Economia vegetale, cosa le piante possono insegnare al capitalismo

Le piante sono un organismo collettivo con una intelligenza distribuita che le rende straordinariamente resilienti (Foto: Scott Webb, pexels)

Economia vegetale, cosa le piante possono insegnare al capitalismo

Il volume di Luigino Bruni, pubblicato da Aboca Edizioni, indaga le caratteristiche che rendono l’universo vegetale forte e resiliente, perché le sfide della sostenibilità impongono agli attori economici di ripensare i propri modelli

copertina di "Economia Vegetale"
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«Che cosa poteva diventare l’economia se gli economisti avessero adottato un paradigma vegetale?». Si apre con questa domanda il saggio “Economia vegetale”, scritto da Luigino Bruni e recentemente pubblicato da Aboca Edizioni. Il testo offre una interessante riflessione intorno al modello sul quale si è plasmata l’economia attuale e che, secondo l’economista, non in grado di fronteggiare le grandi sfide che pone la ricerca di uno sviluppo sostenibile.

Gerarchizzati o cooperativi?

Il sistema economico attuale si è infatti ispirato nella sua costruzione al sistema animale, un sistema cioè caratterizzato da un “cuore pulsante” e da una divisione gerarchica e funzionale. A questo si contrappone il sistema vegetale, nel quale le piante sentono con l’intera estensione del loro corpo. Non avendo cervello né organi centrali, le piante hanno dovuto imparare a “pensare”, “vedere”, “sentire”, “comunicare” valorizzando soprattutto le periferie, apprendendo a vivere in perfetta cooperazione con tutto il bosco. Una prospettiva affascinante che rimanda a un sapere ancestrale che gli uomini hanno perso nel tempo, perché, come sottolinea Bruni, l’intelligenza degli esseri umani non è l’unica intelligenza del pianeta e i nostri progenitori conoscevano certo meno lingue di noi ma senz’altro «conoscevano più linguaggi non verbali».
foto Bruni
L’economista Luigino Bruni

Il rapporto con i beni comuni

Nell’era dei beni comuni il paradigma capitalistico occidentale «si è rivelato improvvisamente un Re nudo» di fronte alla crisi ambientale. In questa situazione emerge la «tragedia dei beni comuni», a rischio in quanto sono «sostanzialmente una faccenda di relazione, tra le persone e delle persone con la terra e il cosmo». Un tema, questo, che sfugge all’economia capitalistica e che è figlio anche di un registro tipicamente maschile. Non è un caso, rivela Bruni, se le prime a parlare di beni comuni e della necessità di tutelarli sono state donne economiste, in particolare Katharine Coman nel 1911 e, in tempi più recenti, la Premio Nobel Elinor Ostrom nel 2006. Nell’esigenza di tutelare i beni comuni che, se a rischio, potrebbero mettere anche in crisi le democrazie, Bruni esamina i grandi protagonisti dell’economia moderna e contemporanea, dalle multinazionali alle organizzazioni a movente ideale fino alle cooperative. Queste ultime in particolare, nel capitalismo europeo conosciuto, sono quelle che meglio richiamano il paradigma vegetale.
Il saggista in Economia vegetale esplora il tema della governance in ottica futura, con riferimenti antropologici, religiosi e culturali non banali, per un futuro più giusto.
Luigino Bruni (Ascoli Piceno, 1966), è economista e storico del pensiero economico con interessi di ricerca per la filosofia, la letteratura e gli studi biblici. Presso l’Università Lumsa di Roma è Ordinario in Economia Politica e Coordinatore del Dottorato in Scienze dell’Economia Civile. È editorialista per Avvenire e collaboratore del Sole24Ore. È direttore Scientifico dell’evento Economy of Francesco e Presidente della Scuola di Economia Civile che ha promosso e fondato insieme a Stefano Zamagni.

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Marina Maffei
Marina Maffei
Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.

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