Foglie al vento, l’amore malinconico e composto secondo Aki Kaurismäki
Il nuovo film del regista finlandese è un ritorno ai temi cari alla sua filmografia e un omaggio al cinema del passato. Un lungometraggio perfetto, per argomento e durata, da vedere in sala durante le feste
Per chi ama il cinema, è difficile immaginare un posto migliore dove passare i freddi pomeriggi delle feste natalizie di una sala cinematografica; la conclusione di questo 2023, nella variegata proposta distributiva, si annuncia particolarmente gustosa. E per chi ama il cinema, in quei giorni è impossibile prescindere dalla visione di Foglie al vento, film scritto e diretto da Aki Kaurismäki. Presentato in selezione ufficiale al Festival di Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria, il lungometraggio è in sala dal 21 dicembre, distribuito da Lucky Red. Si legge nelle note di regia: «Anche se finora mi sono fatto una reputazione discutibile girando soprattutto film violenti e irrilevanti, ho finalmente deciso, tormentato da tutte le guerre insensate, inutili e criminali, di scrivere una storia sui temi attraverso i quali l’umanità potrebbe avere un futuro: l’anelito all’amore, alla solidarietà, alla speranza e al rispetto per gli altri, la natura e tutto ciò che è vivo o morto. A condizione che il soggetto lo meriti». E ancora:
«In questo film faccio disinvoltamente un piccolo plauso ai miei dei, Bresson, Ozu e Chaplin, ma sono comunque l’unico responsabile di questo catastrofico fallimento!».
Un amore, una notte
Nei perfettissimi 81 minuti, il cineasta mette in scena l’incontro causale di Ansa (Alma Pöysti) e Holappa (Jussi Vatanen), in una autunnale notte finlandese. Ansa lavora in un supermercato con un contratto di sfruttamento a zero ore e si risente del fatto che parte del suo lavoro consista nel buttare via cibo perfettamente buono a fine giornata; una guardia di sicurezza imbronciata la osserva mentre dà cose del genere a persone affamate e disperate, e lei viene licenziata per aver tentato di portare a casa un panino scaduto. Holappa è un bevitore incallito, che per colpa dell’alcol mette a repentaglio la sua incolumità e il suo lavoro. Il loro potrebbe essere il primo amore, unico e definitivo, se non si frapponessero l’alcolismo di lui e quei tanti ostacoli che la vita, a volte, sembra moltiplicare di fronte a chi cerca la propria felicità.
Guarda il trailer di Foglie al vento di Aki Kaurismäki
Tetralogia del proletariato
Composto e struggente nella sua semplicità, Foglie al vento si dipana così come una di quelle seducenti e malinconiche commedie a cui Kaurismäki ha abituato il suo pubblico. Immerso in una palette di nuance polverose, calde e avvolgenti come la discreta colonna sonora che a più riprese propone ballate sul tempo inclemente, sulla delusione e sui cimiteri, (ma anche un Mambo italiano di sicuri effetto comico per il contesto), regalando un piglio buffo al progredire della storia. Dopo i due ultimi film, Miracolo a Le Havre, del 2011, e L’altro volto della speranza, in cui aveva scelto un tono insolitamente esplicito sulla crisi migratoria che sta coinvolgendo l’Europa, il regista finlandese sembra tornare alle piccole storie su cui ha costruito la sua filmografia, tanto da far etichettare a molti critici questo suo Foglie al vento come quarto capitolo della Proletariat Trilogy, dopo Ombre nel paradiso (del 1986), Ariel (del 1988) e La fiammiferaia (del 1990).
Kaurismäki, cinema d’amore e umanità
Un ritorno a un’epoca d’oro, par suggerire, e allo stesso tempo un omaggio ai film e ai registi che lo hanno ispirato: ci sono adorabili cenni a Bresson, Godard, Ozu, Visconti, Chaplin e John Huston tra gli altri, oltre a un omaggio molto divertente al regista americano più influenzato dallo stesso Kaurismäki, Jim Jarmusch. Non che l’attualità non faccia capolino; dalla vecchia radio di Ansa, lavoratrice precaria e più volte licenziata proprio come Holappa, le trasmissioni aggiornano quotidianamente sull’invasione russa dell’Ucraina, un conflitto che pesa particolarmente sulla confinante Finlandia.
Come al solito, all’interno delle sue inquadrature statiche, la messinscena è organizzata con cura utilizzando una manciata di oggetti chiave e tocchi di colore vibrante, illuminati su 35mm da Timo Salminen, il suo autore della fotografia di sempre, e montati in maniera impeccabile da Samu Heikkilä.
Nei piccoli appartamenti, nei bar tetri, negli squallidi posti di lavoro, che grazie al lavoro scenografico di Ville Grönroos sembrano essere rimasti immutati per 50 anni o più, i suoi protagonisti sono anime solitarie, di poche parole, che cercano con sobria disperazione un legame: piccole persone comuni che lottano per sopravvivere in un’era sempre più impersonale e industriale, per mantenere la propria umanità e la speranza, attraverso l’amore.
Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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