La fantascienza e i paradossi della nostra presenza sulla Terra
Nel suo “Raccontare la fine del mondo” Marco Malvestio analizza la narrativa dei fenomeni di origine antropica che stanno trasformando le nostre vite all’interno di film e romanzi di fantascienza. Spesso con un approccio apocalittico
Dopo tanta fantascienza sembra che il momento apocalittico sia alle porte e Marco Malvestio ci propone un viaggio attraverso la letteratura e la filmografia della “fine del mondo”. Un percorso edito da Nottetempo, ricco di rimandi a scenari distopici e apocalittici che ha il potere di mettere in luce il ruolo dell’antropos in relazione all’ambiente in cui vive e la responsabilità dell’oggi verso un futuro sempre più incerto.
Dentro l’Antropocene
Non ci si può addentrare nella letteratura distopica o apocalittica senza chiarirsi sul concetto geo-storico di Antropocene, era in cui questo genere è ambientato. Fu il chimico premio Nobel Paul Crutzen ha definire questa nuova era, caratterizzata dall’evidente impatto delle attività umane sull’ambiente, sottolineando il passaggio dall’Olocene, come viene ancora chiamato il nostro presente dai geologi, a una nuova fase della storia della Terra caratterizzata da cambiamenti ambientali di origine antropica.
Crutzen pone l’inizio dell’Antropocene sul finire del XVIII secolo, altri lo collocano nel momento di esplosione della prima bomba atomica che coincide con l’inizio del fenomeno della Grande Accelerazione, legato alla crescita esponenziale della presenza umana sul nostro Pianeta e alla conseguente e inevitabile sovrapposizione degli ambiti della storia umana e di quella naturale.
«Certo l’uomo ha sempre interagito con il proprio ambiente e lo ha sempre modificato, ma negli ultimi due secoli lo ha fatto in maniera tale da alterare irrimediabilmente le condizioni del pianeta. Da agente biologico la specie umana si è trasformata in agente geologico».
La letteratura fantascientifica, distopica e post apocalittica, si colloca inevitabilmente nell’Era dell’Antropocene e amplifica gli effetti degli elementi che la caratterizzano spingendoli verso un futuro oggi sicuramente più presumibile che immaginario. Il saggio suddivide l’ampia produzione della narrazione di “fine mondo” in cinque capitoli legati ad altrettanti fenomeni di origine antropica che stanno trasformando le nostre vite e il pianeta: il nucleare, le pandemie, il surriscaldamento, l’estinzione di specie vegetali e quella di specie animali.
Il pericolo atomico
L’energia atomica ha sicuramente messo in luce la doppia natura, creatrice e distruttrice, dell’ingegno umano e l’immaginario di scrittori e registi ha fatto leva su questa ambivalenza creando scenari post atomici in cui la desolazione dei paesaggi è cornice e specchio ad altrettanto desolanti paesaggi interiori. Malvestio ci accompagna in un viaggio letterario e cinematografico che dagli Anni 50 giunge fino ai nostri giorni.
Dal racconto “Cadrà dolce la Pioggia” in “Cronache Marziane” di Ray Bradbury (1950), una delle opere cardine della fantascienza, a “Addio Babilonia” di Pat Frank del 1959, indubbiamente uno tra i primi e più fortunati romanzi del dopo bomba. E poi ancora “Un Cantico per Leibowitz” sempre del 1959 di Walter M. Miller che racchiude un flusso di eventi in cui il futuro post atomico si confonde con un passato medievale.
Ma anche il cinema hollywoodiano ai suoi primordi non può non raccontare l’ansia per gli effetti mortali delle radiazioni con opere come “L’Ultima Spiaggia” di Stanley Kramer del 1959 basata sull’omonimo romanzo di Nevil Shute. Dall’escursus di Malvestio emerge come l’immaginario catastrofico legato all’atomica abbia preso varie forme nella fiction del Ventesimo secolo andando dalla distruzione, all’avvelenamento, alle mutazioni,
«ma soprattutto ha rappresentato un momento di riflessione sulle minacce di una tecnologia così potente al servizio dell’umanità se la mentalità bellicosa e tecnocratica della nostra specie non è in grado di cambiare. In questo senso l’ombra dell’atomica si stende anche sui dibattiti contemporanei sull’Antropocene: è possibile sottrarsi alla catastrofe senza intervenire non sugli strumenti tecnologici ma sulle loro premesse culturali?».
Le pandemie
Da Sofocle a Boccaccio, da Defoe a Manzoni, da Camus a Saramago, la letteratura è piena di scenari pandemici più o meno fantasiosi. «Rispetto a esplosioni atomiche o catastrofi ambientali, il romanzo della pandemia non rappresenta qualcosa che rischia di accadere o che accadrà, ma qualcosa che di fatto è già accaduto in passato.» Le pandemie, così come le stiamo vivendo, sono caratterizzate da due elementi che ci permettono di qualificarle come problemi peculiari dell’Antropocene: la loro origine zoonotica e la spinta che ricevono dalla Grande Accelerazione.
Con “L’Ultimo Uomo” della nota Mary Wollstonecraft Shelley del 1826 Marco Malvestio ci riporta in uno dei primi e più incidenti romanzi post apocalittici ambientati in una pandemia. Ma è il cinema ad offrire il meglio per quanto riguarda questo genere. Troviamo opere come “Virus letale” di Wolfgang Peterson (1995), “L’Esercito delle Dodici Scimmie” di Terry Gillman, (1995), “Mission: Impossible II” di Brian De Palma (2000) solo per citare i più noti.
La narrativa sui fenomeni pandemici mostra in modo evidente il paradosso contenuto nel modello capitalistico neoliberale che se da un lato ha saputo garantire ai propri cittadini salute e longevità, allo stesso tempo è causa di scompensi ambientali tali da scatenare pandemie.
Surriscaldamento, piante e animali
Gli ultimi tre capitoli del saggio di Malvestio mettono in luce come le conseguenze dell’Antropocene non riguardino solo gli antropos ma tutte le forme di vita sul nostro Pianeta. Dal mondo minerale segnato da fenomeni di erosione, a quello vegetale piagato dalle monocolture, ai rapidi fenomeni di estinzione animale, tutto risulta inevitabilmente collegato.
Passando per opere come “Il Giorno dei Trifidi” di John Wyndh che ci apre al concetto di plant blindness, o “Il Mondo Sommerso” di James Ballard dove viene teorizzato il tema dell’ecofobia, arriviamo ad attente analisi del sistema capitalistico che sottende a un approccio culturale nefasto per il nostro ambiente in lavori come quelli “Odds Against Tomorrow” di Nathaniel Rich e “Oryx and Crake” di Margaret Atwood.
«L’eco-distopia, sottolinea Malvestio, non si focalizza sulle conseguenze di un singolo evento apocalittico, come un’esplosione atomica o una pandemia, ma sul risultato di comportamenti quotidiani e politiche ambientali.» Questo tipo di letteratura ha dunque la capacità di aprire una riflessione sulla nostra presenza ecologica e sull’incidenza dell’era dell’Antropocene nella storia del Pianeta Terra.
Saperenetwork è...
-
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.
Ultimi articoli
- (Ri)letti per voi12 Dicembre 2023Volo Senza Un Grido, il caso Pinelli in una graphic novel
- Libri20 Settembre 2022Tre lune nelle scarpe, il cammino condiviso che unisce
- Fotografia22 Febbraio 2022Misericordia e tradimento. Tano D’Amico e la bellezza della verità
- Buone pratiche21 Gennaio 2022“Spigolatrici d’ambiente”, il femminile guida la conversione ecologica