«L’Amazzonia ci riguarda tutti». Il racconto di Sebastião Salgado, tra scatti e musica
Nella Capitale per la mostra “Amazônia”, allestita al MAXXI da ottobre, il grande fotografo brasiliano è stato l’ospite d’onore di un concerto eseguito dall’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretta da Simone Menezes. L’occasione per ricordarci che quanto sta accadendo in Brasile è un nostro problema. E che siamo ancora in tempo per salvare l’ecosistema
«Siamo tutti responsabili»: sorriso aperto, sguardo luminoso, Sebastião Salgado, fotografo brasiliano tra i più celebri del mondo, è a Roma per preparare Amazônia la grande mostra che sarà allestita a ottobre al MAXXI, e prosegue fermo nel suo impegno di sensibilizzazione verso un habitat, quello della Foresta dell’Amazzonia, messo sempre più in pericolo dall’attività umana. Dopo l’incontro, nella piazza antistante al museo disegnato da Zaha Hadid, con Mario Calabresi per parlare dei sei anni che ha trascorso nell’Amazzonia brasiliana, fotografando la foresta, i fiumi, le montagne e le persone che vi abitano, ha partecipato, ospite d’onore, al concerto alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica che si è tenuto il 22 luglio: a dirigere l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la direttrice brasiliana Simone Menezes, soprano Camilla Titinger. Dopo l’esecuzione del Preludio della Bachianas Brasileiras n. 4 di Heitor Villa-Lobos e il brano Metamrophosis I, tratto da Águas da Amazônia di Philip Glass, è stata la volta della Suite Floresta do Amazonas, sempre di Villa-Lobos, tra lei importanti partiture della musica brasiliana.
Che stiamo facendo al “Polmone della Terra”?
Alle spalle dell’orchestra, il grande schermo su cui sono state proiettate alcune delle fotografie scattate da Salgado durante il suo viaggio nei villaggi remoti dove ha immortalato i diversi gruppi etnici: immagini in bianco e nero che fanno da contrappunto alla musica di Villa-Lobos: «Una musica – ha spiegato il fotografo – che si presta magnificamente alla presentazione delle foto, il tempo della frase musicale si sincronizza alla perfezione col tempo di presentazione delle immagini».
Alla Cavea sono state eseguite 11 delle 21 parti di cui è composta la suite in cui il compositore brasiliano (nato a Rio de Janeiro nel 1887 e ivi morto nel 1959, un anno dopo la composizione di Floresta do Amazonas) svolse un lavoro di etnomusicologo, ascoltando e studiando i canti indigeni, gli uccelli e la natura. Della sua amica, la poeta Dora Vasconcellos, i testi delle canzoni (due delle quali, Canção do Amor e Melodia Sentimentale, eseguite da Camilla Titinger, insieme ai vocalizzi iniziali per evocare i versi degli uccelli). Scrisse il musicista: «La mia intenzione non è quella di imprigionar sulla carta da musica l’esuberanza tropicale delle nostre foreste e dei nostri cieli, sono paesaggi che istintivamente porto con me in tutto ciò che scrivo».
Vitalità che da sempre si traduce in un lavorio indispensabile per la salvaguardia dell’intero Pianeta: è dai tempi della scuola che siamo tutti consapevoli che la foresta amazzonica (sei milioni e settecentomila chilometri quadrati, molti dei quali in territorio brasiliano), consumando anidride carbonica e trasformandola in ossigeno, è il polmone della Terra.
Sebastião e Lélia, un esempio da seguire
«La foresta amazzonica sta vivendo un momento drammatico, per questo è così importante portare avanti un movimento in sua difesa e in difesa delle popolazioni che la abitano – ha detto all’Auditorium Salgado – Io e mia moglie Lélia (Deluiz Wanick, ndr.) stiamo portando in Europa le mie fotografie e la musica di Villa-Lobos per impedire all’Occidente di guardare dall’altra parte: l’Amazzonia riguarda tutti».
Instituto Terra, l’organizzazione fondata dal fotografo con la moglie, è impegnata dal 1998 a “restaurare” l’ecosistema deturpato: in questi anni ha raccolto fondi per piantare 3 milioni di alberi (che nel progetto diventeranno 4 entro il 2027), facendo rinascere per ora 17 mila acri di foresta ad Aimores, nello Stato di Minas Geraisin, prendendosi cura delle piante, tutte native della zona, e piantando semi della stessa regione. Hanno fatto ritorno anche gli animali. In tutto, circa 172 specie di uccelli e 33 di mammiferi, 293 specie di piante, 15 di rettili e 15 di anfibi, che hanno ricostruito l’intero ecosistema. Un piccolo miracolo che Wim Wenders ha raccontato nel 2014, nel documentario Il sale della terra, in cui vengono esplorate tutte le tappe della battaglia della coppia contro l’inquinamento e i cambiamenti climatici, a partire dalla foresta ricostruita. Non solo: il “piccolo” miracolo compiuto da Sebastião e Lélia ci ricorda una volta di più come per far rinascere il nostro Pianeta è indispensabile avere la volontà di adoperarsi in prima persona.
Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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