E se Torino montasse in sella alle due ruote? Due chiacchiere con Elisa Gallo di Bike Pride Fiab

E se Torino montasse in sella alle due ruote? Due chiacchiere con Elisa Gallo di Bike Pride Fiab

L’attivista delle due ruote, con l’associazione Bike Pride Fiab Torino, cerca di diffondere l’uso della bici nel capoluogo sabaudo, città con la peggiore qualità dell’aria in Italia. Varie le iniziative di condivisione e coinvolgimento. Come Bike To School, il 28 maggio, per permettere ai bambini di andare a scuola in bici

«Andare al lavoro in bicicletta ogni giorno per me è di fondamentale importanza per il benessere mentale e fisico; ne ho sperimentato l’assenza durante il lockdown e questo è uno dei motivi per cui ho deciso di non lavorare più da casa e di tornare ad essere una bikeworker». Quella di Elisa Gallo per la bicicletta è più di una passione. Classe 1981, cresciuta ad Alba e trasferitasi dai tempi dell’università a Torino, dove lavora come professionista nel campo degli uffici stampa e della comunicazione, Elisa è un’attivista convinta che porta avanti la causa a favore di una mobilità davvero sostenibile grazie all’associazione Bike Pride Fiab Torino, che presiede dal dicembre del 2019.

«Tutto è iniziato pedalando – racconta Elisa – Ho una certa predisposizione a farmi coinvolgere dalle cause che ritengo importanti e ho cominciato fin dal suo esordio nel 2010 a partecipare al Bike Pride, la parata annuale nata per difendere i diritti dei ciclisti. Mi muovevo già da tempo per la città esclusivamente in bici, per essere più rapida ed indipendente dai tempi dei mezzi pubblici».

 

Una comunità su due ruote

Nel 2013 Gallo affianca la neonata associazione, che fa parte della Fiab, Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, occupandosi dell’ufficio stampa e della comunicazione con l’obiettivo di dare una spinta al movimento. Nel 2013 e nel 2014 trentamila persone scendono a pedalare per la città durante l’evento: «Segnale che il tema era sentito ma non così rappresentato dal punto di vista mediatico e politico. Il Bike Pride ha lavorato per creare la community e per dare a chi ama pedalare un senso di appartenenza lavorando su fronti molto mediatici. Il mio ruolo non è mai stato unicamente da professionista, quanto da attivista, tanto che un anno e mezzo fa sono diventata presidente dell’associazione».

 

L’ultimo anno, con le complessità generate dalla pandemia, che ha fatto sì che si dovesse rinunciare anche all’annuale raduno, ha però aperto a riflessioni fondamentali dal punto di vista della mobilità e della conseguente trasformazione di molte città.

Bambini in bici: pedonalizziamo le città

«Come associazione collaboriamo, insieme ad altre realtà, alla Consulta Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico e in quest’ultimo anno ci siamo interrogati su come trasformare la mobilità, soprattutto a fronte del contingentamento dei mezzi pubblici e della necessità per le persone di muoversi individualmente e in sicurezza. Ecco perché in un contesto del genere non si può non parlare di bicicletta». Attualmente l’associazione sta lavorando molto a favore del “bike to school”, per portare i bambini a scuola in bicicletta creando una massa critica. «Viene proposto in diverse città – spiega Elisa – e a Torino ad aprile hanno aderito una ventina di scuole coinvolgendo circa cinquecento bambini. Rilanciamo il 28 maggio per dare continuità e creare comunità. I bambini devono andare a scuola in un contesto più sicuro e bisogna partire dal basso per ottenere visibilità, peso mediatico e politico». Una via che passa attraverso la partecipazione:

«Noi chiediamo alle persone di attivarsi nel loro contesto: i genitori possono coinvolgerne altri domandando ad esempio la pedonalizzazione davanti alle scuole negli orari di ingresso ed uscita. I bambini devono imparare ad andare in bici fin da piccoli, ne va della loro autonomia, indipendenza, percezione dello spazio e dell’ambiente e costruzione di una loro immagine della città».

 

Le auto sono meno indispensabili di quanto crediamo

Se qualcosa negli anni si è mosso a favore di una mobilità più sostenibile, è vero che la strada, non solo in senso metaforico, resta lunga: «Basta guardare aldilà dei confini per vedere che l’Italia è indietro rispetto alle altre città europee. Guardando più specificamente al caso di Torino e alla situazione di emergenza sanitaria siamo arrivati tardi con le ciclabili di emergenza per alleggerire la pressione sui mezzi pubblici, ma a me piace vedere la parte positiva. È però fondamentale che il tema della mobilità non sia solo degli ambientalisti o di chi è di certi colori politici, ma vada ad interessare tutti. In ballo ci sono salute e sopravvivenza. Torino è la città italiana con la qualità peggiore dell’aria, eppure si fa ancora poco. Per questo bisogna procedere con le infrastrutture affrontando le polemiche, che sono inevitabili e prevedibili; i dati e le esperienze sono dalla nostra parte e l’obiettivo deve essere la salute e la qualità della vita, non solo di chi vive in città ma anche di chi sta fuori perché ogni intervento riguarda il centro urbano e i suoi collegamenti».

 

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Elisa ha le idee chiare: «Bisogna abbandonare l’idea secondo cui è l’auto ad avere potere in strada, ribaltare gli schemi mentali e investire sulle infrastrutture. In questo l’amministrazione ha un ruolo fondamentale. Il processo di trasformazione della città deve infatti essere accompagnato da una visione e bisogna lavorare sulla comunicazione. L’idea è che non serva usare l’auto per percorsi inferiori a tre chilometri».

Towndem, ovvero aiutiamoci a salire in sella

Considerazioni queste ultime che hanno spinto ad esempio l’associazione Bike Pride ad aiutare chi è alle prese con il cambiamento delle proprie abitudini di mobilità cittadina adottando il progetto Towndem, offrendo visibilità e supporto organizzativo. Lanciato da tre amici, Valentina Marsaglia, Francesca Tabasso e Marco Cimberle, Towndem ha trasformato la frustrazione e la fatica del pedalare in strade cittadine ancora troppo intasate di automobili in un’opportunità di condivisione e cambiamento. L’idea è semplice: gli ideatori condividono la loro esperienza di ciclisti urbani per aiutare le persone ad individuare il percorso più adatto per raggiungere il luogo di lavoro, l’università o i posti frequentati abitualmente, scegliere la bicicletta più funzionale e l’abbigliamento più opportuno in base alle varie stagioni.

 

 

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Via ai dubbi e tutti in sella, quindi. E per chi è a Torino, poi, una opportunità è percorrere l’anello di oltre 90 km di ciclopiste, ciclostrade e strade rurali che collega le Residenze Reali e i Parchi metropolitani intorno alla città.

 

Saperenetwork è...

Marina Maffei
Marina Maffei
Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.

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