Farfalle di vetro, svelato il segreto delle loro ali invisibili

Farfalle di vetro, svelato il segreto delle loro ali invisibili

Da quando è stata scoperta ha affascinato scienziati e letterati di tutto il mondo. Ora siamo sempre più vicini a scoprire ogni dettaglio dell’evoluzione di questo straordinario lepidottero, che potrebbe perfino ispirare la creazione di nuove tecnologie. Prima però, bisogna risalire alla sua origine più ancestrale

Da quando la vita ha fatto capolino sulla Terra, verosimilmente tra i 4,4 e 2,7 miliardi di anni fa, le combinazioni genetiche, sotto la pressione dei fattori ambientali, hanno originato le più disparate e sorprendenti forme biologiche. Sebbene siamo riusciti a decifrare buona parte della biosfera, nonché a comprenderne i meccanismi più complessi, certe caratteristiche non smetteranno mai di stupirci. Come nel caso delle ali invisibili della Farfalla di Vetro (Greta oto). Questa, in realtà, è solo una delle centinaia di specie dell’ordine dei lepidotteri provviste di questa peculiarità. Stiamo parlando di ali talmente trasparenti da non brillare nemmeno alla luce del sole. Come di consueto, l’evoluzione del tratto è niente di più che un adattamento e, in questo caso specifico, è probabile che tale rarità fenotipica aiuti l’insetto ad eludere potenziali predatori. Ma, come si formano queste ali invisibili? La risposta viene da uno studio recentemente pubblicato sul Journal of Experimental Biology.

 

Lo sviluppo delle ali invisibili

Le Farfalle di Vetro vivono solo nel continente americano, nella fascia tropicale a cavallo tra il Centro e il Sud America. Ed è qui, nella foresta pluviale panamense, che diversi ricercatori afferenti a università californiane e francesi hanno indagato sullo sviluppo biochimico delle ali invisibili. Le ali di qualsiasi farfalla sono costituite da un sottile strato membranoso di un polimero naturale chiamato chitina, tipicamente ricoperto da minuscole squame. Le specie con ali trasparenti – è emerso dalla ricerca – hanno trovato il modo di variare il modo con cui la luce colpisce queste squame, ruotandole verticalmente o semplicemente eliminandole. Inoltre, la specie indagata converte molte di queste in setole, ovvero in delle strutture che consentono alla luce di passare ancor più agevolmente attraverso le ali e determinando, così, la trasparenza. 

 

Una farfalla ali di vetro, un lepidottero diffuso tra il Centro e il Sud America. Le sue ali, che in apertura arrivano a circa 6cm, la rendono difficile da seguire dai predatori. Possono presentare striature marroni scuro o aranciate sui bordi

Giochi di luce e riflessi

Ma com’è possibile che siano trasparenti a tal punto da non generare neanche il minimo riflesso se colpite dalla luce? Gli scienziati hanno trovato una risposta anche a questo. Utilizzando un microscopio elettronico a scansione, si è scoperto che delle minuscole formazioni tra le setole, note come nanopilastri, contribuiscono a ridurre il riflesso poiché evitano che la luce “rimbalzi” con la stessa angolazione con cui ha “colpito”. Inoltre, queste microscopiche strutture – spiegano i ricercatori – sono rivestite da uno strato di cera. E questo, poiché la cera è materiale estremamente denso, rallenta il passaggio della luce riducendo ulteriormente il riflesso. La prova incontrovertibile della veridicità di questa tesi, in particolare, deriva da un esperimento: rimuovendo dalle ali di vetro il rivestimento ceroso dei nanopilastri, gli autori dello studio hanno osservato delle ali non più trasparenti bensì lucide. «La comprensione di queste proprietà antiriflesso – scrive il giornalista Anil Oza su Science – potrebbe un giorno aiutare i a incanalare in modo efficiente la luce nei pannelli solari e creare lenti antiriflesso più economiche per fotocamere o occhiali. Ma per ora i ricercatori, usando la genomica per identificare i geni chiave in questo affascinante processo, vogliono concentrarsi su come le ali di vetro si siano evolute da antenati non trasparenti».

 

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Simone Valeri
Simone Valeri
Laureato presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Attualmente frequenta, presso la medesima università, il corso di Dottorato in Scienze Ecologiche. Divulgare, informare e sensibilizzare per creare consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore, senza rinunciare mai ai viaggi con lo zaino in spalla e alle escursioni tra mare e montagna

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