Il profitto e la cura, di Cinzia Scaffidi. Cronaca di un disastro annunciato. E delle voci illustri che avvertirono…
Durante gli ultimi decenni la produzione alimentare si è plasmata intorno a un capitalismo ottuso, ormai visibilmente fallimentare. Alle soglie (si spera) della tanto agognata “transizione ecologica”, la giornalista e studiosa ci racconta che avremmo potuto fermarci per tempo
Ha ragione Luciana Castellina quando, nell’introduzione a Il profitto e la cura. La sostenibilità e le voci che non abbiamo ascoltato di Cinzia Scaffidi, scrive che raccontare in breve questo libro è cosa nient’affatto facile. Non è facile perché ci sono, solo per citarne alcuni e ci si stupirà che tanto abbiano in comune tra loro, la Bibbia, Engels, il guardiacaccia amante di Lady Chatterley di D. H. Lawrence, i ragazzi di Barbiana. C’è una serie di Nobel “sbagliati”, il riduzionista (poi però pentito) Liebig, seguito da coloro che portarono avanti le sue scoperte (probabilmente senza pentimento), Bosh e Haber padri dei fertilizzanti di sintesi. E Paul Muller con il Ddt, Giulio Natta e Karl Waldemar Ziegler con il Moplen. Scopriamo che è con un accattivante spot anni ’60 con il comico lombardo Gino Bramieri che è scoccato l’inizio della “rivoluzione” di plastica.
Guarda il video di Gino Bramieri e del Moplen
Cronaca (ironica) di una corsa ottusa
Si legge d’un fiato (si “deve” leggere d’un fiato, si raccomanda sempre Castellina) questo volume, uscito per i tipi di Slow Food Editore, riflessione critica sul progresso, su quelle magnifiche sorti e progressive che hanno trasformato il nostro rapporto con l’alimentazione e con la natura. Lo stile della docente e giornalista, che da anni studia le problematiche del cibo, autrice di altri libri sull’argomento, è accattivante, ritmico, riesce a tenere il passo con la Storia con ironia senza rinunciare ad una precisione estrema di date e dati, nomi, aneddoti e informazioni.
Incalza, questo racconto del nostro mondo, arrivato alla modernità con entusiasmo ottuso, turbo ottimista e rottamatore (aggettivo che rende al meglio il concetto). È con cieco ottimismo che si è andati verso l’industrializzazione dell’agricoltura, con superficiale arroganza abbiamo celebrato “l’andare avanti” a tutti i costi verso fertilizzanti e diserbanti, a cui abbiamo guardato con fiducia, “positività”, si direbbe usando una categoria (senza senso) oggi tanto cara ai social media.
Una marcia cieca verso la parcellizzazione del lavoro, del modo di mangiare e di vivere la vita, una mobilitazione continua e frenetica che vogliamo ancora credere libertà, ma è invece perdita del sapere, dei saperi.
Le voci di dentro e i loro moniti
Eppure, nel corso dei decenni, dei secoli, sono state tante le voci che non abbiamo ascoltato. Von Humboldt e Rachel Carson, Laura Conti e Kant, Carl Sauer e Albert Howard, Papa Francesco e Alexander Langer, solo per citarne alcune. Fossero ancora, molti di loro, ancora in vita, potrebbero permettersi di dirci; «Ve l’avevo detto, io».
A chi accusava (e accade tuttora, a quanto pare anche ai vertici di ministeri preposti) gli ambientalisti di essere dei velleitari radical chic, il compianto Alexander Langer rispondeva che: «L’ecologia, più che un lusso dei ricchi, è una necessità dei poveri».
Ovviamente, invece che scegliere il percorso lentius, profundius, suavius, la politica ha scelto sempre e ovunque la fretta, perché è di fretta che ha bisogno, è sulla fretta che ha fondato la sua essenza, il profitto a scapito della cura. La cura è necessariamente lenta, attenta, e rallenta il profitto, (ri)distribuendolo. È antagonista del capitalismo, che del profitto immediato e centralizzato si nutre, ha bisogno; accumulare tanto in poche, pochissime mani, che diventano sempre più ricche, potenti e quindi importanti per la politica.
Aritmetica nevrotica della modernità
Che l’economia abbia degli obiettivi è comprensibile, ma è insensata l’idea, secondo Laura Conti che questi obiettivi debbano inevitabilmente deteriorare la natura.
«L’antitesi (economia versus ecologia, ndr) che in prima approssimazione si constata dipende dal fatto che le scelte economiche sono, nella nostra società, scelte parziali, settoriali e a breve termine, mentre l’ecologia è sempre un punto di vista globale».
Ecco, il filo rosso di Il profitto e la cura, oltre all’excursus di voci che negli anni hanno tentato di svegliare il genere umano dal proprio torpore entusiasta, è proprio questo invito a cambiare prospettiva, riconoscendo la necessità di evitare il riduzionismo, la divisione aritmetica (con cui, ad esempio, è nata l’Europa, Mercato Comune che ancora oggi fatica a divenire altro), che negli anni cinquanta e sessanta ha spinto su chimica di sintesi e meccanizzazione.
Perché, questa la logica, se esiste la miseria nel mondo rurale, è perché persistono troppi piccoli e medi agricoltori. Se il reddito è basso è perché troppi lo percepiscono.
E quindi, accorpiamo, eliminiamo i piccoli, creiamo i grandi, molto grandi, enormi. Pochi, sempre di meno e sempre più grandi, mastodontici.
La lezione di Cosimo
Racconto quasi cinematografico, che procede per assonanze, un montaggio connotativo della Storia alla Kubrick di 2001: Odissea nello spazio (la cui scena iniziale ben si sposerebbe con l’inizio del libro, il racconto di come siamo arrivati all’agricoltura moderna partendo dagli uomini primitivi…anzi, dalla punizione inflitta ad Adamo e Eva), Il profitto e la cura informa coinvolgendo, ed è per questo un ottimo manifesto divulgativo. Nel mettere insieme il passato, senza cedere nella romanticizzazione ma spiegandolo con leggerezza e precisione, ha una struttura calviniana, che ricorda le Lezioni americane.
E infatti c’è anche Cosimo, il barone rampante di Calvino, citato nell’ultimo capitolo. Tra Julia Hill, Rosa Parks e un cappellaio della provincia piemontese dei primi anni del ‘900, un monito, una speranza.
Possiamo tutte, tutti contribuire ad un cambiamento di rotta, con un minimo di coerenza. Certo, può costare un po’ di fatica, qualche sacrificio, ma la sorpresa nel rendersi conto di quanto possiamo influenzare intere comunità ripaga di tutto.
Guarda il video de “Il Barone Rampante” letto da Peppe Servillo
Saperenetwork è...
- Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.
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