Piume, becchi e paradisi immaginari. Incontro con l’arte di Hadeel Azeez
Ritratti a olio e acrilico, sculture a grandezza naturale, maschere di gesso, disegni a biro: le opere dell’artista irachena reinterpretano spesso il mondo della natura e degli animali con un tocco di psichedelia fiabesca
Hadeel Azeez è un’artista irachena che vive e lavora a Roma. Ha recentemente esposto a Gibellina, presso la Fondazione Orestiadi nella cornice del Museo delle Trame Mediterranee. A dicembre le è stato conferito il premio internazionale Franco Cuomo per l’insieme delle sue opere: ritratti femminili a olio e acrilico, sculture a grandezza naturale, maschere di gesso e vetro, disegni a biro, per esempio. Ha aperto a Sapereambiente le porte della sua casa-studio. In fondo al salotto c’è un uomo bianco di spago. Eretto, nudo, alto. Si chiama Revival of the spirit. È la prima opera che la pittrice e scultrice Hadeel Azeez mi presenta: parla di luce e di energia che rianimano il nostro vero essere, che ci restituiscono a ciò che siamo e alla nostra appartenenza alla natura. Primitivo nella postura e nel volto, da scultura di antiche civiltà. Hadeel ha gli occhi neri e te li tiene addosso mentre parla, pacata. Racconta delle sue opere con generosità, di sé con riservata sincerità. È nata a Baghdad nel 1981, da padre iracheno e madre iraniana. Vive e lavora in Italia dal 2003; da allora non è più tornata in Iraq. Il secondo lavoro che indica, appeso al muro, è il tappeto magico di Aladino, delle Mille e una notte: in qualche modo un simbolo dell’Iraq, dove quelle fiabe sono ambientate. Un’opera politica, esposta a Castel dell’Ovo in occasione di una mostra collettiva: «era sospeso come se volasse e più su c’era un missile, sospeso anche lui, e il tappeto con un sistema di flebo gocciolava sangue per terra in un recipiente». Violenza e guerra, in particolare quella del 1991 che Hadeel «ha sentito addosso».
Come l’uomo di spago, il tappeto magico è del 2012. Nei due anni successivi, una pausa. Poi Hadeel ha ripreso a ripreso a creare. Opere diverse: forme astratte e sinuose, in bianco e nero, disegnate con la penna a biro, su fogli di taccuino, poi via via più grandi. Ora al nero ha aggiunto il colore e all’improvvisazione lo studio figurativo. Come nelle grandi tavole del suo progetto Birds from an imaginary paradise, per esempio, al quale lavora da un anno e che spera di poter esporre presto. Uccelli di specie minacciate, «animali meravigliosi che il nostro modo di vivere sta uccidendo»; uccelli anche come simbolo di libertà e di pace, presenti in tutte le religioni e in tutte le civiltà.
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Da Baghdad al mondo
Del suo percorso artistico racconta: «L’accademia l’ho fatta a Bagdad. Quando sono arrivata in Italia ero molto giovane, non avevo capito ancora esattamente che cosa volevo fare con la tecnica pittorica, con l’arte, quindi dipingevo più che altro ritratti. A un certo punto ho avuto un’intuizione, anche grazie all’aver conosciuto l’artista iraniana Shirin Neshat, che sulle sue fotografie sulle scriveva le sue memorie. Mi piaceva molto moltissimo come idea e ho cominciato a fare una cosa simile, dipingendo a olio e utilizzando poi la poesia, soprattutto del poeta Nizar Qabbani, il poeta delle donne. Partendo da là anche per il fatto che ero donna, che vengo da un paese in cui la condizione femminile non è quella europea, e avevo questa idea di voler avanzare come donna. Questa cosa, però, presto non è più stata mia. E ho passato due anni in cui comunque disegnavo ma non facevo più quello che facevo prima».
La lingua dei pensieri
La domanda nasce spontanea: pensa in arabo quando crea? «Non so se il mio pensiero ha una lingua o se sogno in qualche lingua. Credo sia legato a un’attività senza una vera identità, qualcosa di molto più astratto rispetto a una grammatica. Siamo abituati a pensare con le parole, ma quando, e se, ci si libera da questo schema il pensiero diventa molto più creativo». Un pensiero che va dove le parole non possono arrivare.
Nello studio, c’è un quadro grande in lavorazione, con un uovo arancione al centro. I disegni con la bic – fatti nell’arco degli ultimi otto anni e che Hadeel tira fuori da una cartella – hanno un orientamento astratto, ma «a guardare bene c’è anche l’elemento figurativo», commenta l’artista.
«Tutto si riferisce un po’ al mondo della natura, probabilmente perché, come dicevo, non penso quando disegno ma lascio andare la mia mente a quello che sento in quei momenti».
Animale, uomo, pianta, cosmo
Sono disegni in cui il nero sfuma o si addensa a formare figure dove si nascondono occhi, becchi e musi, dove emergono scimmie, piume e pellicce. Immagini che «vengono da sole, senza nessun controllo» e che «molto hanno a che fare con gli animali perché il tratto stesso richiama la pelliccia. Comincio con un tratto di penna molto molto leggero e a mano a mano aggiungo, a strati». Mondi che viaggiano tra la bestia e il cosmo.
Guarda il video delle opere di Hadeel Azeez
«Esatto: animale, uomo, pianta, cosmo. Natura, vita. Lontano da tutto ciò che può essere sofferenza».
Che non c’è mai in questi disegni? «A meno di non interpretare le macchie scure come qualcosa di violento o di tragico; ma io non sento questo”. Macchie un po’ psichedeliche. Surrealiste. Poi colibrì, uccelli del paradiso, riti e voli: nella nuova serie di disegni, di maggiori dimensioni, a cui sta lavorando per Birds from an imaginary paradise, Hadeel ha aggiunto tocchi di colore molto acceso. Sempre a biro. Qui niente è più immaginario, niente nasce di getto. Hadeel ha studiato fotografie e comportamenti. Di immaginario rimane solo il paradiso, che pure, un tempo, è stata questa Terra ricca di meraviglie.
Animali fantastici e dove trovarli (in Mesopotamia)
Sempre animali in un altro progetto che l’artista porta avanti da un po’: gli animali fantastici dell’antica Mesopotamia. Anche qui lo studio. «Questo è un essere in cui ci sono diversi animali insieme, tra cui una gazzella, un serpente e un leone, animali che erano protettori della città di Babilonia». Anche qui il movimento e una sinuosità morbida delle forme. «Il movimento è quello che tiene insieme tutto. Con il movimento, qui queste creature diventano loro stesse». Essere ciò che si è. Un tema; il tema, forse. Al di là della propria identità di genere. «In questo momento sento semplicemente che dobbiamo andare oltre. Soltanto esistere». C’è molto nello studio di Hadeel Azeez. “Anni di lavoro”, sorride. Hadeel Azeez esporrà una selezione di opere dal titolo Elementi del visibile, il 23 e il 24 febbraio nell’Atelier San Lo’ di Solveig Cogliani, altra artista vincitrice del premio Cuomo 2022, via dei Reti 23 a Roma.
Saperenetwork è...
- Alice Scialoja, giornalista, lavora presso l'ufficio stampa di Legambiente e collabora con La Stampa e con La Nuova Ecologia. Esperta di temi ambientali, si occupa di questioni sociali, in particolare di accoglienza. Ha pubblicato il libro A Lampedusa (Infinito edizioni, 2010) con Fabio Sanfilippo, e i testi Neither roof nor law e Lampedusa Chapter two nel libro Mare Morto di Detier Huber ( Kerber Verlag, 2011). È laureata in Lettere, vive a Roma.
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