La proposta culturale di una comunità montana. Intervista a Lucia Perlot del Festival Orme
Artisti di grande livello. E poi relazioni, lentezza, natura, tradizioni. Questi gli ingredienti dell’evento di Fai della Paganella, secondo la presidente del Consorzio Fai Vacanze, che lo cura. In attesa della prossima edizione
Nel cuore delle Dolomiti di Brenta, a Fai della Paganella in Trentino, il Festival Orme, giunto alla settima edizione, è passato da tre a dieci giorni di proposte culturali, artistiche, gastronomiche, olistiche, sportive, di scoperta del territorio e dei suoi mestieri. Attività che si sono tenute a fine estate nei sentieri dell’altipiano e presso il Parco del Respiro, aree che hanno ottenuto le certificazioni Pefc per le loro funzioni turistico ricreative e l’idoneità al benessere forestale. Più di settanta gli appuntamenti del festival, tra cui momenti musicali con Davide Locatelli, Ron, Cristiano Godano, Giovanni Costantini, Duo Salis e Tony Berchmans, eventi e spettacoli per bambini nel bosco come “Hansel e Gretel” e “Alberi Maestri” di Campsirago Residenza. Si è raccontato di esperienze di alpinismo ed esplorazione grazie alla compagnia (S)legati e al racconto “Soul bears” di Yanez Borella. Non sono mancati gli approfondimenti con Gianluca Cepollaro di TSM-Accademia della Montagna, su temi come meteorologia e cambiamento climatico con l’esperto Giacomo Poletti e con una tavola rotonda sulla cura del bosco con Marco Albino Ferrari scrittore e saggista, Annibale Salsa antropologo e Mario Cerato Storico-forestale.
In vista dell’edizione 2025, l’ottava, Lucia Perlot, presidente del Consorzio Fai Vacanze, traccia con Sapereambiente un bilancio su quanto avvenuto la scorsa estate. E ci racconta come è nata questa esperienza collocandola da una parte nel contesto locale, dall’altra nei cambiamenti in corso su scala globale.
Da chi è partita l’idea di creare un festival come Orme a Fai della Paganella?
Festival Orme nasce da un gruppo di persone sostenuto da APT Visit Paganella, dal Comune di Fai della Paganella e dalla Provincia di Trento. Il progetto è curato dal Consorzio Fai Vacanze. L’iniziativa nasce nel 2018 in seguito a un percorso di ricerca e specializzazione con l’obiettivo di promuovere il nostro territorio, mantenerlo e renderlo un luogo dove rimanere a vivere per le prossime generazioni, un luogo che possa sostenersi con un’economia mista, legata ancora all’agricoltura, alla zootecnia, al turismo e all’artigianato, senza però cambiare in maniera radicale, rispettandone la naturalità, esaltando le caratteristiche e cercando di risolvere le criticità. Da questo processo, attualmente ancora in corso e che coinvolge la comunità, nacque l’idea del Festival come momento massimo di condivisione del meglio che può offrire, insieme ad un aspetto che crediamo molto importante, quello culturale.
Quest’anno il Festival è passato per la prima volta da tre a dieci giorni di programmazione. Perché?
Per una questione di sostenibilità economica, ambientale e di possibilità di immergersi in un territorio si è deciso di provare ad allungare il festival. Stare più giorni consente di entrare in empatia con le persone e il paese, aumenta la consapevolezza di scegliere un luogo non solo per un evento singolo, ma perché si sposa la stessa filosofia, si condivide un messaggio, si creano relazioni. La scelta è stata quella di allontanare il più possibile la dinamica “mordi e fuggi”. Tutte e sei le edizioni di Orme hanno tenuto conto della dimensione di benessere nella natura. Estendere a 10 giorni la programmazione ci ha permesso di dare evidenza a questo aspetto per noi molto importante.
Orme propone un impegno verso la promozione della cultura montana e la moltiplicazione delle attività legate a tale territorio. Quanto la destagionalizzazione aiuta a immaginare prospettive per l’economia locale negli anni a venire?
La destagionalizzazione a Fai della Paganella è in corso da diversi anni, grazie a molte strutture che rimangono aperte a lungo, grazie ai piccoli negozi e ai ristoranti del paese che garantiscono un servizio continuativo durante tutto l’anno. C’è ancora molto da fare, soprattutto perché il sistema ferie in Italia non aiuta.
In questo quadro: c’è difficoltà nel considerare un eventuale scenario in cui l’innevamento artificiale non risponderà alle economie di alcune altitudini?
L’innevamento artificiale è da anni determinante per lo sci. Sento spesso tante polemiche su consumo di acqua, energia elettrica, ecc… Vero, ma dobbiamo considerare che il “sistema sci” garantisce posti di lavoro a moltissime famiglie, fa parte di una catena molto più lunga: hotel, ristoranti, appartamenti, negozi, servizi: in poche parole la vita di una comunità di montagna. Si deve invece, secondo me, studiare alternative allo sci perché prima o poi a determinate quote non sarà nemmeno possibile fare la neve artificiale. Costruire consapevolezza sul cambiamento climatico e cercare un target consapevole e desideroso di fare attività slegate dallo sci è la vera sfida del futuro prossimo.
Nel vostro manifesto è molto presente la sensibilizzazione circa l’impatto ecologico individuale. Questo nonostante le azioni possibili siano sempre in dialogo con i tempi e con la conoscenza a disposizione. Rinnovate e attualizzate l’attenzione su questi temi?
Questo è un tema delicato e complesso. Il primo problema è capire quali siano le azioni davvero positive. In questo contesto storico, tutto ha impatto. Quello a cui teniamo e che possiamo fare, è far pensare. L’obiettivo è tentare di tenere vivo il sentimento che porta a cercare di capire come essere rispettosi, educati e consapevoli. Nessuno da solo risolve problemi, ma sapere cosa si sta facendo è il primo passo per poter decidere di fare o non fare qualcosa.
Saperenetwork è...
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Aspirante pubblicista, collabora con un giornale locale e ha finora pubblicato su testate on-line e sui social. Si interessa di cooperazione internazionale e si occupa di commercio locale ed estero.
Tratta principalmente di ambiente, diseguaglianze economiche e sociali, energia e infrastrutture. Sogna di combinare viaggio e reportage e ambisce a pubblicare un libro che getti luce su quanto l'impronta ecologica finale del consumatore sia legata all'inquinamento. Con focus sull'Indonesia intende rintracciare aspetti del colonialismo tradizionale ancora presenti nel commercio internazionale e dimostrarne le dinamiche di sperequazione della ricchezza.
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