Il ritorno del lupo nelle terre di pianura
È possibile una pacifica coesistenza con i celebri canidi? Un convegno del gruppo grandi carnivori del Cai ha fatto il punto sulla presenza del lupo in Italia e in particolare in Pianura Padana, dove la rapida espansione genera entusiasmi, conflitti e anche speranze
Gli antichi abitanti delle selve ci riservano sempre nuove sorprese. Condotti negli ultimi secoli sull’orlo dell’estinzione a livello nazionale, il lupo e gli altri grandi carnivori, l’orso e la lince, stanno ricolonizzando i territori che un tempo erano il loro habitat naturale. E non si tratta solo dei monti o del cuore delle foreste, i grandi carnivori e in particolare i lupi stanno pian piano tornando anche nelle aree di pianura. Di questo ritorno si è parlato al convegno nazionale del gruppo grandi carnivori del Cai, Lupo e grandi carnivori alla conquista della Pianura Padana, sabato 23 aprile ad Argenta nel Parco del Delta del Po ferrarese.
Antagonisti? No, conviventi
La giornata di lavori, moderata dalla presidente del Cai Argenta Linda Campacci e dal coordinatore del gruppo grandi carnivori Davide Berton, si è aperta con l’intervento di Luca Simoni, direttore della Confederazione italiana agricoltori di Ferrara. Un segnale importante, questo, dato che il tanto auspicato ritorno del lupo – un successo per la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi – genera profondi conflitti con il mondo agricolo e della zootecnia. Simoni ha portato un messaggio positivo, di apertura al confronto e al dialogo, dimostrando come la coesistenza tra lupi e allevatori non solo sia possibile, ma sia già una realtà ben rodata in questi territori.
E ricordando come entrambe le parti possano essere tutelate: con il monitoraggio e la gestione degli animali selvatici da un lato, e la protezione e l’indennizzo in caso di predazione su animali allevati dall’altro.
Conoscere il lupo per tutelarlo
Sono proprio questi i due target principali di cui si è discusso nel corso della giornata. Per il lupo, il raggiungimento di una popolazione vitale, equilibrata e capace di autosostentarsi. E per gli allevatori e gli altri portatori di interesse “minacciati” dall’ombra del selvatico, l’aumento della consapevolezza e la messa in atto di opere di prevenzione e difesa efficaci. Ma come fare, nella pratica, a raggiungere questi obiettivi? Il primo passo, che è poi quello fondamentale, è sempre e solo uno: la conoscenza. Che sta finalmente aumentando, anche grazie al primo monitoraggio nazionale del lupo, condotto in modo capillare sul territorio italiano nel 2020 e 2021 e i cui risultati saranno pubblicati in maggio sul sito dell’Ispra, che ha coordinato lo studio. In attesa di conoscere i dati di distribuzione e abbondanza del lupo nel nostro Paese, Paola Aragno dell’Ispra ha fatto una panoramica delle attività svolte. Uno sforzo concertato che ha coinvolto circa 3000 operatori di svariati enti e associazioni, tra cui il Cai, che hanno percorso in lungo e in largo lo stivale raccogliendo tutti i segni di presenza: dalle orme agli escrementi, dagli avvistamenti con fototrappola alle carcasse delle prede.
Guarda il video dell’Ispra sul monitoraggio del lupo
Un collare Gps per seguire passo passo il lupo
Un altro strumento molto utile per conoscere la biologia e le dinamiche ecologiche del lupo è la telemetria. A questo riguardo Duccio Berzi, esperto in gestione della fauna selvatica, ha raccontato l’esperienza della gestione proattiva del lupo in Veneto.
Che cos’è la telemetria? In buona sostanza, è una tecnica che permette di seguire gli spostamenti di un animale dotato di collare Gps, che emette segnali di geolocalizzazione un po’ come fa il nostro smartphone.
Finora i lupi radiocollarati da Berzi e colleghi sono sei, e così i loro movimenti, luoghi prediletti e ritmi di attività non hanno più misteri. Ma c’è di più: grazie alla telemetria si è potuta appurare anche l’efficacia delle opere di prevenzione per proteggere bovini, pecore e capre, ossia cani da guardiania, dissuasori e recinzioni elettriche. E in più si è potuto sperimentare un sistema di protezione innovativo: la recinzione virtuale. Ogni volta che un lupo varcava questa virtual fence, i tecnici e gli allevatori ricevevano un segnale che ne consentiva il tempestivo intervento. E in concomitanza, appena il “malcapitato” oltrepassava questo recinto invisibile, gli si accendevano intorno una miriade di flash luminosi molto potenti. Possiamo immaginare la reazione del lupo, confermata dall’effetto della dissuasione: dopo questa esperienza, gli attacchi agli animali allevati sono diminuiti dell’89%.
I lupi in pianura sono di casa
Nella seconda parte della giornata, l’attenzione si è focalizzata sulla recente e rapida espansione del lupo in Pianura Padana. Che cosa ci fa il lupo in un’area così antropizzata, e per di più in piena pianura? In realtà, come ricorda il biologo Luigi Molinari, il lupo in Pianura Padana era di casa fino all’Ottocento.
La “calata dei lupi” è quindi un semplice ritorno, che questi preziosi canidi hanno peraltro fatto in punta di zampa.
Complici le leggi di protezione, la presenza di corridoi ecologici e aree di rifugio, la disponibilità di cibo, dagli ungulati ai cinghiali e persino alle nutrie. E così, ogni ricercatore aggiunge un tassello alla storia della tanto auspicata ricolonizzazione: Massimiliano Costa ci racconta della lupa Ginevra, partita da Macerata e arrivata nel Parco del Delta del Po spostandosi lungo la strisciolina di terra tra l’autostrada e l’Adriatica, per poi riprodursi felicemente tra i campi di mais. Lorenzo Rigacci parla delle vicissitudini dei lupi bolognesi e Francesca Caniati di quelli padani, tra entusiasmi e conflitti risolvibili ancora una volta con la conoscenza, la sensibilizzazione, il sostegno e l’assistenza.
Anna e Marco, lupi di periferia
Ma la storia più emozionante è quella di Anna e Marco (la scelta dei nomi non è puramente casuale), una coppia di lupi che si è insediata spontaneamente nell’Oasi di Campotto delle Valli di Argenta, nel Parco del Delta del Po. I primi segni di presenza, raccontano Danilo e Sergio Stignani, risalgono al 2019, poi nel 2020 una fototrappola documenta la presenza di una femmina incinta. Anna, appunto. Che darà alla luce una prima cucciolata di sette lupacchiotti nell’estate del 2020 e una seconda nel luglio del 2021, stavolta di ben otto cuccioli. Un buon segno, che indica come la disponibilità di prede e habitat sia ottimale per il branco.
E anche quanto queste creature siano in grado di adattarsi a un territorio plasmato dall’intervento umano. Per allevare i piccoli preferiscono i campi di mais alle pinete.
Per alimentarsi ottengono più energia dalle nutrie che dai caprioli o da pecore e bovini. E per giocare, i piccoli si lanciano con grande entusiasmo sugli onnipresenti rifiuti che seminiamo in giro, dai copertoni alle cassette del pesce alle bottiglie di plastica. Che, per una volta, non deturpano il paesaggio ma diventano un nuovo, strabiliante balocco lupesco.
Guarda il video dei lupi nelle Valli d’Argenta
Saperenetwork è...
- Naturalista di formazione, multiculturale per vocazione, da diversi anni lavora nel settore dell’editoria scientifica dove si occupa di progettazione e redazione di testi divulgativi e didattici. Come consulente ambientale e della sostenibilità ha sviluppato, gestito e coordinato progetti nazionali e internazionali sui temi dell’ecologia, della conservazione e dello sviluppo sostenibile per università ed enti di ricerca, organizzazioni governative e non governative e organismi internazionali. Spirito eclettico e curioso, con una passione atavica per la natura nelle sue molteplici forme ed espressioni, negli anni ha spaziato dai territori più tecnici e scientifici a quelli più arcaici e olistici, muovendosi sempre con l’entusiasmo dell’esploratore. Oltre al mondo naturale tout court, la appassionano il lifestyle eco-sostenibile e le innovazioni green, la letteratura e le espressioni artistiche e tutto ciò che è fusione tra natura e cultura. Con un gusto pionieristico per il viaggio, soprattutto se di esplorazione e scoperta.
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