I bambini (e gli adolescenti) ci guardano

L’epidemia da Sars-Cov-2 ha investito le vite di tutti cambiando le nostre abitudini, il nostro modo di lavorare e studiare e le sue dolorose conseguenze stanno coinvolgendo e influenzeranno tutti gli aspetti della nostra vita. Fra le categorie che hanno visto cambiare completamente la realtà intorno a loro, spesso non avendo neanche gli strumenti per capire cosa stesse succedendo, ci sono i più giovani, bambini e adolescenti che hanno perso i riferimenti caratterizzanti della loro età: la scuola, gli amici, lo sport.

 

I bambini e le perdite

Il problema di come ha inciso e inciderà nelle loro vite il coronavirus è complesso, non si tratta solo infatti di capire come i periodi di lockdown abbiano influito sullo sviluppo emotivo dei ragazzi, sul loro apprendimento e avanzamento scolastico, ma anche di capire come saranno capaci di affrontare la perdita di sicurezza economica e la contrazione del mondo del lavoro, nel quale alcuni di loro si apprestano ad entrare.

Non ultimo, è importante capire come ha influito e influirà sulla loro stabilità la perdita, anche momentanea a causa dell’isolamento, del contatto con i nonni, sempre più importanti nelle famiglie italiane per la gestione dei ragazzi, o, peggio, come potranno affrontare la scomparsa dei loro cari dopo essere stati privati di quei riti di passaggio, come ad esempio i funerali, che sono importanti per l’elaborazione del lutto.

Infine, c’è la disparità di mezzi di gestione del lockdown che si è resa sempre più evidente fra classi sociali e ancora di più fra le persone con bisogni speciali, e che si è riverberata nella capacità di affrontare emotivamente l’isolamento non più solo fisico, ma anche sociale. 

Comprendere cosa sta succedendo

Già dalle prime fasi di lockdown sono iniziati gli studi per chiarire molti di questi punti. Poiché le misure di contenimento della pandemia sono state diverse nei vari paesi, è possibile solo in parte dare un quadro generale. Un prezzo pesante sembrano averlo pagato i bambini più piccoli. Incapaci di comprendere cosa stesse succedendo e abituati a vite routinarie gestite dagli adulti, si sono visti privati del mondo intorno al quale girano tutte le loro giornate: la scuola, quel mondo in cui, lontano dai genitori, possono esprimere e costruire la loro personalità attraverso il rapporto con compagni e insegnanti. L’attività fisica si è poi drasticamente ridotta, soprattutto nel primo lockdown. La mancanza di spazi adeguati di gioco e di possibilità di attività all’aria aperta può aver influito sullo sviluppo delle competenze motorie che risultano dall’interazione con spazi fisici e sociali diversificati. 

Specchi emotivi dei propri genitori

Secondo il servizio sanitario britannico, che ha fornito i dati sulla stato della salute emotiva di bambini e giovani a luglio 2020, è aumentata la probabilità, rispetto ai dati raccolti in uno studio del 2017, di disturbi mentali nei bambini da 5 a 16 anni.

Sono aumentati, ad esempio, i disturbi del sonno, influenzati anche da una diversa gestione delle ore di riposo. Di particolare importanza sembrano essere stati la mancanza di supporto che veniva dalla scuola ma anche la condizione familiare. Lo stato emotivo dei genitori, le loro preoccupazioni e i conflitti generati dall’isolamento, ha avuto così ripercussioni su quello dei figli.

 

Guarda la presentazione dell’indagine sull’impatto psicologico e comportamentale del lockdown sui minori

 

Considerazioni analoghe a quelle frutto dell’indagine sull’impatto psicologico del lockdown nei minori  promosso dall’ Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico Gaslini di Genova. È stato infatti evidenziato il disagio psicologico sofferto dai minori che si è manifestato principalmente con disturbi come frequenti risvegli notturni e difficoltà nell’addormentarsi, attacchi d’ansia, ansia da separazione, e irritabilità nei bambini in età prescolare. Anche nella fascia 6-18 anni è aumentata l’instabilità emotiva direttamente associata al malessere manifestato dai genitori.

La sindrome da stress post traumatico nei più piccoli

Disagi latenti mitigati dai ritmi quotidiani si sono così palesati nei momenti di stress. Già indagini precedenti al 2020 sulle situazioni pandemiche (come Posttraumatic stress disorder in parents and youth, di Ginny Sprang e Miriam Silman dell’Università del Kentucky) avevano messo in luce come i soggetti in età pediatrica che hanno vissuto l’esperienza della quarantena, mostrino sintomi ascrivibili alla sindrome da stress post-traumatico. Fattori tutti da tenere in considerazione nel monitorare a lungo termine come la pandemia da Sars-Cov-2 influirà sulla salute mentale dei bambini.

Secondo una review dell’Università di Bath la probabilità che le conseguenze dell’isolamento si vedano fino a nove anni dal 2020 è alta, con possibile aumento dell’incidenza di depressione a cui i sistemi sanitari dovranno prepararsi per offrire interventi di supporto preventivi e precoci.

Gli adolescenti e l’interazione di qualità

C’è però da sottolineare anche che il lockdown ha permesso di aumentare il tempo di interazione tra adulti e bambini con momenti di relazione di qualità maggiore rispetto all’usuale. Una interazione con i genitori che ha contraddistinto anche gli adolescenti che sembrano essere riusciti a trovare, nella dimensione della chiusura in casa, una modalità di interconnessione sia con i coetanei lontani che con i conviventi. Già abituati ai rapporti attraverso le piattaforme di gioco e ai social network, sono riusciti a mantenere i loro contatti, pur risentendo della mancanza del rapporto fisico. Secondo lo psicologo Giulio Costa, ad esempio,  “gli adolescenti hanno cercato rassicurazione nei loro familiari, uscendo dalle loro stanze/tane” per vivere la quotidianità in famiglia e con i genitori di nuovo disponibili come quando erano bambini e con i quali riscoprirsi.

Rapporti rinsaldati. Il lato “positivo” del lockdown

Una visione forse idilliaca, che però si ritrova nelle risposte degli adolescenti del rapporto The Future We Want dell’Unicef. L’analisi condotta su giovani tra i 15 e i 19 anni in Italia ha rilevato infatti un rinsaldamento dei rapporti con i genitori e conviventi, senza perdere la relazione con gli altri favorita dagli strumenti di connettività. Tuttavia, lo stato di stress e il senso di “mancanza d’aria” sono fattori che si sono ripercossi sulla stabilità psichica, con aumento dei disturbi del ritmo sonno-veglia e con l’aumento dell’instabilità emotiva. Anche per gli adolescenti, quindi, il peso dell’isolamento dovrà essere valutato attentamente nei prossimi anni.

 

I minori a rischio

Particolare attenzione deve essere poi data a quei minori per i quali la quarantena è stata vissuta in contesti familiari difficili e conflittuali. Una preoccupazione che è stata espressa anche dall’Unicef che ha avvertito dell’aumento dei rischi per i bambini di subire abusi e violenza, o di assistere ad episodi violenti e conflittuali di altri conviventi. C’è poi la netta disparità che si è venuta a creare con la didattica a distanza, anche nello stimolo all’apprendimento e allo studio, nei diversi contesti sociali. Già prima della pandemia i bambini provenienti dai contesti socioeconomici più fragili durante le vacanze estive accumulavano un ritardo rispetto ai loro compagni più avvantaggiati. La lontananza dall’ambiente scolastico e l’impossibilità in molti casi di poter partecipare alle lezioni a distanza si può riflettere in un ritardo nell’apprendimento.

Disparità economiche, sociali e tecnologiche

La scuola in casa è infatti spesso problematica. In Italia, secondo l’Istat, il 42% dei minori vive una condizione di sovraffollamento delle proprie abitazioni. Trovare lo spazio per lo studio è stato quindi difficile. Inoltre, le famiglie con maggiori difficoltà economiche non dispongono dei mezzi tecnologici per permettere la modalità a distanza di studio: computer, dispositivi elettronici e connessione sono condivise infatti con altri conviventi. Una situazione che sicuramente causa disagio e frustrazione.

Quale futuro?

Molti ragazzi hanno visto poi di colpo cambiare le loro prospettive future. L’inaspettato impoverimento delle famiglie mette per molti a rischio la possibilità di proseguire gli studi o i percorsi che avevano progettato per il loro futuro. Anche la crisi economica affievolisce le loro possibilità di entrare nel mondo del lavoro, lasciandoli nell’incertezza e amplificando il senso di smarrimento, che può essere avvertito in modo peggiore dai più vulnerabili.

L’impatto sui servizi assistenziali

Un aspetto sottovalutato è l’impatto che l’emergenza pandemica ha avuto sui servizi di assistenza ai minori con bisogni speciali e alle loro famiglie, lasciate del supporto psicologico di cui ancor più necessitavano per affrontare il lockdown. «Ci sono percorsi riabilitativi che sono ancora sospesi da marzo», avverte Tiziana Metitieri, psicologa che coordina l’ambulatorio di neuropsicologia dell’Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze.

 

Questo, spiega la dottoressa Metitieri sta rallentando il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo o miglioramento dell’attenzione, della comunicazione verbale, della coordinazione motoria, per i più piccoli e degli apprendimenti, dell’autonomia e dell’autoregolazione comportamentale per i ragazzi e le ragazze più grandi con disturbi del neurosviluppo o disturbi acquisiti.

«Le famiglie che non possono sostenere i costi di un centro privato devono contare sulla propria disponibilità di tempo, di strumenti e di una rete di supporto sociale, ma tutta l’organizzazione può crollare se un genitore si ammala di Covid-19».

 

Gli impatti a lungo termine

Per quanto riguarda le conseguenze, la strada è lunga: «Solo a partire dal prossimo anno potremo valutare l’impatto sui più vulnerabili di tale sospensione, la cui durata è notevolmente diseguale tra le diverse regioni, così come la possibilità di frequentare in presenza la scuola primaria e secondaria di primo grado, assieme a tutta la classe o con progetti specifici per alcuni giorni a settimana». La dottoressa sottolinea la necessità di interventi efficaci:

«Solo un potenziamento dei servizi territoriali per l’età evolutiva potrà aiutare a contenere le conseguenze negative sulle traiettorie individuali di crescita e le ricadute di medio e lungo periodo anche in termini di costi sociali ed economici».

 

Non lasciamoli soli

Finora anche la scuola, purtroppo, non è riuscita a rispondere adeguatamente alle esigenze dei più giovani. Una proposta su cosa fare per rispondere a tutte queste nuove esigenze che si presentano è proprio nel rapporto The Future We Want. I ragazzi intervistati hanno stilato un manifesto nel quale chiedono, nel ritorno alla nuova normalità, di essere ascoltati, perché le decisioni di governo tengano conto dei loro bisogni, della loro visione del futuro e vengano in aiuto nelle situazioni di fragilità. Chiedono di essere sostenuti, incoraggiati e non essere lasciati soli ad affrontare i fantasmi del 2020.

Saperenetwork è...

Maria Luisa Vitale
Maria Luisa Vitale
Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.

Sapereambiente

Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!


Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella di posta per confermare l'iscrizione

 Privacy policy


Parliamone ;-)