino qualcosa che può imparare da solo non è soltanto inutile. È dannoso», scrive e predica Pikler dopo aver osservato per dieci anni nel suo studio a Budapest dove si è trasferita con il marito György, educatore e matematico, che i bambini delle famiglie meno abbienti, quelli che hanno la possibilità di scorrazzare e giocare liberamente sono più svegli, più competenti dal punto di vita fisico, cadono senza farsi troppo male e guariscono più in fretta rispetto ai piccoli iper-protetti dalle governanti e dagli obblighi sociali. Ma i bambini di tutte le classi sociali, annota, sono continuamente stimolati e aiutati dagli adulti mentre imparano a sedersi, a mettersi in piedi, a camminare.
«Cosa comunica questo al bambino? Che quel che sta facendo non è abbastanza ben fatto? Che non è ancora in grado di farlo?».
L’Istituto Lòczy
Da queste domande nascono gli approfondimenti tra il movimento spontaneo e la crescita sana che portano alle parole chiave della rivoluzione Pikler: uno studio sullo sviluppo motorio e mentale che ancora oggi è una pietra miliare per chiunque si dedichi all’infanzia; l’importanza vitale del gioco come parte integrante della crescita; la straordinaria incidenza della relazione e della cura da parte degli educatori.
Nel 1946, mentre Budapest e l’Europa provano a rimettersi in piedi tra le macerie della guerra, alla dottoressa Pikler viene offerta la direzione dell’Istituto Nazionale Metodologico dell’educazione e della cura della prima infanzia, più sinteticamente noto come Lóczy, (pronuncia loozi) dal nome della via in cui si trova.
Guarda il video dell’Istituto Lòczy
Crescere nel rispetto, tra cura e relazione
L’istituto accoglierà bambini da 0 a 3 anni traumatizzati e orfani che hanno bisogno di personale attento e competente, un mix perfetto per quello che diventerà l’ “approccio Pikler”. Emmi sceglie personalmente i suoi collaboratori, cura l’arredamento e il vasto giardino della casa, inventa giocattoli (uno su tutti: il triangolo Pikler) e procedure, consolida l’esperienza e l’osservazione che aveva acquisito come pediatra di base e le pratica ora su larga scala.
Il suo obiettivo è di crescere bambini sereni, rispettati e autonomi, in un ambiente che ricrei lo stesso calore e la stessa attenzione che si vive in famiglia. Pikler dirigerà l’istituto fino al 1979 e collaborerà come consulente fino all’anno della sua morte, nel 1984.
L’attaccamento e il gioco. Una lezione per gli adulti
Più di duemila bambini crescono a Lóczy dal dopoguerra al 2011, molti di loro fino ai 7 anni, ognuno con un educatore di riferimento perché Pikler comprese e sperimentò che l’attaccamento influenza radicalmente lo sviluppo somatico e mentale, la sequenza naturale del movimento e il gioco ininterrotto del bambino che evolve.
Tuttora Lóczy è il quartier generale della visione Pikler: qui si tengono seminari, gruppi di studio e centinaia di educatori, medici e ricercatori vengono a fare esperienza nella casa dei bambini felici esportandola con successo in tutto il mondo, a dispetto delle differenze sociali o culturali.
«L’approccio Pikler è in sé una cultura. Far propria l’immagine rispettosa e affettuosa dell’infante aiuta sia a crescere il bambino che a trasformare la rappresentazione interna degli adulti rispetto alle capacità del bambino e a loro stessi come educatori». Parola di Anna Tardos, figlia di Emmi, attiva a Lóczy dagli anni Sessanta, presidente della Fondazione dedicata alla madre e psicologa, che ha da poco festeggiato i 90 anni con tutto lo staff. Buon sangue non mente.
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Stefania Chinzari è pedagogista clinica a indirizzo antroposofico, counselor dell’età evolutiva e tutor dell’apprendimento. Si occupa di pedagogia dal 2000, dopo che la nascita dei suoi due figli ha messo in crisi molte certezze professionali e educative. Lavora a Roma con l’associazione Semi di Futuro per creare luoghi in cui ogni individuo, bambino, adolescente o adulto, possa trovare l’ambiente adatto a far “fiorire” i propri talenti.
Svolge attività di formazione in tutta Italia sui temi delle difficoltà evolutive e di apprendimento, della genitorialità consapevole, dell’eco-pedagogia e dell’autoeducazione. E’ stata maestra di classe nella scuola steineriana “Il giardino dei cedri” per 13 anni e docente all’Università di Cassino. E’ membro del Gruppo di studio e ricerca sui DSA-BES, della SIAF e di Airipa Italia. E’ vice-presidente di Direttamente onlus con cui sostiene la scuola Hands of Love di Kariobangi a Nairobi per bambini provenienti da gravi situazioni di disagio sociale ed economico.
Giornalista professionista e scrittrice, ha lavorato nella redazione cultura e spettacoli dell’Unità per 12 anni e collaborato con numerose testate. Ha lavorato con l’Università di Roma “La Sapienza” all’archivio di Gerardo Guerrieri e pubblicato diversi libri tra cui Nuova scena italiana. Il teatro di fine millennio e Dove sta la frontiera. Dalle ambulanze di guerra agli scambi interculturali. Il suo ultimo libro è Le mani in movimento (2019) sulla necessità di risvegliarci alle nostre mani, elemento cardine della nostra evoluzione e strumento educativo incredibilmente efficace.
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