V come Virus, Vulnerabilità, Volto, Volontà, Vita…
Un virus ci ha sconvolto la vita, dandoci però la possibilità di esplorare la nostra vulnerabilità. Come aiutare i più piccoli in questa nuova vita fatta di volti coperti e poca vicinanza? Forse ripartendo dalla volontà, dalla voglia di fare che nei bambini è innata, e che troppo spesso sottovalutiamo…
Nel nostro organismo, il capo pensa, il corpo sente, gli arti vogliono e la fase della vita in cui siamo pura volontà è l’infanzia. Provate a chiedere ad un bambino o ad un sedicenne chi vuole aiutare a zappare il giardino e ne avrete la manifestazione più visibile. I maestri lo sanno: i piccoli, così pieni di futuro, sono pieni di voglia di fare. Ciò che veramente li nutre e li fa crescere in modo sano è la quantità di esperienze sensate che li mette in movimento.
Voglio volere…
Eppure, quante volte abbiamo sentito dire dagli insegnanti: «È intelligente, ma svogliato…». Come si educa il volere? Cos’è la volontà? Come mi spiego che sono disposta ad uscire a qualunque ora della notte (coprifuoco permettendo) per andare a comprare le sigarette mentre da anni dovrei svuotare la cantina e non riesco? Perché certi bambini sin dal primo giorno di scuola fanno i compiti senza difficoltà e altri li trasformano in un incubo che paralizza tutta la famiglia, ma per poter giocare all’ultimo Fortnite sono disposti a tutto?
Bramare o scegliere?
La differenza è sottile e sostanziale: in un caso c’è una brama, magari un vizio che prende il sopravvento, dall’altra una decisione interiore, una scelta, una presa di posizione che – lo sentite? – ci fa sentire centrati, verticali.
Allenare alla volontà
La volontà si può allenare, per esempio prendendosi l’impegno di compiere un piccolo gesto ogni giorno, alla stessa ora (schioccare le dita, bere un sorso d’acqua) e lo stesso si può fare con i bambini: ogni lunedì è il tuo turno di apparecchiare, ogni giovedì cambiamo l’acqua al pesce… E la volontà si accresce grazie al movimento finalizzato e ritmico che va dal gioco alle attività artistiche alle faccende domestiche.
…attraverso il corpo
Se i bambini e i ragazzi almeno fino ai 16 anni non fanno esperienze con il corpo, il cervello non porta a maturazione la parte frontale dove risiedono i centri di controllo del pensare autonomo e la volontà si frustra: si mortifica (nel senso letterale di portare a morte) l’anelito essenziale del nostro organismo psico-fisico di agire nel mondo, di trasformarlo, di creare qualcosa che prima non c’era e che dunque è il futuro.
Un muscolo da attivare
Quando siedono immobili per ore davanti agli schermi, bambini e ragazzi rovesciano l’atto stesso del guardare: «Quando guardiamo sono attivi e si muovono i muscoli dell’occhio per cogliere ciò che si vuole osservare. Davanti allo schermo è invece l’immagine che si muove e i muscoli dell’occhio restano rigidi e inattivi: una stimolazione permanente errata nella maturazione dell’organo visivo», scrive Michaela Gloeckler in Coronavirus: una crisi, come superarla? saggio edito da Arcobaleno, da poco uscito.
Gli ostacoli dell’emergenza sanitaria
Ci si abitua a reagire allo schema predisposto, si inibisce la fantasia e azzera l’empatia. E quando entriamo nell’ambito del virtuale e della realtà aumentata, cos’altro succede? Non c’è dubbio che sulla strada verso il sano sviluppo dei nostri ragazzi siano stati posti ostacoli immensi, aggravati dall’emergenza sanitaria che ha portato loro mascherine, distanziamento e azzeramento dell’esperienza scolastica nelle sue molteplici componenti.
Il volto della distanza
«Un volto non visibile nella sua interezza scompone l’integrazione olistica che appartiene alle disposizioni neuronali di cui siamo depositari e infrange un patto segreto ed antico dell’uomo di fronte all’altro uomo. I bambini semplicemente direbbero: non vale!», scrivono per esempio su Volto e distanza quattro maestre della fascia 0-6 in un testo del maggio scorso.
Maschere e autenticità
Un documento appassionato, rigoroso, ricco di rimandi scientifici e filosofici, costellato di osservazioni profonde e domande sul ruolo del volto e della vicinanza nelle tappe evolutive del bambino.
Perché «Un volto parzialmente celato, dunque non pienamente riconoscibile e di cui non si evince l’autenticità, chiama direttamente in causa ogni educatore, chiamato ad essere responsabile dell’autenticità di se stesso».
Sintassi affettive in bilico
Con il “paesaggio del viso” negato e la grammatica delle emozioni del volto inintelligibile, verso quali orizzonti stiamo spingendo i nostri piccoli? Quali sintassi imparano? Se è vero che il nostro primo libro è il volto della mamma, come ben testimonia Luigi Paladin, scrittore e docente di psicologia sociale a Brescia che impatto avrà non poter interagire con il sorriso, le smorfie, le labbra che dicono e la voce che risuona libera?
I bambini avranno paura della vicinanza?
E la distanza? Quali conseguenze avrà la riprogrammazione neurologica che ci impone di venir meno alla prossimità e alla relazione, l’essenza del nostro essere umani? «Non ci metteranno molto i bambini ad avere paura della vicinanza dell’altro, a cadere nella depressione della mancanza di senso, a rifugiarsi nel gioco isolato che ha come corollario il non toccare e non sporcarsi, in ultimo non giocare, che per il bambino equivale al non essere?», si chiede in un articolo Valeria Vincenti, medico antroposofo che collabora con diverse scuole in Italia.
Una generazione da (ri) prendere per mano
Come possiamo aiutare i disagi e l’ansia, i disturbi del sonno e dell’apprendimento che già oggi segnalano moltissimi terapeuti ed insegnanti? Come arginare e sostenere domani questa “generazione Covid”? Perché è (anche) così che il virus ci ha messo di fronte alla nostra vulnerabilità: ha minato il senso di sicurezza, l’idea rapace della crescita infinita.
Scoperchiato il pentolone per far emergere le domande essenziali: che senso ha tutto questo? Cosa è giusto? Qual è il mio ruolo? E sta togliendoci il gusto per la vita, indebolendo la volontà di tutti. Volto viene da “volle”, volere, desiderare; e viso da “vedere”: interessante, no? È il volere libero che ci chiama, come sempre nelle crisi.
Guarda l’intervento di Viktor Frankl, fondatore della logopedia
Tornare nel mondo, con amore
Molti uomini in situazioni eccezionali hanno dimostrato di cosa l’umana volontà, ovvero la nostra componente più individuale e più sacra, sia capace e Viktor Frankl è tra questi. Psichiatra e neurologo, fondatore della logoterapia, ad Auschwitz era il numero 119.104. Perse nei lager tutta la sua famiglia e riuscì a fare di quell’esperienza di odio, morte e violenza il perno stesso della sua stessa vita, nella ricerca del vero significato dell’esistenza e nella radicale trasformazione di se stesso.
Scrisse: «Vidi la verità come viene definita da molti poeti o proclamata come saggezza finale da tanti pensatori. La verità è che l’amore è l’obiettivo finale, il più alto a cui l’uomo possa aspirare». Gli educatori lo sanno. Adesso tocca al mondo. Parola d’ordine? Volver!
Saperenetwork è...
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Stefania Chinzari è pedagogista clinica a indirizzo antroposofico, counselor dell’età evolutiva e tutor dell’apprendimento. Si occupa di pedagogia dal 2000, dopo che la nascita dei suoi due figli ha messo in crisi molte certezze professionali e educative. Lavora a Roma con l’associazione Semi di Futuro per creare luoghi in cui ogni individuo, bambino, adolescente o adulto, possa trovare l’ambiente adatto a far “fiorire” i propri talenti.
Svolge attività di formazione in tutta Italia sui temi delle difficoltà evolutive e di apprendimento, della genitorialità consapevole, dell’eco-pedagogia e dell’autoeducazione. E’ stata maestra di classe nella scuola steineriana “Il giardino dei cedri” per 13 anni e docente all’Università di Cassino. E’ membro del Gruppo di studio e ricerca sui DSA-BES, della SIAF e di Airipa Italia. E’ vice-presidente di Direttamente onlus con cui sostiene la scuola Hands of Love di Kariobangi a Nairobi per bambini provenienti da gravi situazioni di disagio sociale ed economico.
Giornalista professionista e scrittrice, ha lavorato nella redazione cultura e spettacoli dell’Unità per 12 anni e collaborato con numerose testate. Ha lavorato con l’Università di Roma “La Sapienza” all’archivio di Gerardo Guerrieri e pubblicato diversi libri tra cui Nuova scena italiana. Il teatro di fine millennio e Dove sta la frontiera. Dalle ambulanze di guerra agli scambi interculturali. Il suo ultimo libro è Le mani in movimento (2019) sulla necessità di risvegliarci alle nostre mani, elemento cardine della nostra evoluzione e strumento educativo incredibilmente efficace.
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