La notte buia della generazione ribelle

Una manifestazione di studenti negli anni Settanta (Foto: Uliano Lucas, Wikipedia)

La notte buia della generazione ribelle

Nel nuovo libro di Roberto Gramiccia, pubblicato da Mimesis, un racconto personale che attraversa epoche di trasformazione. La crisi della sinistra antagonista, il trionfo dell’individualismo incontrollato, la rivoluzione della fragilità

«Ero un po’ un suo pupillo, in continuo movimento, agitato e irrequieto come pochi ma anche sveglio e reattivo. Per niente disciplinato, già allora facevo solo quello che mi andava di fare e giustamente venivo rimproverato. Quando una mattina la maestra entrò in classe e lesse ad alta voce un mio tema, però, fui felice. Quel tema raccontava la notte buia che aveva inaugurato la ballata della mia vita».

 

Lo scrittore Roberto Gramiccia
Roberto Gramiccia, scrittore, critico d’arte, giornalista e medico.

 

Potrebbe sembrare principalmente un libro autobiografico, ma La notte più buia. Cronache di una generazione (Mimes,2022), il nuovo racconto di Roberto Gramiccia, è molto di più. Ci sono  i grandi fatti, quelli della grande Storia che hanno portato al mutamento radicale della nostra società, alla sua decadenza morale e civile. E le sue vicende personali sono il buon pretesto per parlare di una generazione che ha vissuto sulla propria pelle l’urgenza di compiere delle trasformazioni. Quella generazione di bambini che hanno sperimentato e guardato in faccia la miseria e il classismo, e di  ragazzi e uomini che hanno trovato nei testi filosofici, nell’arte, nello scontro politico, nella lotta di classe, la speranza verso un nuovo mondo. Si legge nelle pagine:

«Quel tardo pomeriggio capii una cosa che ancora non avevo capito. Che c’era un padre di famiglia, un lavoratore, che non poteva promettere a suo figlio non il superfluo ma semplicemente il necessario, l’indispensabile».

Di quegli anni intrisi di conflitti e estremismi, che si acuirono con la strategia della tensione e gli anni di piombo, Roberto Gramiccia riesce a enucleare la questione, quasi sempiterna, fra teoria e prassi. La rivela al lettore. Evidenzia gli errori che hanno portato alla dissoluzione della sinistra antagonista: da una parte il legame con il popolo dall’altra il ritualismo del Pci, con i suoi apparati e il burocratismo.  E poi la diffidenza verso gli intellettuali, così difficili da incasellare, così lontani dal «lavoro politico quotidiano».

La narrazione del personale nel contesto politico e sociale

Ambientati a Roma, gli episodi raccontati da Gramiccia sono una analisi storico-sociale dal punto di vista di un medico, scrittore e critico d’arte, che ha conosciuto le insidie del centralismo democratico e della democrazia estreme (anticipando i limiti della piattaforma Rousseau), che ha saputo fare i conti con i meccanismi di potere che si celano nei partiti, nelle redazioni giornalistiche, sul posto di lavoro. Questioni raccontate nel libro con ironia, e supportate dalle riflessioni filosofiche di un intellettuale raffinato che ha assistito e subito gli eventi della Storia, e che, con la scoperta del valore vitale del thauma e dell’anamnesi,

ha affiancato al desiderio per la rivoluzione sociale nuove vie di emancipazione, ancorate alla memoria familiare, e ancora di più a quella individuale. Dove la ricostruzione dei ricordi diventa catarsi.

Sensazioni ed emozioni che Gramiccia ci fa vivere bene rievocando i legami che vanno  oltre l’impegno politico: «Insomma gli Stati Uniti “non potevano perdere” e, nella logica dell’establishment americano, le ragioni politiche superavano di gran lunga quelle scientifiche […] Resteranno tuttavia, quelli passati con lei in quegli irripetibili frangenti, momenti indimenticabili destinati nel tempo a lievitare per importanza piuttosto che a sgonfiarsi. Ricordi, ancora una volta, adatti a segnalare la sproporzione fra la nostra irrilevanza rispetto alla storia e, tuttavia, il senso profondo di un esserci malgrado tutto, in quell’occasione non con gesti clamorosi e di rivolta ma, al contrario, con tutto o quasi tutto il repertorio delle possibili tenerezze che un uomo e una donna possono scambiarsi».

La casa comune e la fragilità dei suoi abitanti

Come molti compagni che non hanno accettato il compromesso con la società dei consumi, ancella del pensiero unico e dell’ipertecnologia, lo scrittore si interroga sul futuro della nostra casa comune. E denuncia il declino «di una sinistra radicale che, nonostante gli sforzi profusi, non ha saputo cogliere l’occasione di occupare lo spazio politico lasciato libero da una sinistra moderata che ormai non era più nemmeno socialdemocratica, ma liberale o peggio liberista. Le ragioni di una sconfitta destinata a diventare storica ancora devono essere studiate a sufficienza».

 

Protesta donne
Secondo Roberto Gramiccia, l’intreccio tra la fragilità individuale, legata alla caducità ontologica del singolo, e quella sociale, legata allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, crea un unicum non frazionabile che è il fondamento di una possibile alleanza dei fragili (Foto: Pixabay).

 

Tuttavia La notte più buia non è un lavoro sulla nostalgia di un militante politico, sebbene i fatti raccontati facciano rivivere al lettore spazi e atmosfere ormai troppo lontane nel tempo: le sezioni dei partiti, i cinematografi, gli oratori, in cui era vivace il confronto culturale e tutto contribuiva ad affinare il pensiero marxista e la dialettica.

Oltre il disincanto e la delusione, lo scrittore, infatti, non rinunciando mai al connubio – ai suoi occhi naturale- fra medicina e arte, e quindi fra cura e trasformazione del reale, individua nella condizione di fragilità comune agli uomini il punto da cui partire e ripartire per ribellarsi. La fragilità collettiva è quella che in fin dei conti ha contribuito alla sollevazione della città di Napoli, raccontata da Nanni Loy, ma anche alla presa della Bastiglia, alla lunga marcia di Mao Zedong, alla guerra di liberazione contro il nazifascismo, e poi alla nascita dei movimenti per l’occupazione delle terre da parte dei contadini. Esempi di riscatto e di rivoluzioni che trovano la loro forza  non solo nella dimensione collettiva: anche la fragilità individuale può muovere le masse (Leopardi, Gramsci, Hawking). Ma questo non basta per comprendere la complessità della Storia. Il processo dialettico sfugge a qualsiasi riduzionismo positivistico. Le azioni individuali sono in molti casi imprevedibili.

Il riscatto della pietas

E così gli uomini non sempre sono in grado di affrontare il dolore: Pavese, Tenco, Caccioppoli. Pertanto «…la fragilità non è solo ribelle, collettiva e individuale che sia. Capita, infatti, che essa si pieghi su se stessa e si rassegni. Come una donna che passivamente sopporta le percosse del marito infame, fino ad esserne uccisa. Come l’ingenuo che si fa irretire dalle narrazioni di chi lo vuole schiavo. Come chi non riesce a dominare le proprie angosce. Come chi piega la testa di fronte a un destino che ritiene immutabile. Come chi vede talmente limitate le proprie capacità motorie e sensoriali da perdere ogni interesse per la vita. Come chi non supera la disperazione massima, quella per la morte di un figlio. Insomma anche la fragilità dei vinti esiste e va rispettata. Quella dei singoli come quella dei popoli e delle classi».

E allora che fare di fronte a chi non ha la forza di trasformare la propria condizione? Riscoprirci umani con la pietas che può salvarci.

Saperenetwork è...

Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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