Nuove regole sulla sostenibilità delle imprese, l’UE punta in alto

L'Europa promuove nuove regole per promuovere la sostenibilità delle imprese (Foto: YuriArcurs, Peopleimages.com)

Nuove regole sulla sostenibilità delle imprese, l’UE punta in alto

La ultime direttive europee mirano ad ottenere più trasparenza nelle informazioni fornite sulle prestazioni ambientali, sociali e di governance (ESG) e responsabilità sugli impatti socio-ambientali di fornitori e subfornitori

Mentre l’Italia recepisce la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) che obbliga le aziende ad aumentare sforzi e trasparenza sulla sostenibilità, sulla gazzetta ufficiale europea arriva il “Supply Chain Act”, la direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDDD) che mira a rivoluzionare l’approccio alla catena del valore puntando sul rispetto dell’ambiente e dei diritti umani. Nonostante il dibattito acceso e i necessari accordi sui tempi di applicazione, le direttive CSRD e CSDD rappresentano una svolta nel modo di concepire e vivere la sostenibilità, con l’Europa che punta a diventare pioniera in materia di sviluppo sostenibile, disciplinando rigorosamente gli impatti che i business apportano su ambiente e comunità.

Una sfida per le imprese, che dovranno investire in innovazione. Al tempo stesso, tra gli effetti più attesi, un’iniezione di fiducia negli investitori – sempre più attenti alle tematiche green -, e un aumento del tasso di competitività delle aziende del vecchio continente.

Trasparenza e nuovi standard per azioni concrete

La nuova direttiva (UE) 2022/2464 (nota anche come Corporate Sustainability Reporting Directive o con l’acronimo di CSDR), il cui recepimento per tutti gli stati membri è avvenuto entro il 6 luglio 2024, estende in modo significativo la platea di imprese coinvolte nell’obbligo di rendicontazione sulla sostenibilità, includendo progressivamente tutte le grandi realtà e le PMI quotate in borsa. Lo strumento sostituisce la Non Financial Reporting Directive (NFRD), ritenuta ormai insufficiente a coprire le reali necessità relative all’impegno e alla disclosure sulle tematiche ambientali, sociali e di governance (ESG). L’eliminazione della dicitura “non financial” dal nuovo strumento di legge svela le novità della strada intrapresa, con la volontà di concepire il reporting su basi innovative rispetto a quanto fatto finora, richiedendo alle aziende indicazioni di natura quantitativa e valutandone la rilevanza.

Più livelli di controllo

La musica sembra dunque cambiata, a partire dal fatto che la reportistica di sostenibilità non costituirà più un documento a latere, bensì le sarà riconosciuta dignità pari a quella finanziaria: occuperà, perciò, una sezione dedicata del bilancio. A tutto questo si affiancherà l’obbligo di garantire diversi livelli di controllo e la verifica delle informazioni da parte di enti terzi certificati. Per la rendicontazione, inoltre, le aziende dovranno adeguarsi a precisi standard di valutazione, comuni a tutta l’UE e sviluppati dall’EFRAG, lo European Financial Reporting Advisory Group. Definiti da set di azioni, gli standard ESRS (European Sustainability Reporting Standard), copriranno tematiche generali e trasversali, di governance, di strategia e gestione degli impatti, abbracciando analisi sociali (impatto sui lavoratori e sulle comunità) e più strettamente ambientali (tra cui focus sui cambiamenti climatici, inquinamento e sfruttamento delle risorse).

Diritti umani e salute dell’ambiente anche in filiera

Il cronogramma di attuazione della CSRD prevede la progressiva entrata in vigore dell’obbligo per le aziende in un arco temporale che si estende fino al 2026. In prima fila, già nel 2024, le grandi imprese quotate in borsa (già soggette alla Non Financial Reporting Directive), con l’estensione progressiva, nel corso del 2025, a tutte le aziende sopra i 250 dipendenti, fino a coprire nel 2026 le PMI (le quali, però, godranno di criteri adattati) . La sola estensione alle grandi e medie aziende porterà a un aumento vertiginoso del numero di realtà coinvolte nell’implementazione di programmi di sostenibilità e nella loro rendicontazione: si passerà, infatti, da 11.700 unità a circa 50.000.

Il coinvolgimento delle imprese non europee

Infine, ed è questa una delle novità più interessanti e attese, a partire dal 2028 la direttiva impatterà anche le grandi aziende extra UE che portano avanti i loro affari in Europa. Queste saranno soggette agli stessi obblighi di reportistica previsti per le aziende con sede in uno dei 27 paesi UE – dovranno perciò allinearsi agli standard EFRAG pur avendo sede estera – e provvedere a fornire certificazioni riconosciute e verifiche da parte di enti terzi. È facile immaginare quale impatto questa misura potrà avere sulle aziende appartenenti a settori al momento del del fast fashion. Il terremoto provocato dalla legge potrà incidere con revisioni profonde nei processi di produzione e approvvigionamento, portando all’estensione degli investimenti in innovazione ed economia circolare. Pena, la perdita di competitività sul mercato UE.

 

 

Mai più occhi chiusi sulla filiera

A queste misure si affiancherà presto la direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDDD), appena divenuta legge, la quale nei prossimi due anni estenderà gli obblighi di rendicontazione anche a fornitori e subfornitori aziendali. Le nuove misure genereranno una pressione positiva sulle filiere, dove si riscontrano più di frequente gravi mancanze in termini di trasparenza su sfruttamento delle materie prime e gestione dei rifiuti, nonché carenze significative rispetto agli standard sull’uso di sostanze chimiche pericolose durante la produzione e sul rispetto dei diritti umani. Un aspetto, questo, che ci si aspetta aumenti la competitività delle piccole e medie imprese italiane, le quali si troverebbero “avanti” rispetto ai fornitori low cost, presenti soprattutto nei paesi asiatici, incapaci, almeno nel breve periodo, di fornire le necessarie assicurazioni sul rispetto degli standard.

Il supporto alla finanza sostenibile e la tutela del consumatore

Lo sviluppo di criteri comuni e obblighi di trasparenza genera infine aspettative positive sullo sviluppo della finanza sostenibile e un atteso aumento, nel prossimo futuro, dell’afflusso di capitali verso imprese coinvolte in progetti verdi e/o con impatto sociale positivo. Al contrario, il mancato rispetto di queste regole, reso palese dalla disponibilità di report dettagliati, si legherà sempre più a importanti danni reputazionali.

Per gli investitori, la direttiva è un’opportunità per disporre di dati comparabili e affidabili per orientare le proprie decisioni. Ma la CSDR è anche uno strumento in più a tutela del consumatore.

Sarà infatti diritto del cittadino accedere a tutti i dati relativi all’applicazione delle direttive da parte dell’azienda, che sarà obbligata a divulgare il report sul proprio sito web o fornirlo a chi ne faccia esplicita richiesta. Sarà così possibile per chiunque orientarsi attraverso numeri e fatti, per farsi un’idea sull’impegno di una specifica impresa, decidendo di supportarla o… boicottarla. Un’opportunità, insomma, che sarà di grande beneficio anche nella lotta al greenwashing.

Saperenetwork è...

Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.

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