Mario Tchou, l’uomo che portò l’Italia nell’era digitale

L'ingegnere Mario Tchou illustra l'Elea 9003

Mario Tchou, l’uomo che portò l’Italia nell’era digitale

A sessant’anni dalla sua scomparsa prematura, ricordiamo il brillante ingegnere italo-cinese che, insieme ad una squadra di giovani da lui selezionati, nel 1957 creò l’Elea 9003, il primo computer a transistor. Insieme ad Adriano Olivetti, ha contribuito a innovare la tecnologia e l’imprenditoria di tutto il mondo

Sono trascorsi sessant’anni dalla morte di Mario Tchou, l’ingegnere della Olivetti che progettò Elea 9003, il primo computer italiano a transistor. Scomparso prematuramente il 9 novembre 1961 in un incidente stradale, lascia in eredità una storia fatta di eccellenze tecnologiche e spirito d’innovazione. Nato a Roma nel 1924, figlio di un funzionario dell’ambasciata cinese presso il Vaticano, Yin Tchou e di Evelyn Wauang, nel 1942, si diploma presso il liceo classico romano Torquato Tasso. Successivamente si iscrive alla facoltà di Ingegneria all’Università La Sapienza di Roma, per poi ultimare gli studi negli Stati Uniti. Nel 1947 consegue la laurea in Electrical Engeneering presso la Catholic University of America di Washington e, nel 1949, si specializza con un Master of Science al Polytechnic Institute of Brooklyn.

Nel 1954, accetta la proposta di un noto imprenditore italiano incontrato a New York e fa ritorno in Italia, in provincia di Pisa, per dirigere il Laboratorio ricerche elettroniche (LRE) dell’azienda Olivetti. L’imprenditore, infatti, era Adriano Olivetti, a capo di quella che, al tempo, era una delle più importanti compagnie al mondo nel campo delle macchine da scrivere, da calcolo e dell’elettronica.

Tchou e la nascita dell’Elea 9003

L’idea di Olivetti era quella di dar vita ad una macchina calcolatrice di nuova generazione di interesse scientifico, nonché ad un’altra analoga ma di interesse commerciale: l’Elea, Elaboratore elettronico aritmetico. L’azienda, nel 1954, aveva già avviato il progetto Cep, Calcolatrice elettronica pisana, ma sapeva di poter andare oltre, mancava solo l’uomo giusto. Quell’uomo era Tchou.

L’ingegnere italo-cinese si occupò direttamente della selezione del futuro gruppo di ricerca, privilegiando candidati giovani ricchi di entusiasmo, spirito innovativo e creatività. Appena tre anni dopo, nel 1957, realizza un primo prototipo dell’Elea, efficiente ma molto ingombrante poiché a valvole.

Tuttavia, proprio in quel periodo, nacquero dei dispositivi elettronici a semiconduttori, decisamente più maneggevoli e in grado di favorire al meglio il passaggio dell’energia elettrica: i transistor. Tchou non esitò nemmeno un momento. Colse la palla al balzo e realizzò così il primo calcolatore a transistor già agli inizi del 1958: Elea 9003.

 

                     Guarda il video dell’Elea 9003, spiegata da Mario Tchou

La sfida (vinta) con l’Ibm

Chiamata anche Macchina 1T, la tecnologia ideata da Tchou fece raggiungere alla Olivetti, e all’Italia, un primato nel campo dell’alta tecnologia. Infatti, fu brevettata con qualche mese di anticipo rispetto ad una analoga dell’Ibm, azienda statunitense al tempo leader nell’elettronica.

Elea 9003 fu poi presentata alla Fiera di Milano del 1959 e all’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi. Con l’occasione furono venduti circa 40 computer a grandi aziende, banche ed enti pubblici.

Al modello 9003, seguì il 6001, un calcolatore più economico e ancor più ridotto in dimensioni, orientato ad un uso scientifico e destinato ad università, media industria ed enti pubblici. Dopodiché Tchou, compresi i limiti delle sue innovazioni, iniziò presto a lavorare ad un nuovo progetto finalizzato a dar vita a nuovi calcolatori basati su un linguaggio informatico diverso. Purtroppo, però non fece in tempo ad ultimarlo. 

 

Tchou insieme al gruppo di ingegneri con il quale realizzò l'Elea
Il gruppo di giovani ingegneri che realizzò l’Elea. Tchou, che nella foto è in prima fila, secondo da destra, li aveva selezionati per il loro entusiasmo e la loro creatività

 

Ispiratore di future tecnologie

«Il 9 novembre 1961 sull’autostrada Milano-Torino pioveva a dirotto. Mario Tchou, capo della Divisione Elettronica Olivetti, era in auto verso Ivrea dove avrebbe presentato le ultime novità al consiglio di amministrazione. Aveva 37 anni, e sarebbe stato l’ultimo dei suoi viaggi». Così, in riferimento alla tragica scomparsa dell’ingegnere, gli autori Ciaj Rocchi e Matteo Demonte introducono al loro libro, La macchina zero. Una graphic novel che, per l’appunto, racconta l’incredibile storia di Tchou e le sue innovazioni.

Una vicenda che parla di un’Italia in diretta competizione con i principali paesi industriali del mondo, per la quale la morte di Tchou ha inesorabilmente cambiato le sorti.

Poco dopo l’incidente che tolse la vita all’ingegnere, la Divisione Elettronica della Olivetti venne venduta alla General Electric, anche a causa della scomparsa, avvenuta un anno prima, dello stesso Adriano Olivetti. Si decretò così la fine del Made in Italy nel campo dell’elettronica, ma le eccellenze che ne derivarono ancora oggi ispirano i grandi della tecnologia. 

 

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Simone Valeri
Simone Valeri
Laureato presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Attualmente frequenta, presso la medesima università, il corso di Dottorato in Scienze Ecologiche. Divulgare, informare e sensibilizzare per creare consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore, senza rinunciare mai ai viaggi con lo zaino in spalla e alle escursioni tra mare e montagna

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